TITOLO ORIGINALE: Encanto
USCITA ITALIA: 24 novembre 2021
USCITA USA: 24 novembre 2021
REGIA: Byron Howard, Jared Bush, Charise Castro Smith
SCENEGGIATURA: Jared Bush, Charise Castro Smith, Lin-Manuel Miranda
GENERE: animazione, avventura, fantastico, musicale, commedia
Gli autori del magnifico Zootropolis, Byron Howard e Jared Bush, e Lin-Manuel Miranda firmano il 60° classico Disney, incentrato su una comunità di emigrati che vede in una famiglia dotata di abilità straordinarie e nella loro casita un oggetto di devozione. Seppur considerabile un Disney tra i meno degni di nota dell'era recente dello studio (anche se non certo ai livelli dei due Frozen), Encanto prosegue con classe quel discorso di globalizzazione iconografica e mitologica, rappresentazione culturale e rimodulazione (in tutte le possibili sfumature) del topos della principessa abbracciato già da alcuni anni a questa parte. Prima di tutto questo però, anche solo leggere Encanto come un racconto che parla fondamentalmente di una nipote e figlia di ex-emigranti che viene meno ai dettami del proprio retaggio, per scoprirne l’essenza più pura e armoniosa, è sufficiente a renderlo un film che non dovete assolutamente perdere.
Il retaggio di Mirabel Madrigal e della sua numerosissima famiglia risponde ad una storia di origini di stampo quasi biblico. C’era in principio un villaggio nell’entroterra colombiano ed un amore - quello tra nonna Alma e nonno Pedro - meraviglioso, da fiaba. Un sogno ad occhi aperti, dal quale nascono tre figli: Bruno, Julieta e Pepa; che purtroppo viene presto spezzato dall’arrivo degli oppressori (i conquistadores). Alma e Pedro scelgono così di radunare un piccolo drappello di sopravvissuti, mettersi in cammino e dare il via così ad un Esodo alla ricerca della Terra Promessa, non dissimile da quanto possiamo leggere tuttora tra le pagine del Vecchio Testamento, o, più recentemente, dai numerosi, piccoli esodi che disgraziatamente continuano ad occupare le prime pagine dei giornali.
Sfortunatamente, il futuro dei due, così come dell'intera comunità ha un prezzo molto caro, ossia la morte di nonno Pedro, per mano di una pattuglia di soldati che sorprende il drappello di fuggitivi. Il sacrificio dell’uomo si trasforma però in un vero e proprio Miracolo per l’abuela, i figli e la comitiva di rifugiati.
Ebbene, quasi come nel caso di Mosè con le tavole di pietra contenenti i Dieci Comandamenti - divenute dettami fondamentali e pilastro su cui poi si è fondata un'intera fede -, il Miracolo diventa l’essenza e l’assoluta e perfetta certezza di Encanto, paradiso terrestre circondato da montagne impervie, difficili da valicare che isolano la comunità di nonna Alma dal mondo esterno e dalle sue ingiustizie; donando inoltre a quest'ultima e ai suoi discendenti tutta una serie di abilità straordinarie, che presto fanno dei Madrigal un punto di riferimento, un vanto ed una forma di indiscutibile sicurezza per la popolazione di questo pueblecito.
Chi ha la capacità di predire e avere visioni sul futuro, chi possiede una forza erculea, se non superiore, chi è bella, radiosa e sempre perfetta, chi parla con gli animali, chi riesce a curare le persone attraverso il cibo, chi riesce a cambiare forma: i Madrigal e la loro casita- contenitore di stanze-mondi che qualificano e definiscono il potere dell'occupante, nonché personaggio aggiuntivo saldamente interconnesso con i suoi inquilini e le loro esigenze - formano un Olimpo colorato, esuberante e floreale che viene preso a modello e diventa oggetto di devozione per le persone di Encanto.
Poi, dietro la macchina fotografica, ai bordi della fotografia di famiglia, vi è la nostra Mirabel, l’unica Madrigal sprovvista di poteri, non fosse per il un grande cuore e l’incredibile abilità di osservazione e comprensione che la caratterizzano. Quest'ultima è di fatto la vera protagonista di Encanto, 60° classico Disney scritto - tra gli altri - e musicato dall'attuale protégé della Casa di Topolino Lin-Manuel Miranda e diretto da Byron Howard e Jared Bush, precedentemente noti per il superbo lavoro fatto sull’altrettanto superbo Zootropolis - insieme a Big Hero 6, il migliore classico dello scorso decennio.
Con Zootropolis, Howard e Bush (anche impegnati in sede di scrittura) diedero vita all’ennesimo esempio di animazione che sfrutta la propria estetica apparentemente giocosa ed innocua e la sua generale appetibilità su un vasto campionario di spettatori per poi inserire e trattare, con leggerezza e nonchalance - che non sono però sinonimo di superficialità -, tematiche tutt’altro che scontate, anzi estremamente attuali e “serie”.
Un’opera esente da momenti musical (è bene specificarlo) che è indubbiamente figlia della lezione che l’Occidente e, in particolar modo, la fucina Disney hanno assorbito dal modo e dalla filosofia orientale di fare animazione - che, in una tecnica personalissima e in un’idea di cinema vibrante, malinconica, suggestiva, ma anche politicamente, socialmente e culturalmente impegnata, hanno trovato un necessario mezzo di differenziazione rispetto al modello occidentale, ma anche la fortuna e il successo di critica e pubblico internazionali.
Tornando a noi invece, l’idea (o il pregiudizio) che chi scrive conservava rispetto a quest’ultimo Encanto Disney era quella di una pellicola ben più semplice ed elementare della predecessora, qualitativamente nella media delle produzioni recenti della Casa di Topolino, tuttavia riabilitata e forse giustificata da un ritorno sfavillante, funzionale e funzionante di quella componente musical che, da Frozen (il secondo soprattutto) in poi, non è quasi mai stata espressa al meglio o, al contrario, è stata troncata di netto secondo precise scelte di production design.
Purtroppo per lui e per noi, l’adesione di Encanto a questa (magari) ingiusta, ma istintiva prefigurazione lascia spazio a ben poche sorprese o cambi di rotta. Il film di Byron Howard e Jared Bush infatti è un Disney che si colloca una serie di gradini sotto al fratello maggiore Zootropolis e nello standard delle produzioni disneyane da una visione o due e poco più.Un testo, quello scritto da Miranda insieme allo stesso Bush e a Charise Castro Smith, che non riesce a raggiungere il sapore dell’avventura e il fascino della costruzione del precedente Raya e l'ultimo drago, le alte vette emotive di Big Hero 6 e dei due capitoli di Ralph Spaccatutto, o la creatività e le intuizioni artistico-estetiche che hanno sempre caratterizzato le migliori produzioni dello studio, oppure ancora la complessità argomentativa del già (ampiamente) citato Zootropolis.
Eppure, malgrado tutti gli elementi che contribuiscono a rendere Encanto un film nella media, talora semplicistico, non sempre particolarmente brillante, ed altalenante nel coinvolgimento; non si può non riconoscere il modo coerente, divertito, equilibrato, delicato e sensibile con cui quest’ultimo tratta e sviscera queste tematiche, così familiari, ridondanti, quasi banali dopo circa un secolo al servizio dell’animazione e del racconto audiovisivo. Modalità che gli permettono poi di poter raggiungere picchi compositivi ed emotivi virtualmente inimmaginabili, in segmenti ben circoscritti [le parti con Bruno o gli ultimi venti minuti, per citarne due].
L’opera di Byron Howard e Jared Bush prosegue dunque quel discorso di globalizzazione iconografica e mitologica, rappresentazione culturale [questa volta, è il turno di una Colombia diametralmente opposta - se non visivamente e culturalmente, perlomeno nello spirito e nella visione - rispetto a come veniva presentata nei seminali Saludos Amigos e I tre caballeros] e rimodulazione (in tutte le possibili sfumature) del topos della principessa disneyana che lo studio ha abbracciato già da alcuni anni a questa parte.
Invero, uno degli aspetti più interessanti e stimolanti di Encanto è proprio la caratterizzazione e l’arco narrativo della sua protagonista, Mirabel: un’eroina goffa, insicura, spesso invidiosa, ma generalmente delusa in un mondo di perfezione che risponde ad un eroismo, che, a sua volta, va a braccetto con un’arroganza nell’aspetto, una spietatezza verbale ed una cattiveria nei modi che, in certi punti, può lasciare spiazzato pure il più disilluso degli spettatori.
Poi, va bene, la colonna sonora di Germain Franco e le canzoni di Lin-Manuel Miranda [fermo restando che ci stiamo riferendo all’edizione italiana del film] sono un viaggio di (pochi) alti e (molti) bassi, ma costituiscono comunque un attesa e gradito miglioramento rispetto a quella penuria testuale ed utilitaristica che, a suo tempo, tanto incriminammo alle musiche dei due Frozen. Tra le migliori tracce (le stesse che chi scrive riascolterà, con tutta probabilità, nei prossimi giorni), è d’obbligo citare la collettiva e suadente Non si nomina (Silenzio) Bruno, la gioiosa Colombia, Mi Encanto cantata da Carlos Vives (già anticipata nei trailer), ma anche Oruguitas innamorate di un Alvaro Soler incredibilmente toccante.
Una vanesia travestita da amore, un contesto sociale retrogrado, tradizionalista e autocratico, fondato sulla disparità e su una sua continua evidenziazione, ed un nucleo familiare più simile ad una casta benedetta ed intoccabile, su cui non si possono esprimere parole di dissenso.
Sono questi i muri che la nostra protagonista sgretolerà, seppur involontariamente, per permettere a tutti di capire il vero senso di quel Miracolo fondativo, l’importanza di scrutare attraverso le crepe (delle cose, così come delle persone) e scoprire qualcosa di più autentico e bello, il reale significato di umanità (Eternals ed Encanto, da questo punto di vista, sono molto vicini l’un l’altro) in quanto unità di frammenti utili a vedere “the whole picture” - come direbbero gli americani - e concerto imperfetto di singolarità, ma anche l’importanza di essere abbastanza per sé al fine di essere abbastanza per gli altri, e l’uscita dal guscio (lo stessa tema portante di Lontano dall’albero, il sorprendente corto in animazione tradizionale che precede la pellicola) degli assoluti e di un ideale di impeccabilità, per lasciare spazio invece ad un’ode sulla bellezza e la ricchezza dell’imperfetto.
Prima di tutto questo però, anche solo leggere Encanto come un racconto che parla fondamentalmente di una nipote e figlia di ex-emigranti che viene meno ai dettami del proprio retaggio, per scoprirne l’essenza più pura e armoniosa, è sufficiente a renderlo un film che non dovete assolutamente perdere.
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