TITOLO ORIGINALE: Eternals
USCITA ITALIA: 3 novembre 2021
USCITA USA: 5 novembre 2021
REGIA: Chloé Zhao
SCENEGGIATURA: Chloé Zhao, Patrick Burleigh, Ryan Firpo, Matthew K. Firpo
GENERE: azione, fantascienza, avventura
Eternals di Chloé Zhao è un film grandioso. Grandioso è il frutto dell'insolito matrimonio tra una regista cinese naturalizzata statunitense, fresca di vittoria agli Oscar, ed uno dei più grandi studios hollywoodiani del suo tempo. Grandioso è il cast su cui può contare: coinvolto e coinvolgente, la colonna vertebrale del progetto. Grandiosi sono pure la cura maniacale e puntigliosa del dettaglio, la spiccata coerenza, la statura tecnica ed effettistica, l’afflato epico, il potere affabulatorio, la scrittura esemplare, la magistrale colonna sonora di Ramin Djawadi, finanche le opere da cui prende (talora pure fin troppo palesemente) ispirazione, questa mega produzione. Eternals è un film marvelliano a tutto tondo - nonostante la generale diversità ed alienità che lascia trasparire -, la coerente continuazione dei motivi fondanti la visione e la filmografia di Chloé Zhao, ma anche e soprattutto un prodotto che parla a tutti e sa farlo in maniera delicata e profonda, scuotendo dalle fondamenta il filone supereroistico e proiettandolo verso un qualcosa che solo il tempo sa cosa ci riserverà.
Grandioso. È forse questa la parola che, meglio di tutte, può riassumere il giudizio di chi scrive, ma non rendere appieno l'essenza di Eternals di Chloé Zhao, ventiseiesima, ambiziosa pellicola del (già di per sé ambizioso) Marvel Cinematic Universe.
Grandioso è appunto il frutto di questo insolito matrimonio tra una regista cinese naturalizzata statunitense che, al tempo in cui venne contattata dalla Casa delle Idee [vale a dire più o meno intorno all’agosto del 2018], era conosciuta prevalentemente per pellicole indipendenti, compatte, politicamente impegnate e dalla forte visione spaziale, incentrati su ritratti e storie di un’altra faccia dell’America, meno convenzionale ma comunque sorprendentemente legata ad un immaginario - quello della frontiera - che affonda le proprie radici nel pieno della cultura statunitense (vedi il germinale Songs My Brothers Taught Me e il magnifico The Rider).
Dunque, è forse la fortuna che ha permesso ad un allora ignaro, ma parimenti scaltro Kevin Feige di poter contare, all’interno della propria “scuderia creativa”, di una giovane personalità registica che, giusto qualche tempo dopo, avrebbe vinto ben due (di tre) Oscar - tra cui miglior film e miglior regia - per il suo Nomadland, il film che girò proprio durante la pre-produzione di questo ultimo progetto made in Marvel, con il quale, a modo suo, ha molto da spartire.
D’altro canto, grandioso, Eternals, lo è anche solo per il cast, equiparabile, in termini di stardom, ai monumentali crossover Avengers: Infinity War ed Endgame. Ma grandiosi sono pure la cura maniacale e puntigliosa del dettaglio, la spiccata coerenza, la statura tecnica ed effettistica, l’afflato epico, il potere affabulatorio, la scrittura esemplare, la magistrale colonna sonora di Ramin Djawadi, finanche i testi da cui prende (talora pure fin troppo palesemente) ispirazione, questa mega produzione.
Pertanto, malgrado venga dopo un cammino lungo tredici anni durante i quali il Marvel Cinematic Universe ha veramente rivoluzionato l’industria dell’audiovisivo e plasmato l’immaginario collettivo, Eternals ci pone di fronte ad una nuova “prima volta”, così come cantano i Foreigner durante i titoli di coda… “Feels like the first time, feels like the very first time”.
Lo spettatore è dunque uno Straniero all’interno e durante la visione di un’opera che a quest'ultimo deve sì fornire una sorta di bussola geo-narrativa, ma che, così come i suoi protagonisti, è talmente aliena, estranea e grandiosa (rispetto all'estetica e all'assetto Marvel tradizionali) da rendere quasi innaturale che, a qualche miglia di distanza, vi siano Falcon e Bucky che combattono un gruppo di supersoldati terroristi o Wanda e Visione che alterano la realtà di una piccola cittadina del New Jersey.
D'altronde, quella di Eternals è una storia che avviene In principio…, come ci tiene a sottolineare la didascalia d’apertura - dalle reminiscenze di una galassia lontana lontana - che riprende il prologo del Vangelo di Giovanni, “In principio era il Verbo”, dove il Verbo, allo stesso modo dei miti, altro non è che la primigenia definizione di ciò che esiste e ciò che, a rigor di logica, non esiste; dell’universo (Marvel, in questo caso) e di tutte le creature che lo compongono. Un Verbo o, più semplicemente, una genesi degli Eterni che, proprio secondo questo ragionamento, l’istanza narrante sceglie di collocare su uno sfondo nero, ossia su una condizione che normalmente consideriamo d’inesistenza, di vacuità; su un qualcosa che viene prima di tutto. Anche della vita stessa - che qui potremmo cinematograficamente intendere come trama.
Il Verbo afferma pertanto che, a partire da quanto immaginato da Jack Kirby nel 1976, milioni di anni fa i Celestiali crearono gli Eterni, esseri immortali frutto di esperimenti contraddistinti da poteri incredibili e sovrumani. 5000 anni fa, alcuni di questi Eterni - quelli plasmati da Arishem il Giudice - vennero inviati sulla Terra sotto la leadership di Ajak (Salma Hayek), per proteggere l’umanità dalla minaccia dei Devianti, anch'essi creazioni dei Celestiali che, seppur con molta fatica, i nostri eroi riescono ad annientare. Portata a termine la missione, in attesa che Arishem li richiami sul loro pianeta natale, il gruppo finisce però per scindersi e ognuno di loro si rifugia e nasconde nei più disparati angoli del pianeta.
C’è chi, come Sersi (una Gemma Chan mozzafiato) - la protagonista effettiva del film, il cui potere è la manipolazione della materia - si è così innamorato dell’umanità da voler stare a suo stretto contatto ed insegnarne la cultura divenendo insegnante. O chi invece, come Kingo (Kumail Nanjiani), sentendo la mancanza dei magici e mitici racconti dell'amica Sprite (Lia McHugh) - un’Eterna dalla fisionomia bambinesca, quasi faunica, capace di generare illusioni - decide di intraprendere una carriera da showman a Bollywood. (Un rapporto, quello tra quest’ultimo e la pratica del racconto, che chi scrive ha inteso come uno splendido omaggio metacinematografico.)
C’è anche chi, come nel caso di Gilgamesh (Don Lee), l’Eterno più forte, sacrifica la possibilità di costruire una vita tutta sua, esiliandosi volontariamente con un’amica, Thena (Angelina Jolie), una feroce guerriera, per guarirla ed aiutarla a ricordare chi era. Oppure ancora chi, contrariato dalla filosofia del proprio gruppo, decide di rifugiarsi in un luogo protetto insieme ai sopravvissuti di un massacro - cosa che fa Druig (Barry Keoghan), Eterno diffidente che ha il potere di controllare il pensiero e la volontà altrui - o, come accade a Phastos (Brian Tyree Henry), l’inventore della squadra, decide di mettere su famiglia e sfruttare il suo ingegno per far felice e crescere(!) il proprio bambino.
Infine, c’è chi viceversa ricompare soltanto nel momento del bisogno. Stiamo parlando dei due Eterni che, più di tutti, confermano quella derivazione fumettistica che la DC Comics ha sempre imputato alla Marvel, qui tramutata quasi in sberleffo mitologico e iconografico. Ci riferiamo dunque a Ikaris (un Richard Madden perfettamente inespressivo, su cui Chloé Zhao opera un lodevole discorso di ribaltamento), il membro più stolido, freddo e solenne del team, simile nei poteri al ben più noto Superman, a cui viene costantemente equiparato anche dagli stessi personaggi del film; e di Makkari, Eterna sordomuta e superveloce, che, già solo con un paio di momenti sul finale, riesce a polverizzare, in tutto e per tutto, quanto fatto da Ezra Miller (e produzioni al seguito) col personaggio di Flash.
Questi ultimi si rifanno vivi appunto quando il successo del reset dello schiocco di dita di Thanos, operato dagli Avengers in Endgame innesca un fenomeno chiamato emersione, a cui segue la misteriosa riapparizione di quei Devianti, creduti sconfitti secoli prima...
Come potete dedurre, probabilmente il più arduo scoglio con cui la produzione e la sceneggiatura - scritta dalla stessa Zhao insieme a Patrick Burleigh e ai fratelli Ryan e Matthew K. Firpo - avrà dovuto fare i conti sarà stato anzitutto l’ingente numero di personaggi da introdurre, far interagire e vibrare di ricordi ed emotività, spiegare, mimetizzare, cucire e ricucire, e di cui era oltremodo necessario restituire appieno questa natura magnifica, regale ed eterna, ciononostante percorsa da insicurezze, difetti, paure e nevrosi tipiche di quegli esseri umani che questi ultimi sono chiamati proteggere e salvaguardare(?).
Inutile dire - specie viste le parole da noi spese in apertura - che la missione - visibilmente intrapresa da Zhao & co. con un'eccezionale lucidità narrativa, di dinamiche, caratterizzazione e scrittura - è stata portata a termine in modo più che egregio. Ogni membro di questo supergruppo nuovo di zecca fuoriesce durante il corso del film. C’è chi si esprime di più, chi di meno, chi lo fa di più all’inizio, chi lo fa invece sulla scia della battute finali. Fatto sta che, in qualsiasi modo li si consideri, è innegabile la forza con cui ciascuno di questi Eterni riescano ad imprimersi nella mente e nel cuore dello spettatore, favorendo e partecipando ad una coesione narratologica e ad un coinvolgimento emozionale che, a più riprese, sfidano e destabilizzano il carisma, l’iconicità, nonché l’affezione di chi scrive nei confronti del primo, vero e (fino ad oggi) unico super team Marvel, gli Avengers.
Una profondità di scrittura tutt’altro che scontata, che, a sua volta, vivacizza un testo che, se analizzato dal mero punto di vista della trama, lascia trasparire tutta una serie di influenze, richiami e derivazioni su cui più volte (e talora eccessivamente) si appoggia. Tra i tanti, quelli su cui vorremmo soffermarci sono, in primis, i numerosi riferimenti biblico-religiosi: del tutto indicati, dal momento che stiamo parlando sostanzialmente di un Esodo morale, mistico e umano di esseri perfetti ed immortali che si liberano (“La verità vi renderà liberi”, sempre dal Vangelo di Giovanni) e devono farsi umani, per poi scontrarsi con il proprio creatore e il proprio Dio.
Poi, come non parlare dei vari rimandi alla mitografia, mitologia ed epica greco-latina, che vedono nella Teogonia di Esiodo - poema che racconta sostanzialmente la storia e la genealogia degli dei olimpici - una delle principali, ma non certo la sola fonte di ispirazione. Fino ad arrivare infine alle estrazioni che Zhao & co. operano nei confronti di massimi esponenti della cinematografia fantascientifica.
Tra i rimandi più palesi, è d'obbligo citare quello di 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, film che viene ripreso narrativamente per tutto ciò che riguarda il tema dell’identità della natura umana, del suo destino, del suo ruolo nell’universo e di ciò che concorre al suo progresso ed evoluzione, mentre, a livello iconografico, nel trionfale arrivo degli Eterni sulla Terra a bordo della loro astronave, la Domo (da domus). Un frammento che ricorda evidentemente il monolite che, nel capolavoro di Kubrick, permetteva ad un gruppo di ominidi primitivi di evolversi secondo un’accezione però ambigua e pressoché distruttiva. Accezione, quest'ultima, che in Eternals viene mantenuta a margine (in scene di straziante ed inattesa gravità) per lasciare però spazio ad una invece più speranzosa, fiduciosa e ottimista.
Detto ciò, sarebbe però ingiusto tacere sulla potenza della scena della prima interazione tra uomo e Dio, la quale avviene attraverso uno strumento - dunque, un qualcosa che rimanda innegabilmente al fare - che, come rivelato qualche secondo più tardi, “ha plasmato l’umanità”. Ciononostante, questo momento verrà riproposto, integralmente e nuovamente, dalla Zhao poco prima del finale vero e proprio. È bene specificarlo, perché questo contatto esplicitato, effettivo ed autentico avviene soltanto nel momento in cui gli Eterni hanno compreso il profondo significato di umanità.
L’altra grande estrazione è invece quella operata nei confronti di Blade Runner di Ridley Scott, che, a partire dal romanzo di Philip K. Dick, si interroga sulla possibilità che “gli androidi sognino pecore elettriche”. Se ad androidi andiamo a sostituire la parola replicanti (Blade Runner) o Eterni - esseri perfetti che scopriamo trattarsi nient’altro che macchine immortali create da un Dio falso, dispotico e dai fini sfuggenti - capiamo allora di trovarci di fronte a due testi relativamente simili nei quali ci si interroga a più riprese sulla definizione di umanità, sulla propria natura, sull’entità della propria missione e sulla fede nei propri mandanti/creatori, esseri superiori e generatori di vita.
Come forse avrete notato, gira che ti rigira, tutte le strade (di Eternals) portano sempre lì: all’umanità come essere umani, realtà e concretezza materica della culla di codesta umanità, temi cardine e primari punti di interesse per Chloé Zhao dai tempi di Songs My Brothers Taught Me.
Ecco quindi che, sotto la scorza di grande produzione multimilionaria - corroborata, come anticipato sopra, da una sublime regia dell’azione, capace di confezionare alcuni dei migliori frammenti action del MCU, da uno sfruttamento logico e giusto di tutti i dispositivi e gli strumenti del racconto classico-affabulatorio, come anche da un comparto estetico ineccepibile, mai appesantito o vincolato da chissà quali dimostrazioni od intenti autoriali - Eternals nasconde un nucleo coerente e continuativo rispetto ai motivi fondanti la visione e la filmografia di Chloé Zhao.
Riprendiamo allora in mano Nomadland, un film che dimostra l’abilità e sensibilità di uno sguardo che riesce a farci toccare e percepire le cose nella loro essenza più autentica, sincera e significativa, poiché semplici e genuine. Che è la personale rilettura ed interrogazione di una regista - cinese di nascita, ma ciononostante consapevole dei valori americani ancor più degli americani stessi - che si mette in marcia, camera in spalla, con l’intento di riscoprire luoghi e tradizioni in maniera intima e personale. Luoghi e tradizioni, questi ultimi, che diventano, a loro volta, una casa collettiva ed unitaria, una collana di momenti e incontri, la consapevolezza della propria libertà, del proprio passato e del proprio futuro, come anche di un rapporto necessario e vincolante. Un road movie cosparso sì da momenti visivamente magnifici, quasi commoventi, dove la Zhao sembra essere più interessata però ai ricchi dialoghi o all'unicità dei piccoli momenti solitari e riflessivi, in cui, a fare rumore, sono solo i pensieri e l’espressività degli interpreti, insieme, senza dubbio, all’immensità di un mondo esteriore (fotografato in maniera superba) perfettamente allineato con quello interiore.
Ma stiamo parlando di Eternals o di Nomadland? Basta solo questa sovrapposizione a farvi intuire perfettamente come le due opere siano comunicanti ed intrecciate tra loro, in termini estetici, emozionali e tematici.
A confermare altresì questa ipotesi, prendiamo in causa i motivi della connessione e della comunicazione presenti tanto nell’opera premio Oscar, quanto - certo più didascalicamente e comprensibilmente - nel film Marvel. Ripescando, come suo solito, dalle fondamenta filosofiche della propria ascendenza orientale [fondato su concetti come il karma e dunque su un principio di “causa-effetto”; su un’idea di energia che genera sempre altra energia, portando prima a svariate ed ignote conseguenze ed infine ad una sua riconversione in qualcosa di nuovo, che potremmo chiamare pure rinascita], Chloé Zhao fonda il soggetto di Eternals su una catastrofe globale che non fa altro che evidenziare l’esistenza di un filo di energia che unisce tutto l’universo e ciò e coloro che lo compongono.
Parliamo quindi - come scritto da Gabriele Niola per BadTaste - di “un vero world movie di nuova generazione, capace di coinvolgere tutto il mondo seriamente [...] un film in cui il pianeta è rappresentato tutto con la medesima importanza e il medesimo peso nell’arrivare a quel che siamo [...] sentiamo che la loro storia (degli Eterni) è la storia del nostro mondo”.
Questa connessione, a cui, in secundis, ci sentiamo di fondere gli assiomi della leggerezza ed eleganza - che nel mondo orientale sono fondamento del concetto di potenza -, ha un riscontro pure nella messa in scena delle sequenze action. Qui, l’azione vera e propria è più vicina ad una coreografia in cui tutti gli elementi - inclusi degli effetti visivi artisticamente magnifici e (finalmente) funzionanti dal mero punto di vista tecnico - comunicano tra di loro, fanno parte di un equilibrio, un unicum (o Unimente) che eleva il Marvel Cinematic Universe al “cinema nella sua espressione più alta” [sempre Niola].
Come se non bastasse, essendo Eternals appunto “la storia del nostro mondo”, Chloé Zhao inserisce - ancora una volta con un didascalismo necessario ma che, per qualcuno, potrebbe risultare retorico - tutta una serie di tematiche che intercettano prepotentemente la contemporaneità e ribadiscono la sua natura di cineasta politicamente schierata. Dal surriscaldamento globale alla sovrappopolazione (tema già affrontato in Avengers: Infinity War), dalla crisi del machismo a favore di una leadership sempre più femminile e femminista [Ikaris è quasi sempre posto in secondo piano ed è ben più monotono di Ajak e Sersei], fino ad arrivare alla rivendicazione dei diritti e di una rappresentanza culturale da parte della comunità LGBTQ+ [il film contiene il primo personaggio dichiaratamente gay del MCU], il ventiseiesimo made in Marvel è un film che parla a tutti e sa farlo in maniera delicata e profonda, inoltre scuotendo dalle fondamenta il filone supereroistico e proiettandolo verso un qualcosa che solo Zack Snyder aveva tentato con la sua Justice League - fallendo clamorosamente, per quel che ci riguarda.
Ma, pur nella sua generale dissonanza rispetto a quasi tutti il corso MCU (fanno eccezione solo i Guardiani di James Gunn), quello scritto e diretto da Chloé Zhao è un film marvelliano a tutto tondo, perfettamente inserito in un’intoccabile logica editoriale e in una Fase 4 cinematografica che continua a portare sul grande schermo soltanto storie di figli delusi che decidono di ribellarsi ai dogmi e alle finzioni dei padri. Una Fase 4 che, con e grazie ad Eternals, ora può dirsi finalmente iniziata.
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