TITOLO ORIGINALE: Heart of Stone
USCITA ITALIA: 11 agosto 2023
USCITA USA: 11 agosto 2023
REGIA: Tom Harper
SCENEGGIATURA: Greg Rucka, Allison Schroeder
CON: Gal Gadot, Jamie Dornan, Alia Bhatt, Sophie Okonedo, Matthias Schweighöfer
GENERE: thriller, spionaggio, azione
DURATA: 123 min
DISPONIBILE SU: Netflix
Dopo Charlize Theron, Chris Hemsworth, Ryan Gosling e Ryan Reynolds, anche Gal Gadot (fallito il progetto del DC Extended Universe di cui era la Wonder Woman) tenta una seconda rinascita ed uno sbocco felice e - si spera - proficuo per la sua carriera nell'action duro e puro. Peccato che Heart of Stone di Tom Harper è più vicino ad un Mission: Impossible privo di tutto ciò che ha reso quest'ultimo unico, grande ed inimitabile, che non all'inizio convinto e convincente di una nuova serie e al debutto sul piccolo schermo di una nuova eroina.
Gioca e lavora discretamente sulla percezione spettatoriale di Gal Gadot e della sua immagine divistica, l’inizio di Heart of Stone, il nuovo action movie distribuito da Netflix per la regia di Tom Harper. Tutto il grande segmento su cui si apre la solita corsa spionistica a zonzo per il globo (Sud Tirolo, Londra, Lisbona, deserto del Senegal ed Islanda) vede infatti l’attrice e modella israeliana interpretare quella che sembrerebbe essere il Q di turno, una hacker brillante con la tastiera, ma impacciata ed inesperta per quanto riguarda il lavoro sul campo, qui impegnata nel suo primo, vero incarico per l’MI6, costretta, per tutta una serie di motivi, a disobbedire agli ordini del suo team leader, “scendere dal furgone” e cimentarsi davvero nel cosiddetto “spy game”, fatto di diversivi, astuzia e tantissimo role-playing.
Una prospettiva incredibile, quella di Gadot alle prese con un personaggio diametralmente opposto a quelli per cui è conosciuta (su tutti Wonder Woman, ma ben prima Giselle, parte integrante della familia della saga di Fast & Furious, o più recentemente la sfuggente Alfiere nel netflixiano Red Notice), ché il copione del fumettista Greg Rucka (già autore di The Old Guard) e di Allison Schroeder e la trasposizione visiva di Harper smentiscono agilmente qualche minuto più tardi.
Arriviamo a scoprire che Rachel Stone - questo il suo nome - è in realtà esattamente il contrario di come ci si è presentata, e che, al pari degli ignari compagni di squadra, anche noi siamo (quasi) caduti nella sua copertura, nella sua falsa identità. Ella non è difatti soltanto con un’agente espertissima, abile, audace, insensibile al pericolo e spericolata, ma una delle maggiori affiliate, infiltratasi nell’MI6, di un’organizzazione internazionale e super segreta, il Charter, che, pur parendo uscita da un “cartone della domenica mattina”, arriva dove i governi di tutto il mondo non riescono.
I più attenti ora si staranno chiedendo o si saranno resi conto che “è praticamente Mission: Impossibile”, senza sapere o sapendo già quanto vicini sono arrivati a quello che, tanto ad un’occhiata superficiale, quanto ad una ben più approfondita, appare ed è Heart of Stone.
Per farvi un’idea ancora più chiara, sappiate soltanto che l’oggetto della contesa non è altro che un computer fantascientifico in grado di hackerare e prendere possesso di tutto ciò che, di tecnologico, c’è sulla faccia della Terra (e qui qualcun altro potrebbe star pensando anche all’Occhio di Dio del già citato Fast & Furious, più precisamente del settimo capitolo, ma il rimando più fresco e recente è all’Entità proprio di Dead Reckoning - Parte Uno), che, anche in questo caso, la squadra di agenti è quanto di più vicino ad una famiglia, e che la filosofia che fuoriesce e sta alla base di tutto l’intreccio imbastito da Rucka e Schroeder ricorda molto quella che accompagna, in particolare modo, gli ultimi inserti del franchise di e con Tom Cruise.
E quindi, l’antagonismo alla logica informatica, il dover credere nell’impossibile, appunto, l'avere fede incondizionatamente, anche quando le probabilità sembrano del tutto avverse, perché tutto ciò che ci circonda può essere manipolato e contraffatto, ed infine il ritorno obbligato e necessario all’analogico, alla concretezza e al realismo delle cose, ma qui, purtroppo, non dell’azione.
È allora il tempismo - unito alla palese finzione delle sequenze più "estreme" -, il maggior ostacolo di questa corsa. Di ciò che parrebbe il tentativo di Gal Gadot - anche produttrice - di sfidare la fortuna, seguendo lo stesso percorso di altri suoi colleghi (chi più fortunato: Chris Hemsworth con Tyler Rake, Jennifer Lopez in The Mother, chi meno: Ryan Gosling e The Gray Man, Ryan Reynolds col già ricordato Red Notice, Jessica Chastain e il suo Secret Team 355, chi invece così così, come, ad esempio, Charlize Theron, sì Atomica Bionda, ma anche highlander nel meno riuscito The Old Guard), e cercando nell’action duro e puro uno sbocco felice, proficuo e prolifico per la propria carriera, un modo di tornare sulla cresta dell’onda (anche se sul piccolo schermo), e, chissà, magari pure una piccola rinascita in termini divistici e di immaginario. Un ostacolo, che, laddove il film non portasse la firma produttiva di Skydance, non potremmo definire nientemeno che un plagio bello e buono, e che, nonostante tutto questo, regista & co. non fanno nulla per scavalcare od evitare.
Al contrario, Heart of Stone è forse il miglior complimento ed omaggio involontario, difettoso e deleterio che si potesse fare nei confronti del mai abbastanza celebrato Mission: Impossible. La pellicola, che si rivela essere quindi un Mission: Impossible for dummies, non fa che comprovare e ricordare a chi guarda, inquadratura dopo inquadratura (anch’esse riciclate), il talento e la fortissima sensibilità ed intelligenza di tutto il team creativo di una serie che ha fatto e continua a far scuola, anticipare le derive, quando non addirittura dettare il passo dell’action contemporaneo.
Ancor peggio, la composizione dell'azione vera e propria non è mai precisa e dimostra delle serie lacune di ritmo, tono e tensione che attestano l’inesperienza ed inidoneità di Harper rispetto a questo genere di operazione e ai suoi requisiti minimi. E non aiuta infine la sceneggiatura in sé e per sé, la quale, oltre alla proverbialità della scrittura (che, questa sì, con buona pace di Paul Schrader, sembra davvero il parto di un’intelligenza artificiale), si lascia sfuggire un parallelismo salvifico e potenzialmente caratteristico col mondo del gioco d’azzardo, né approfondisce e porta alle estreme conseguenze tutta la suggestione delle carte e dei suoi semi, vitali per il worldbuilding, la salute e il futuro di un eventuale, nuovo franchise.
Insomma, pur “ascoltando il (tuo) cuore”, come cantavano i Roxette, e potendo venir pure ammaliati dalla bellezza, dal fascino e dal fisic du role (poco sfruttato) di Gal Gadot, e da tutte le gradevoli e funzionali presenze di Jamie Dornan, Alia Bhatt, Sophie Okonedo, Matthias Schweighöfer, addirittura di Glenn Close in un cammeo forzatissimo; viene viceversa del tutto naturale chiedersi cosa farsene di un film come Heart of Stone (nonché di un suo possibile prosieguo).
Un prodotto, quest'ultimo, che non viene né dal cuore, né tantomeno dallo stantio standard produttivo degli action Netflix, ma neanche dai calcoli di un computer o di un algoritmo. Bensì dal refluo di un cinema con troppi agenti segreti e poche storie degne di essere viste e raccontate.
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