TITOLO ORIGINALE: Luca
USCITA ITALIA: 18 giugno 2021
USCITA USA: 18 giugno 2021
REGIA: Enrico Casarosa
SCENEGGIATURA: Jesse Andrews, Mike Jones
GENERE: animazione, avventura, commedia, fantastico
PIATTAFORMA: Disney+
L'avventura estiva di Luca - un mostro marino curioso di esplorare la superficie e di trovare il suo posto nel mondo - a Portorosso, una piccola cittadina portuale contraddistinta da un odio irrefrenabile per le creature che vengono dalle profondità.
L'italianissimo Enrico Casarosa, già storyboard artist per film come Cars e Ratatouille e regista del corto candidato all’Oscar La luna, fa il suo debutto al lungometraggio d'animazione con Luca, la 24ª fatica dei Pixar Animation Studios. Un’opera, quella di Casarosa, che, a differenza del precedente Soul, preferisce lavorare sul racconto, sull’affabulazione e sulla lenta scoperta di un mondo del tutto simile al nostro, ma che si converte in una sorta di piccolo microcosmo con delle regole ben precise ed un ecosistema tutto suo. E’ allora nella capacità, nella grazia e nell’incanto del proprio lavoro di world building e di composizione di una città viva ed evocativa come Portorosso e in un character design mai così utile che Luca trova le forze per collimare un racconto che, sì, trova nella semplicità la chiave per eccellere, soddisfare i propri intenti e magari anche strappare qualche lacrima con un inno all'estate e all'amicizia fresco e genuino, ma che, salvo qualche minimo dettaglio e, soprattutto, se dovesse contare solo sulle proprie forze, non farebbe poi molta strada. Tutto sommato, un'opera Pixar nella media, né tra le migliori, né tra le peggiori dello studio.
Il corso recente e, in particolare, gli ultimi quattro anni produttivi della Pixar sembrano rivelare una specie di schema o, comunque, di regola più o meno precisa, sia per quanto riguarda le pretese, i presupposti e gli obiettivi intrinseci, quindi sulla carta, dei propri lavori, sia in termini di effettiva consistenza e concreto valore degli stessi all’atto pratico. E’ infatti dai tempi di Coco che lo studio ha iniziato ad alternare con regolarità prodotti più impegnati e innovativi a film più che buoni o compitini che non deludono, ma che non fanno nemmeno gridare al miracolo.
Ad un meraviglioso Coco segue pertanto un ben più consueto Gli Incredibili 2 e ad un grandissimo Toy Story 4, l’Onward di Dan Scanlon, il primo film Pixar del 2020, nonché post-pandemia. Un lavoro, quello di Scanlon, che, al tempo, definimmo (con tono anche un po’ sminuente) come una, se non la pellicola più disneyana dello studio. Un film d’animazione solido e dalla forte identità che, sì, regala due ore di pura emozione e divertimento, ma vive solo in funzione di un mondo non propriamente esplorato e di eventuali sequel.
Un lavoro perciò minore se contestualizzato all’interno del quadro produttivo e artistico Pixar, a cui succedono - sempre secondo la regola sopra indicata - le melodie jazz, l’energia e il misticismo di Soul, l’ultimo tassello della trilogia esistenziale (dopo Up e Inside Out) del visionario Pete Docter. Un’avventura ambiziosa e commovente, pensata per un pubblico prettamente ed esclusivamente adulto, che riesce ad annullare quella pretestuosa e arretrata distinzione tra live action e animazione, sottolineando, ancor più intensamente, come il racconto animato possa toccare anche tematiche adulte e mature, come vita, morte, passione, ossessione e scopo esistenziale. Un’opera, Soul, così artisticamente pregevole e narrativamente delicata da rappresentare - non solo per la regola dell’alternanza, ma anche e soprattutto per il suo indubbio valore - uno scoglio insormontabile per qualsiasi produzione sarebbe venuta successivamente e con cui si sarebbe stabilito un inevitabile, ma pressoché infruttuoso paragone.
Quella pellicola è Luca, 24ª fatica di casa Pixar, per la regia dell’italianissimo Enrico Casarosa, già impegnato come storyboard artist per film come Cars e Ratatouille, nonché regista del corto (candidato all’Oscar) La luna: la storia (pseudo-autobiografica) di un bambino che viene portato in barca per imparare il lavoro del padre e del nonno - entrambi contraddistinti da due modi precisi, ma completamente opposti di intendere la vita - e che, per una serie di eventi fortuiti, dovrà scegliere se abbracciare la filosofia di uno dei due o trovare da sé la propria strada. Un corto breve e semplice, ma incredibilmente memorabile, le cui propaggini ed influenze arrivano fino allo stesso Luca. Infatti, casomai doveste dargli un’occhiata (cosa che vi consigliamo vivamente di fare), vi accorgerete fin da subito quanti elementi Casarosa abbia recuperato, ovviamente arricchendoli e rimaneggiandoli a dovere, per la lavorazione e “l’immaginazione” di questo suo primo vero lungometraggio animato.
Innanzitutto, de La luna si mantengono l’ambientazione e l’atmosfera di un’Italia rurale cristallizzata negli anni ‘50. E’ infatti Portorosso, una piccola (e fittizia) cittadina portuale ispirata alle Cinque Terre, a fungere da palcoscenico e da protagonista del e per il racconto di Luca. Peculiarità del posto è di fatto la comunità di pescatori che lo abita, la quale, oltre alla pesca ordinaria, nel tempo libero si diletta anche nella caccia dei mostri marini che infestano le profondità del mare.
Uno di questi cosiddetti mostri è proprio il tredicenne Luca, curioso di scoprire ed esplorare il mondo di superficie, ma costretto, da una coppia di genitori estremamente apprensivi, a lavorare come allevatore di triglie nella fattoria di famiglia. Ciò nonostante, si sa, il destino è sempre pronto a bussare alla porta e un giorno, mentre si trova al pascolo, questi fa la conoscenza di Alberto, altro ragazzo-mostro che ormai ha fatto della superficie la propria casa. Scorta in lui un’ancora di salvezza, desideroso e determinato a volere di più dalla propria vita, ma anche un po’ impaurito e titubante, Luca sceglie così di seguirlo e di muovere i suoi primi passi nel mondo degli umani…
Fin da queste prime righe di sinossi, l’esordio al lungometraggio di Enrico Casarosa si mostra dunque come un’opera che preferisce lavorare sul racconto, sull’affabulazione e sulla lenta scoperta (in questo, il punto di vista dello spettatore coincide simmetricamente con quello del giovane protagonista) di un mondo del tutto simile al nostro, ma che, per come viene fissato e rappresentato dai creativi Pixar, si converte in una sorta di piccolo microcosmo con delle regole ben precise ed un ecosistema tutto suo. E’ allora nella capacità, nella grazia e nell’incanto del proprio lavoro di world building che Luca si inserisce alla perfezione tanto nella schema pixariano succitato, quanto nella tendenza editoriale e artistica della recente produzione della casa di Topolino (naturale e consono il paragone con Raya e l'ultimo drago, con la sua semplicità narrativa e il suo mondo vasto ed interconnesso).
Portorosso (una citazione, neanche troppo velata, a Miyazaki?) è una cittadina vivace e pulsante, in cui ogni vicolo, strada o costruzione sembra volerci raccontare una storia e che, al contempo, vive e deve la propria essenza più autentica proprio a quelle storie - estranee al racconto - che si dispiegano sullo sfondo, a margine dell'inquadratura, tra una sequenza e l’altra, ma che ciononostante concorrono ad infondere al posto un che di reale e realistico, non fosse per le creature marine.
Un luogo suggestivo ed evocativo, talora attraversato da ventate di autobiografica malinconia, spesso inguaribilmente poetico e che, seppur terreno, riesce a mantenere sempre una tale dose di fascino, novità e mistero, da renderlo automaticamente sconosciuto, particolare e perciò incredibilmente affascinante agli occhi dello spettatore.
Tutto ciò è però possibile solo grazie al lavoro e alla cura infusi da Casarosa e dal team di creativi Pixar nell’invenzione e composizione di una tipica cittadina italiana a tutti gli effetti che però, a differenza di quello che si potrebbe pensare (o temere, da italiani), cammina in perfetto equilibrio sul filo che separa una rappresentazione stereotipata “da cartolina” ed una ricostruzione veritiera e sincera di una Liguria della metà degli anni ‘50.
Quindi sì, Portorosso sarà anche intrisa e ricolma di luoghi comuni [la Vespa, la gestualità marcata degli abitanti, i vecchietti che giocano a scopa, il doppiaggio maccheronico originale] tipici e funzionali a rendere Luca un prodotto “vendibile” e comprensibile al pubblico americano (e comunque appropriati, visto il periodo storico in cui si ambienta il film), ma, dal canto loro, Casarosa & co. tentano di scavare più in profondità e di farci respirare, vivere e scoprire la cittadina in lungo e in largo, anche nei suoi anfratti più nascosti; di renderne i luoghi tipici fin da subito memorabili (tanto che potremmo quasi giurare di esserci stati davvero), inserendo per di più, in ogni singolo fotogramma, un rimando, un dettaglio, una citazione [graditissime quelle al cinema italiano e non dell’epoca tra Vacanze Romane e Ventimila leghe sotto i mari della stessa Disney] che, seppur marginali, dimostrano e sottolineano quanto amore e quanta passione siano stati investiti nel progetto e nel suo sviluppo.
Così come Raya senza Kumandra, Luca senza Portorosso non sarebbe quello che, in fin dei conti, è. Ovvero un racconto che, sì, trova nella semplicità la chiave per eccellere, soddisfare i propri intenti e magari anche strappare qualche lacrima, ma che, se dovesse contare solo sulle proprie forze, non farebbe poi molta strada o, comunque, non riuscirebbe ad emergere tanto facilmente e come vorrebbe. Ecco quindi che, unitamente all’ambientazione e al mondo diegetico, viene, in aiuto del film e del suo racconto, uno dei sempiterni cavalli di battaglia della produzione Pixar. Mai come in questo caso infatti, il character design risulta utile e funzionale nel compensare e riabilitare una caratterizzazione dei personaggi purtroppo abbastanza superficiale ed elementare sulla carta.
Alberto, Giulia, detta anche Giulietta: la ragazzina umana con cui i due pescetti stringeranno amicizia, chiaro omaggio a Fellini; e suo padre Massimo [il cui modello è preso pari pari da quello del padre de La luna, a sua volta simile a quello di Lockwood senior di Piovono polpette], Ercole Visconti: il villain della situazione; perfino lo stesso Luca sono dunque contraddistinti e plasmati da un design che rispecchia il loro essere, il loro carattere e la loro indole, ma che, pur in questa sua istantaneità e semplicità, riesce a farli sembrare vivi e veraci e a renderli immediato oggetto di immedesimazione e amore da parte del pubblico.
Unitamente a quest’ultimo, è però nell’annessa e connessa varietà di gesti ed espressioni di uno stile d’animazione concentrato sull’insieme, sul lavoro di concerto e su un colpo d’occhio di vibrante emotività che si realizza veramente il principio di less is more su cui si basa e si erige la sceneggiatura di Luca, scritta dal duo Jesse Andrews-Mike Jones (quest’ultimo, già autore di Soul). Essa sfrutta quindi la forma e la struttura di un tipico racconto di crescita e formazione per dar vita ad un inno all'amicizia e all'estate e favorire, al contempo, una trattazione efficace (anche se non sempre brillante) di tematiche attuali, talune già parte integrante del ricettario Pixar.
Lo sfruttamento e il difficile rapporto dell’uomo con la natura, il dover scegliere (così come ne La luna e in Pinocchio, altra grande fonte d’ispirazione della pellicola) tra due scuole di pensiero praticamente opposte: in questo caso, tra la razionalità ed una vera vita in superficie (gli ideali impersonati da Giulia) e l’irrazionalità, il vivere liberi ma, in fin dei conti, soli e celati al mondo (stile di vita, quest’ultimo, sostenuto dal “compagno mostro" Alberto per gran parte del racconto); e la paura e la conseguente accettazione della diversità [anche se il film, sotto questo punto di vista, si dimostra ben più realistico e maturo, lasciando la porta aperta alla possibilità che ci sarà sempre qualcuno a cui non andrai a genio perché diverso] sono i principali temi che il racconto di Luca affronta e sviluppa (alcuni più di altri) mediante una gestione accorta ed una scrittura spontanea dei rapporti. In particolare, della relazione completa e complessa tra Luca e Alberto, forse il nucleo narrativo maggiormente e meglio espresso, in cui e per cui la sceneggiatura di Andrews e Jones dà tutta sé stessa.
Il fatto che, come descritto sopra, Luca sia concretamente un racconto come tanti altri, fatto di passaggi obbligati e dagli esiti prevedibili, però non significa necessariamente che sia del tutto privo di momenti in cui le logiche della narrazione possano venire scardinate e in cui il tocco Pixar possa fare irruzione all'interno del quadro cinematografico. Infatti, sono ben due i segmenti nei quali l’opera di Casarosa riabbraccia i toni, il lirismo, la delicatezza e la visionarietà de La luna (che, per certi versi, è superiore al film) e della grande produzione dello studio.
Nel primo si dà vita ad una sequenza onirica che, a partire da un manifesto pubblicitario della Vespa (che, come vedremo, non è nient’altro che una fantasia atta a celare, a livello metaforico e letterale, un trauma sconcertante, ma non del tutto inaspettato), adotta proprio l’estetica della pubblicità per comporre una rappresentazione magica e surreale del sogno, del fantasticare e del desiderio di libertà condiviso da Luca e Alberto.
Nel secondo, sempre Luca, dopo esser venuto a conoscenza della vera forma di stelle e pianeti grazie ad un telescopio e ad alcuni libri di Giulia, si ritrova a camminare sugli anelli di un Saturno che è perfettamente appoggiato sulla superficie del mare (quello che, fino a qualche tempo prima, per il ragazzo era il cielo e, allo stesso tempo, la paura e la titubanza che accompagna ogni nuova scoperta, sia essa dello spazio o del mondo umano). Con l’ausilio della macchina volante di Leonardo Da Vinci, il ragazzo viene poi condotto in una veloce scoperta del mondo e dell’Italia (con alcuni dei suoi assiomi culturali tipici, tra cui il Colosseo e Pinocchio). Una frugale esplorazione, quella di Luca, che, in questo caso, non avviene attraverso quella libertà fisica tanto propugnata da Alberto, ma attraverso una libertà intellettuale, ottenibile solo attraverso i libri, la cultura, lo studio e la scuola, che diventerà infatti il nuovo sogno del mostro marino.
Fellini - che, senza fare paragoni, con il nostro Casarosa condivide l’importanza conferita all’infanzia, alle radici e al sogno - sosteneva di aver imparato molto poco durante tutta la sua vita; di aver "imparato che ci sono molte cose sconsiderate che puoi fare. E tra quei milioni, una che è ancora più sconsiderata delle altre. E di solito fai quella”. Ebbene, il nostro Luca aggiungerebbe che bisogna zittire il Bruno che c’è in ognuno di noi. A volte infatti, per fare la cosa giusta, si può anche andare contro le regole, contro i propri genitori, contro quello che la società o la coscienza consigliano o dicono di fare, magari sbagliando e ficcandosi in situazioni spiacevoli, talora scegliendo una strada sbagliata. L'importante è avere coraggio... Tuttavia, come si suol dire, chi predica bene, razzola male. E Luca, in questo, non fa certo eccezione.
Sei d’accordo con la nostra recensione? Se sì, lascia un like e condividi l’articolo con chi vuoi.
In più, per non perdere nessun’altra pubblicazione, assicurati di seguirci sulle nostre pagine social e di iscriverti alla nostra newsletter.