TITOLO ORIGINALE: Blue Beetle
USCITA ITALIA: 17 agosto 2023
USCITA USA: 18 agosto 2023
REGIA: Ángel Manuel Soto
SCENEGGIATURA: Gareth Dunnet-Alcocer
CON: Xolo Maridueña, Adriana Barraza, Damián Alcázar, Raoul Trujillo, Susan Sarandon, George Lopez
GENERE: fantascienza, azione, avventura
DURATA: 127 min
Ángel Manuel Soto dirige Blue Beetle, il penultimo rimasuglio della gestione del DC Extended Universe pre-James Gunn, che vede per protagonista il neodiplomato Jaime Reyes e la sua insolita, ma unitissima famiglia. Tuttavia, malgrado il cuore e la dedizione di quasi tutto il cast di interpreti, i quali donano al tutto una nota di colore e freschezza, il film si rivela essere un tentativo fuori tempo massimo, un pigro esercizio di sintesi, remix e mash-up degli ultimi quindici anni di blockbuster, un racconto che attesta l'intercambiabilità attuale del filone supereroistico.
C’è una cosa che Blue Beetle di Ángel Manuel Soto avrebbe ed ha in più e di diverso non solo rispetto ad altre storie (di origini) di supereroi, ma anche a tutte quelle storie di supereroi appartenenti ad una precisa minoranza sociale e culturale: la famiglia.
E non una acquisita, come quella, più nota, di Dominic Toretto (anche se è praticamente impossibile non pensare al pelatissimo Vin Diesel e ai suoi compagni di grigliate e Corona), oppure le numerose - funzionali o meno - che popolano i racconti di uomini e donne in calzamaglia, dagli Avengers fino ad arrivare alla multiversale squadra ragnesca degli Spider-Man animati di casa Sony.
No, quella che accompagna i primi passi e partecipa attivamente alle solite peripezie da neo-supereroe (e neo-diplomato) di Jaime Reyes è proprio la sua insolita, ma unitissima famiglia naturale. Suo padre, sua madre, sua sorella, suo zio e sua nonna. Seppur spesso vittime della trivialità diffusa del copione e dei dialoghi scritti da Gareth Dunnet-Alcocer, le relazioni e i legami che li uniscono e definiscono, ne informano le radici, li inquadrano in una precisa storia collettiva e condivisa: quella di migliaia di immigrati costretti, come loro, ad abbandonare la loro terra natia per trovare fortuna e speranza nel sogno americano; sono forse la cosa migliore e più peculiare che potrete trovare all’interno della pellicola di Ángel Manuel Soto.
Che, come forse saprete già, è il penultimo prodotto, ma anche il penultimo rimasuglio della precedente ed incerta gestione del DC Extended Universe, quella di Walter Hamada. Un fondo di magazzino, in pratica, che i subentrati James Gunn e Peter Safran hanno in parte deciso e dovranno ancora decidere (checché ne dica lo stesso Gunn) se immettere ed ammettere in quella che sarà la loro idea di universo condiviso.
Parimenti peculiari e freschi, quantomeno nell’ottica della recente filmografia DC (eccezion fatta forse per Shazam! Furia degli dei), sono inoltre il calore, la chimica reciproca e la dedizione con cui gli interpreti della famiglia Reyes impreziosiscono e, in un certo modo, migliorano e correggono il copione. A partire da Xolo Maridueña (conosciuto perlopiù per aver interpretato Miguel Diaz nella serie Cobra Kai), il quale riesce a scrollarsi di dosso le derivazioni e i confronti spontanei (tra cui lo Spider-Man di Tom Holland e il Miles Morales degli Spider-Verse) di cui è preda il suo Jaime, donando addirittura allo stesso, nuovo DCEU una presenza ed un volto da cui ripartire vivacemente ed energicamente.
Ma anche il resto del suo "clan" sa farsi amare e ricordare dal pubblico (specie lo zio Rudy di un George Lopez mattatore o l’adorabile Nana di Adriana Barraza), malgrado vengano utilizzati in maniera strumentale, quando non come meri e il più delle volte ingombranti comic reliefs, e non appaiano integrati e coordinati al meglio con l’azione vera e propria.
Appunto, come scrivevamo sopra, fortunatamente ci sono loro a dotare Blue Beetle di un nota di colore e freschezza, perché al di là di chi sta e ciò che accade nelle mura di casa e del cuore dei Reyes, quello di Ángel Manuel Soto è un tentativo fuori tempo massimo.
Visto, poveramente immaginato e caoticamente assemblato a partire dalle immagini, dalle atmosfere, dalle musiche, dai toni, pure dall’ipersessualizzazione(!) del cinema avventuroso-fantascientifico-action e della commedia, scorretta o familiare (à la Spy Kids), degli anni ‘80 e ‘90, Blue Beetle è più concretamente il grado zero del cinecomics, l’applicazione blanda e monocorde dell’ABC della genesi supereroistica o, più generalmente, del romanzo di formazione, un pigro esercizio di sintesi, remix e mash-up degli ultimi quindici anni di blockbuster, senza tuttavia alcuna forma di epica e senso iconico, alcuna vertigine e tensione (a causa, in particolare, della poca credibilità e della mancanza di un reale interesse recitativo di una Susan Sarandon evidentemente a disagio, ridicola nel ruolo, dalle derive quasi cronenberghiane, di una dei due villain), alcun tocco o gusto particolare, tranne che per qualche riferimento culturale ed una colonna sonora dalle scelte ispiratissime.
Ciò nondimeno, il più grande problema del film di Soto sta nella sua penuria di ambizione e di sguardo (il che si abbatte anche sulla composizione delle sequenze action, pleonasticamente acrobatiche e fintamente pirotecniche), di intenzioni profonde o, alla peggio, accessorie, se non quella di strizzare l’occhio e compiacere una determinata fetta di pubblico, corteggiare l’Oriente con qualche sequenza d’azione a base di spadoni à la Berserk ed onde energetiche, ed essere, di conseguenza (anche in termini di box-office), quello che Wonder Woman è stato per il movimento #MeToo, Black Panther ed Into the Spider-Verse per la comunità afroamericana, e Shang-Chi per quella cinese, fregiandosi del primato di primo film con protagonista un (supereroe) latino-americano. Ma, in questo caso, manca pure l’urgenza che gli altri esempi qui citati - chi più, chi meno - sapevano conservare.
Peccato che, pure in quanto a rappresentazione e ad esplorazione culturale attraverso la potenza e le emozioni del mezzo cinematografico e delle sue narrazioni, Blue Beetle venga secondo anche solo ad una major come Disney, che, con Coco ed Encanto, è riuscita a dar vita a metafore ed avventure decisamente più coinvolgenti che sono riuscite a valorizzare e ad integrare nei propri mondi folklore e/o temi sociali, senza rinunciare alla bontà, al pregio e al funzionamento di quanto è prerogativo e vitale per qualsiasi blockbuster o film d’intrattenimento che si rispetti. Com’è e dovrebbe essere del resto quest’ultimo capitolo dell’ormai depressa ed apparentemente irrecuperabile odissea DC.
Al contrario, ciò che vi troverete di fronte è un racconto che non fa nulla per nascondere le sue modeste e televisive origini produttive, di cui è possibile anticipare ogni mossa e svolta, e che, a differenza di qualche uscita (“abbasso gli imperialisti”) tanto imbarazzante ed infantile quanto ipocrita, non prevede mai un po’ di sana sovversione, né tantomeno il minimo imprevisto. Parliamo, anche e soprattutto, di un prodotto che, inserendosi nel pieno della crisi del filone supereroistico, un po’ come il marvelliano Secret Invasion, ne attesta l’intercambiabilità di mitologia ed iconologia (come intercambiabili sono i soggetti su cui sperimenta la Victoria Kord di Sarandon), l’ormai definitiva impossibilità di ogni potenziale e sana forma di stupore, nonché un appiattimento formulaico di ogni estetica coinvolta e riciclata. Tutte conseguenze irreparabili di un post-modernismo senza evoluzione o via d’uscita.
Potrebbe essere uno Spider-Man, un Iron Man, un Deadpool, un Ant-Man, forse addirittura un Batman (rivoluzionario, non “fascista”), ma Blue Beetle - ce lo promette Xolo Maridueña - è qui per restare. Finché il corpo (cinematografico) che abita, il DCEU (sì, ma quale?), non morirà. O finché, a farlo, non saranno i superhero movies.
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