TITOLO ORIGINALE: Zack Snyder's Justice League
USCITA ITALIA: 18 marzo 2021
USCITA USA: 18 marzo 2021
REGIA: Zack Snyder
SCENEGGIATURA: Chris Terrio
GENERE: azione, avventura, fantastico, fantascienza
PIATTAFORMA: NOW TV
Alla morte di Superman, la Terra è attaccata da un’oscura forza aliena. Batman e Wonder Woman dovranno così riunire le forze e reclutare nuovi eroi che possano aiutarli a sconfiggere il male e salvare il pianeta.
Preceduto da una genesi, lavorazione e distribuzione a dir poco travagliati, Zack Snyder’s Justice League è finalmente realtà. Grazie al movimento #ReleasetheSnyderCut, oggi il cineasta firmatario delle prime due iterazioni del DCEU offre al pubblico la director's cut di un prodotto allora disastroso, sia a livello qualitativo sia in termini di incassi. Peccato che il risultato finale sia un altro mezzo film - sicuramente più unitario, dalla forte identità, compatto e coeso, nonché narrativamente temperato e comprensibile - che risolve i problemi principali della versione cinematografica, ma che, nel farlo, ne aggiunge altrettanti. Una pellicola che, nel suo voler essere pseudo-autoriale, si converte in un qualcosa di elitista, esclusivo e fazioso. Tutt’altro che “il film totalmente nuovo” che era stato promesso.
La parabola creativa e intima di Zack Snyder, a leggere le miriadi di informazioni e notizie che hanno affollato web e testate giornalistiche di settore negli ultimi tre anni e mezzo, sembrerebbe quasi il parto di uno sceneggiatore, con tanto di climax e anticlimax, sconfitta e redenzione, intrecci ed intrighi, detti e non detti. Purtroppo - pur non escludendo la possibilità che possa ispirare un film a loro dedicati -, la battaglia, i retroscena e la genesi di Zack Snyder’s Justice League (o della, più comunemente detta, Snyder Cut) hanno a che fare con la realtà dura e pura, con il dolore, con vite e carriere di persone realmente esistite ed esistenti e con una battaglia individuale (off screen) ben più tragica e lacerante di quella combattuta da Batman, Superman e compagnia cantante sul grande schermo.
Il riferimento, come forse già saprete, è alla personale battaglia di Autumn Snyder - figlia adottiva del regista - contro la depressione, che, nel 2017, ha eventualmente e sfortunatamente perso, inducendola così a compiere l’ultimo gesto e trascinando la sua famiglia in un tunnel buio e desolante, di cui questo Snyder Cut rappresenta una forma di evasione ed elaborazione.
Per Autumn: questa la dedica che Zack Snyder e la moglie Deborah fanno alla figlia subito prima dei titoli di coda di un prodotto dalla genesi, lavorazione e distribuzione a dir poco travagliati, ma cinematograficamente e storiograficamente affascinanti.
Era il 2014 quando la Warner Bros. affidò a Snyder, già autore delle prime due iterazioni [il discreto L’uomo d’acciaio e il rovinoso Batman v Superman: Dawn of Justice] e allora responsabile creativo e artistico del neonato universo cinematografico DC, la regia del primo grande crossover di tal esordiente ensemble filmico.
Tuttavia, a riprese in corso - visto il responso negativo di gran parte del pubblico e della totalità della critica nei confronti del precedente Batman v Superman, in seguito ad una serie di screzi tra il regista e la produzione e per via della tragedia familiare sopracitata -, il cineasta si ritirò (o venne allontanato, dipende dalle versioni) dal progetto e, per portarlo a compimento, la Warner chiamò Joss Whedon [creatore della serie Buffy, l’ammazzavampiri e regista dei primi due film degli Avengers]. Questi si trovò di fronte ad un compito di fatto impossibile: comprimere, in un film della durata tassativa di due ore, alcune parti del girato e della storia di Snyder (coadiuvato da Chris Terrio in sede di sceneggiatura) e le richieste dei produttori che, vedendo il successo della controparte Marvel, volevano alleggerire i toni, incrementare la comicità e tamponare ogni possibile sbocco snyderiano.
Il regista Zack Snyder con Ben Affleck (Batman) e Gal Gadot (Wonder Woman).
Il risultato è quello che ormai tutti conoscono/detestano. Vale a dire un mostro di Frankenstein fatto film, un prodotto instabile, insipido, che fallisce nel ricreare le atmosfere dei primi Avengers, mostrandosi piuttosto come un’inversione di rotta fin troppo brusca ed intrinsecamente conflittuale e contraddittoria. Il primo grande crossover cinematografico tra i supereroi DC Comics si converte nel più clamoroso flop al botteghino del nuovo universo espanso. E questo, normalmente, rappresenterebbe l’epilogo della storia produttiva di un film, la consueta e proverbiale “pietra sopra”. Purtroppo o per fortuna, l’avventura della Justice League cinematografica non finisce qui.
Difatti, alla comparsa di notizie riguardanti una fantomatica Snyder Cut della pellicola, sul web sono comparse le prime avvisaglie di un movimento - destinato a crescere e composto dallo zoccolo duro del fandom del regista - che ha cominciato ad invocare, a colpi di hashtag, il rilascio del - a detta loro - vero Justice League.
Una battaglia ed una passione, quella del #ReleasetheSnyderCut, che sono riusciti a smuovere la major, la quale ha deciso, per tutta risposta, di sostenere l'hashtag, distribuendo - in streaming sulla nascitura piattaforma HBO Max [in Italia, su Sky Cinema/Now Tv] -, per l'appunto, questo Zack Snyder’s Justice League.
Conclusa questa doverosa premessa, ci terremmo però a specificare che non è questo il tempo o il luogo per tirare le somme e giudicare validità o legittimità tanto dei retroscena e della lavorazione quanto della campagna pubblicitaria (non sempre leale o pulitissima) concernenti questa Snyder Cut. Questo sarebbe meglio lasciarlo in mano agli storici del cinema.
Il nostro compito, qui e ora, è invece quello di giudicare, misurare e analizzare questa nuova versione, scevri da qualsiasi pietismo, sensazionalismo o emotività, ben consci del fatto che sia lecito volersi esprimere e veder compiuta la propria concezione (al contempo però, bisogna essere consapevoli rispetto alla possibilità che questa sarà sicuramente oggetto di critiche, a prescindere che si tratti di una visione pseudo-autoriale o meno), ma scettici riguardo alla durevolezza, sul lungo termine, di questa director’s cut. O, per meglio dire, di questa extended version.
Ormai ci abbiamo fatto il callo. E’ sbagliato (e per di più insensato) approcciarsi alla visione di un film targato Zack Snyder, sperando di assistere ad un prodotto equilibrato, armonioso o perlomeno impegnato. E, per di più, farsi il sangue amaro alla scoperta e visione di una vera e propria antitesi di tali aspettative. Ciò nonostante, è ancor più sbagliato salvaguardare e perdonare ogni minima scelta di un dato regista (non solo di Snyder), bollandola come stile o autorialità. Il modo di fare e di pensare il cinema di una personalità specifica può piacere o meno, ma non può certo sottrarsi ad un’eventuale oggettività critica e di giudizio.
In tal senso e pur con tutte le attenuanti circostanziali, uno dei tratti che si deve scontrare contro tale oggettività è l'essere inconsapevoli riguardo al principale supporto di fruizione del proprio prodotto: lo schermo televisivo; e la scelta di rilasciarlo comunque nel formato tipico dell’IMAX (quindi in 4:3). A nostro avviso, un’iniziativa castrante (rispetto all’esperienza e alla natura supereroistica del progetto) e sprovveduta che non può essere relegata e compresa, in alcun modo e per nessun motivo, sotto l’ombrello salvifico di una pseudo-autorialità.
Pseudo-autorialità e tecnicità, quelle sfoggiate da Zack Snyder’s Justice League, che non trovano scusanti né in un montaggio, alle volte, sovrabbondante di inquadrature e scene, altrimenti temporalmente diluito, quando non ignaro del senso del ritmo, delle atmosfere, della tensione e della temporalità cinematografica; né in una CGI non sempre performante e spesso di matrice quasi videoludica; né ancora in un’estetica che, se da un lato conferisce al film un tono giusto e ben accordato [vedi le varie sequenze di scontro tra JL e forze del male], dall’altro è responsabile di alcune scelte - ad esempio, il costume nero di Superman - pretenziose e fini a sé stesse.
Ed è davvero un peccato che tanta mediocrità e limitatezza - ulteriormente aggravate dall’esclusione, a dir poco peccaminosa, della magnifica soundtrack originale di Danny Elfman, a favore di un commento sonoro didascalico e blando firmato Junkie XL - corrispondano e sporchino forse la pellicola che, più di tutte, dimostra la bravura di Snyder in quanto mestierante, soprattutto in termini di costruzione e concertazione delle varie sequenze d’azione. E che, tra quelle dell’universo DC, restituisce, con maggior lucidità, la resa e trattazione visiva dell’iconografia e dello status mitologici, iconici e simbolici di supereroi come Batman, Superman e Wonder Woman.
Detto ciò e malgrado qualche lieve nota positiva, non possiamo o riusciamo certo a parlare di poetica od occhio snyderiani, quanto più di una messa in scena ed attuazione funzionali e sensazionalmente propulsivi che, purtroppo, non conoscono il senso del limite o della misura, abbondando e sovraccaricando buona parte delle sequenze con escamotage così abusati da convertirsi, alla lunga, in un qualcosa di profondamente ordinario ed egualitario e, perciò, controproducente. Basti pensare all’uso insistente ed estenuante del rallenti - con cui il cineasta vorrebbe enfatizzare i frammenti più tesi ed inquieti, ma che, per questo impiego ossessivo, finiscono per annullarsi ed uniformarsi.
Arrivati a questo punto, vi starete però chiedendo come sia l’intreccio di questo Zack Snyder’s Justice League, se vi siano delle modifiche o delle aggiunte significative - visto che si tratta di una director’s cut - e, in particolar modo, se suddette variazioni valgano veramente il prezzo del biglietto (o, meglio, dell’abbonamento), specie considerata la durata (di 4 ore complessive) non proprio indifferente.
Iniziamo col dire che, seppur con varie rettifiche e riforme a livello tecnico-estetico, gli eventi narrati in questa “visione” snyderiana di Justice League non sono così radicalmente dissimili da quella cinematografica. Le prime vere differenze emergono e si estrinsecano piuttosto nel modo in cui tali eventi si inanellano e mostrano allo spettatore e nella natura prettamente fumettistica dell’elaborato. Infatti, potremmo quasi azzardare un paragone tra la divisione in parti (6 capitoli ed un epilogo) della Cut e gli issues di una serie a fumetti, con tanto di momenti (forse troppi) di distensione e ricostituzione. Il che non sarebbe poi inaspettato, considerando che Snyder è lo stesso che ha trasposto, seppur non sempre egregiamente, intere graphic novel - vedi Watchmen e 300 - vignetta per vignetta (scavalcamenti di campo ed errori grammatical-cinematografici inclusi).
Tuttavia, questo amore - che arriva ad essere quasi una fissazione morbosa e viscerale - nei confronti del medium fumettistico (con tutti i suoi limiti e peculiarità all’incontro col grande schermo) ci porta di fronte ad un grande dilemma. Il cinema può essere ed abbracciare le logiche editoriali del fumetto. Su questo non ci sono dubbi. Basti pensare anche solo all’odissea Marvel - timidamente emulata ed intrapresa anche dalla stessa DC -, che, adottando l’idea fumettistica del maxi-evento sviscerato in testate differenti, dà vita, attraverso svariate pellicole dedicate a supereroi singoli o a varie formazioni, al vero e proprio apogeo del filone cinecomics: il dittico Infinity War-Endgame.
Discorso ben diverso è invece l’adozione della struttura procedurale e a lenta carburazione del fumetto (che, nella sua forma tradizionale, viene rilasciato a piccole dosi e a distanza di settimane o mesi) e la sua applicazione in un medium come quello cinematografico, contraddistinto da andature e ritmi ben diversi, da ellissi ben più marcate e da una durata convenzionale e precisa - per lo più, in termini di cinema d’intrattenimento. In tal senso, la “visione” di Zack Snyder, coadiuvato dal sempiterno Terrio in sceneggiatura, non riesce a bilanciare un’idea veramente interessante (anche se superficiale all’atto pratico) e alcune piccole rivalse rispetto alla versione di Whedon, con l’assenza completa di un ritmo incalzante che renda piacevole l’esperienza. Checché se ne dica, il montaggio del 2017 presentava comunque dei pregi e degli elementi riusciti. Pregi che questa Snyder Cut sacrifica a vantaggio di altrettante virtù.
Invero - oltre ai già citati ritmo e colonna sonora -, da un punto di vista prettamente narrativo, la versione cinematografica di Whedon cercava di far emergere un personaggio come Batman, ingiustamente minato in Batman v Superman, e portava avanti la caratterizzazione di Wonder Woman, avanzando (e, purtroppo, non intraprendendo appieno e lucidamente) un’allettante sotto trama romantico-erotica tra i due. Come non citare, in secondo luogo, i rapporti e le dinamiche di gruppo (specie per quanto riguarda contrasti e conflitti interni), i quali - così come il senso di minaccia e apocalisse successivo all’arrivo di Steppenwolf sulla Terra e la conseguente rinascita della speranza alla sua sconfitta - si davano in modo molto più stimolante, vivo e concreto. Queste valevoli iniziative devono però pagare lo scotto di un’introduzione approssimativa ed infelice tanto dei tre nuovi supereroi quanto del villain (forse il più piatto dai tempi di Malekith) e, conseguentemente, di un complessivo squilibrio di poteri e carisma.
Nella e per la sua visione, Snyder non fa altro che prendere lo “scotto” della pellicola di Whedon e rivoltarlo a suo favore, tuttavia fallendo nel fondere tale ribaltamento con quanto di buono e positivo (vedi sopra) contraddistingueva suddetta pellicola. Ecco quindi che Batman, Superman e Wonder Woman vengono man mano ridimensionati, a favore di una caratterizzazione e contestualizzazione maggiore (ma non completamente soddisfacente) di tutti quei personaggi trascurati in precedenza. Il che se, in alcuni casi - su tutti, quello di Cyborg -, è promotrice di una serie di momenti ben congegnati ed oltremodo necessari, in altri, è fautrice di momenti terribili ed inavvertitamente esilaranti [la sequenza di presentazione di Flash - che, oltre ad essere impropriamente sessualizzata, espone tutta la morbosità di Snyder per la vignetta e il dettaglio - è la perfetta sintesi di questa nostra argomentazione].
Batman (interpretato da un Ben Affleck fisicamente convincente e credibile), Superman (il ruolo in cui Henry Cavill sembra sentirsi più a suo agio), Wonder Woman (una Gal Gadot meno d’impatto e ancor meno femminile rispetto a Batman v Superman e alla versione del 2017), Aquaman (un Jason Momoa che, nonostante il minutaggio, rappresenta l’unica speranza di riuscita del personaggio), Flash (un Ezra Miller calmierato, per non dire sedato) e Cyborg (il vero cuore della Snyder Cut): sei sono i membri della Justice League, così come sei sono le parti in cui si sarebbe dovuto suddividere il racconto del film. E' una vera sfortuna infatti che il numero reale dei capitoli, assieme a quello dei supereroi qui presenti, sia invece sette, giacché, come suggerito sopra, uno dei grandi problemi dell'opera - forse il maggiore - è proprio il non sapersi accontentare e il non riuscire a fare una cernita cosciente e accorta dei momenti realmente ed editorialmente funzionali.
Ed è anche un peccato che suddetto ragionamento non si applichi soltanto all’ampliamento e revisione di quanto visto al cinema, ma si estenda e valga anche per il finale e, in particolar modo, per tutti quegli orpelli, quegli stralci di trama, quegli assaggi di un qualcosa che, ora come ora e stando alle parole del presidente di DC Films Walter Hamada, non è altro che “un cul de sac, una strada che non porta da nessuna parte”.
Il settimo potenziale membro della JL - che fa la sua apparizione in sole due sequenze -, l’arricchimento della fu scena post-credit tra Deathstroke e Lex Luthor, l’introduzione di Darkseid e di una certa equazione, l’intero frammento del Nightmare con l’anticipatissimo ritorno del Joker di Jared Leto: a nostro avviso e per come tutti questi fattori vengono inseriti ed inquadrati all’interno del film, nient’altro che mero ed evitabile fan service. O, andando oltre la superficie, un’operazione che - visti i pregressi e l’amore di una parte dell’utenza nei confronti della pellicola e del suo regista - qualcuno potrebbe definire geniale, ma che noi riteniamo essere estremamente disorientante, quando non sleale e fuorviante nei confronti della Warner Bros., ma anche dello spettatore medio.
Rispondiamo dunque alla domanda posta qualche riga sopra. Zack Snyder’s Justice League vale veramente il prezzo del biglietto e di una seconda possibilità (sempre che siate rimasti delusi della versione cinematografica originaria)? Per quanto ci riguarda, vi consigliamo di dare un’occhiata alla pellicola solo se siete dei fan duri e puri tanto di Snyder quanto della DC fumettistica, oppure nel caso la Whedon Cut vi avesse lasciato così interdetti da voler vedere un qualcosa di leggermente più unitario, dalla forte identità, compatto e coeso, nonché narrativamente temperato e comprensibile.
Tolto ciò e in base a quanto sopra scritto, la Snyder Cut è una mezza pellicola che certo conferisce maggior coerenza e consistenza e risolve i problemi principali di un’altra mezza pellicola (la versione cinematografica), ma che, nel farlo, ne aggiunge altrettanti. Dunque, un prodotto che, mentre è impegnato a dar maggior risalto ed approfondimento a villain e membri nuovi della JL, si dimentica di sviluppare la Trinità. Che, nel momento in cui riesce a riparare una forzatura o riassestare una dinamica di gruppo, apre inavvertitamente voragini ancor più ingenti e distruttive.
E che, nel riparare il torto e la delusione incarnati da un’opera inconcepibile e piuttosto debole, si dimentica completamente del ritmo, della misura, della propria natura e del proprio essere cinema d’intrattenimento, mostrandosi, per contro, come una pellicola che, nel suo voler essere pseudo-autoriale, si converte in un qualcosa di fondamentalmente elitista, esclusivo e fazioso; in un prodotto concepito per il grande pubblico, ma voluto da e per i fan e che perciò, con tutta probabilità, rimarrà solo nei ricordi e nei sogni di questi ultimi; in un’esperienza - a nostro avviso, sfiancante - che può certamente divertire ed intrattenere e che, nel farlo, riesce a ripulire anche la credibilità della DC/Warner.
Ma a quale costo? Ingannando ed illudendo gli spettatori? Facendogli vedere quello che avrebbe potuto essere, ma che quasi sicuramente non sarà? Mettendo così tanta carne al fuoco da bruciarsi in più di un'occasione? Vincendo facile ed imbellendosi sul fallimento preventivabile, sulle spalle e sulla carriera del prossimo Kevin Spacey? Detto ciò, possiamo veramente parlare di visione o - visto che è tutto fuorché “un film ex novo” e la pochezza intrinseca della maggior parte dei nuovi contenuti - sarebbe meglio riferirci alla Snyder Cut come ad un’estensione, ad una extended o enhanced version (videoludicamente parlando)?
In tutto questo marasma di pregi, difetti ed idiosincrasie, vorremmo però lasciarvi con una certezza ed una riflessione; a metà; allo stesso modo in cui ci ha lasciato il film in questione. E’ innegabile infatti che - pur con tutti gli aggiustamenti e le integrazioni di sorta e nonostante l’iconicità fumettistica degli eroi - la Snyder Cut e, con essa, l’intero DCEU soffrano visibilmente una partenza disordinata, condizionata dal successo della controparte e senza una progettualità solida e, in gergo marvelliano, l’assenza di una vera e propria fase 1. Il che li porta ancora oggi a mostrare il fianco a Vendicatori e compagnia cantante, sia a livello di immaginario collettivo sia dal punto di vista del botteghino, e a non disporre di vere e proprie fondamenta affabulatorie.
Abbandonati però questi confronti infruttuosi e sleali (più o meno come il finale di Justice League), il dubbio che sorge spontaneo a fine visione è uno solo: se questa fosse stata effettivamente il Justice League cinematografico e se Zack Snyder non fosse stato o si fosse giustamente (e lo diciamo con tutto il rispetto) allontanato dalla pellicola, molti di noi/voi saremmo/sarebbero ancora qui ad inneggiare al miracolo, al ritorno del Maestro o, addirittura, al capolavoro?
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