TITOLO ORIGINALE: Shazam! Fury of the Gods
USCITA ITALIA: 16 marzo 2023
USCITA USA: 17 marzo 2023
REGIA: David F. Sandberg
SCENEGGIATURA: Henry Gayden, Chris Morgan
GENERE: azione, fantascienza, fantastico, avventura
DURATA: 130 min
Dopo il chiassoso flop di Black Adam con Dwayne Johnson, tornano sul grande schermo le gesta dell'incerto e squassato DC Extended Universe con il sequel di uno dei suoi maggiori successi di pubblico. L'horrorofilo David F. Sandberg ritorna dietro la macchina da presa delle avventure di Billy Batson aka Shazam e della sua famiglia, con una pellicola che non sarà certo la via eccellente del cinecomics, né la formula del futuro del DCEU, né tantomeno il miglior risultato inventivo possibile, eppure mantiene salda la dignità del family movie, sembra reagire con sarcasmo e levità alla crisi del suo franchise, e, forte di un cast appassionato, sa non prendersi troppo sul serio e rendere gradevole la visione.
Sono granitici, rocciosi, solidissimi, secolari (e tutto ciò che ha che fare con robustezza, resistenza e resilienza) i loghi di Warner Bros. e della DC che aprono Shazam! Furia degli dei. Un curioso dettaglio, o forse una buffa opera di autoconvincimento da parte di un universo condiviso, narrativo e crossmediale, che robusto, ostinato, persistente non lo è affatto, anzi non è mai stato così incerto, fragile, asfittico, nel pieno di un passaggio di consegne e di un cambio di dirigenza creativa ed editoriale carico di promesse e di grandi speranze.
Shazam! Furia degli dei - sequel del (relativamente) piccolo successo del film del 2019, anch’esso situato, seppur precipuamente, al crocevia di un’inversione di tendenza e di un nuovo corso del DC Extended Universe (in quel caso, post-snyderiani), sempre diretto da David F. Sandberg, e sempre interpretato da uno Zachary Levi divertito, fresco e convincente nei panni dell’incarnazione magica, superomistica e dalle fattezze adulte di Billy Batson, ragazzino orfano scelto dal Mago Shazam per la purezza del suo cuore, come campione e portatore dello straordinario potere delle più potenti e mitiche divinità (“la saggezza di Salomone, la forza di Hercules, la resistenza di Atlante, il potere di Zeus, il coraggio di Achille e la velocità di Mercurio”) - è infatti il primo dei quattro film che ci separano dall’effettiva presa in carico di James Gunn e Peter Safran, o per meglio dire, il primo dei rimasugli della vecchia direzione che i due nuovi direttori di produzione tenteranno di far quadrare alla bell’e meglio nell’ottica del futuro dell'universo.
Che i loghi d’apertura siano di materia granitica è inoltre un controsenso (in)volontariamente comico, specie se si considerano il soggetto e il tema principale attorno a cui si impernia il racconto imbastito da Henry Gayden e Chris Morgan, già autori di alcuni capitoli della serie di Fast & Furious. E no, non è la famiglia, come probabilmente state pensando. O comunque, non è solo quella. Il centro focale di Shazam! Furia degli dei riguarda infatti il concetto di limite, di debolezza, di fragilità e - va da sé - il significato profondo e più umano dell’essere super. Un discorso ed una retorica senz’altro proverbiali, sdoganati, già visti ed approfonditi in mille e più salse, che tuttavia assumono un contorno più interessante del previsto o di quanto si possa pensare, se questo grande racconto sul sentirsi fuori luogo, inadeguati, affetti dalla “sindrome dell’impostore” - come viene detto allo stesso Shazam in una delle primissime sequenze - lo si rapporta al posizionamento editoriale, filmico e produttivo del film di Sandberg.
Shazam! Furia degli dei si tramuta pertanto in una pellicola consapevole della propria appartenenza ad un universo che, in primis, riecheggia della sua stessa fragilità, mostra ormai i limiti di una progettualità infruttuosa e poco ispirata, e lo sta per far scomparire nel nulla con un senso di ignominia e pentimento, a cui i protagonisti del racconto tentano invano di opporsi, con candore, naiveté, levità, ma soprattutto indiscutibile dignità.
La dignità di un family movie vecchia scuola, di un cinecomics ciarliero, scanzonato, colorato ed ipercitazionista (pure nei confronti della concorrenza), senza grosse pretese, fondato sul puro escapismo, con una linea adolescenziale (ahinoi) intermittente che pare mutuata, nel bene e nel male, dagli Spider-Man con Tom Holland, ed una comicità in bilico tra la demenzialità e il non sense che non sfigurerebbe in uno dei capitoli waititiani di Thor, villains incluse.
Poi, che tutto questo ragionamento sia pura e anche un po’ futile ermeneutica, e che David F. Sandberg & co. siano stati tutto fuorché consapevoli del destino a cui questo loro film sarebbe andato e andrà inevitabilmente incontro (in particolare, dopo il semi-fallimento al box-office, a distanza di qualche mese dal flop altrettanto chiassoso del cugino “paint it Black” Adam).
Eppure, nonostante tutto, ovvero la messa in scena dei segmenti d'azione sia la solita minestra preconfezionata, la solita orchestrazione predigerita con pochissimi guizzi e spunti interessanti, un inesistente senso dell’iconismo (e in questo è Jon Watts al 100%), o ancora la durata pure fin troppo generosa per un intreccio così essenziale e puerile, se non proprio scarno, che procede per convenzioni e soluzione comode e facili, la CGI che ingaggia sovente battaglia con la sospensione dell'incredulità, la dinamica e il gancio comico della natura e del carattere infantile dei membri della Shazafamilia che inizia ad annoiare fin troppo presto, e la disarmonia con cui si intersecano e fondono insieme le estetiche del racconto di formazione, della commedia con eccessi weird, dell’action supereroistico, ma anche di uno puramente (dark) fantasy che tradisce l’estrazione horrorifica di Sandberg (con tanto di ciclopi, leoni-scarafaggi, troll e orchi, banshees e draghi); Shazam! Furia degli dei, al pari del già citato film con The Rock protagonista, ha qualcosa che, quantomeno nell’ultimo periodo, i Marvel Studios sembrano non avere più, o meglio, che hanno ma più per abitudine che per un sentire autentico.
Parliamo infatti di un film che sa non prendersi troppo sul serio, e che, nel fare questo, finisce se non per divertire, quantomeno per rendersi piacevole alla visione. Alfieri di questo divertimento dedito e spassionato, più o meno tutti gli attori coinvolti, da un più defilato e già citato Zachary Levi (perfetto perché fuori tutto: luogo, corpo, universo) ad un impeccabile Jack Dylan Grazer, che è il vero protagonista del film, passando per un’incantevole Rachel Zegler (reduce dal successo di West Side Story), fino ad arrivare ad una Helen Mirren che aggiunge un’altra tacca ad un’impensabile incursione nel cinema action (dopo il succitato Fast & Furious) e ad un esilarante Djimon Hounsou.
Non sarà certo il cinema più alto, né la via eccellente per il cinecomics, né tantomeno il miglior risultato inventivo che si potesse ottenere da quel mix di influenze ed estetiche, magari a qualcuno potrà risultare troppo decerebrato od anacronistico (e, per molti versi, lo è), ma è pure così innocuo e tenero da non poter che risultare amabile.
Se “ci rivedremo molto presto”, come sostiene, o forse si raccomanda, Freddy Freeman nel finale, non lo sappiamo. Quel che è certo è che l’universo DC al momento, per dirlo con Bonnie Tyler, ha dannatamente “bisogno di un eroe”. Sarà Gunn? Sarà Shazam? O saranno tutti e due?
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