TITOLO ORIGINALE: Silent Night
USCITA ITALIA: 30 novembre 2023
USCITA USA: 1° dicembre 2023
REGIA: John Woo
SCENEGGIATURA: Robert Archer Lynn
CON: Joel Kinnaman, Scott Mescudi, Harold Torres, Catalina Sandino Moreno
GENERE: azione, drammatico, thriller
DURATA: 104 min
A sei anni dall'ultimo Manhunt, John Woo torna sul grande schermo con Silent Night, un revenge movie quasi del tutto privo di dialoghi con cui il regista hongkonghese sembra voler compiere una crasi tra la sua filmografia e la firma action per eccellenza del panorama contemporaneo. Un action affatto impeccabile ma semplicemente divertente, nel quale varca l’ultima soglia della sua lunga e fulgida carriera. Diciamo una prima tappa di senilità. Di quelle positive però, ché spingono ad asciugare la composizione e lo stile fino all’essenzialità di forma e contenuto.
Oggi è praticamente impossibile fare un film del tutto originale; portare qualcosa di nuovo e fresco al cinema. E, checché se ne sia detto in sede di battage pubblicitario, Silent Night (- Il silenzio della vendetta) non solo non è un film completamente muto (e tant’è), ma soprattutto non nasce da un qualcosa di inedito. A partire da The Artist, andando in Corea con Moebius di Kim Ki-Duk, fino al noto e amato franchise horror A Quiet Place e ai suoi epigoni ed imitazioni come i recenti 65 - Fuga dalla Terra e Nessuno ti salverà, sono abbastanza, infatti, gli esempi di pellicole che si imbarcano in una missione di anacronistico parossismo, di recupero, più o meno consapevole e più o meno filologico, di uno stato primordiale del mezzo e del linguaggio cinematografico, con conseguente (ri)valorizzazione del visivo, del visuale, dell’immagine quale scrittura cinematografica per eccellenza; veicolo puro e virtuoso di una sensitizzazione e significazione innate, spontanee, essenziali, ma non per questo facili, né tantomeno scontate.
Fatta questa doverosa puntualizzazione, quando parliamo di Silent Night, l’ultimo arrivato, come anticipa del resto il titolo, di questa schiera di film mut(at)i, sempre in bilico tra vezzoso esercizio di stile (nella cieca speranza di uno scampolo di novità) ed interessante operazione metatestuale; parliamo anche e soprattutto del ritorno sul grande schermo - a sei anni da Manhunt - di John Woo, leggendario regista del cinema d’azione hongkonghese e maestro indiscusso per generazioni di cineasti, conosciuto ai più per le sue regie hollywoodiane (i buoni Senza tregua e Nome in codice: Broken Arrow, l’incredibile Face/Off e l’iconico, nel bene e nel male, Mission: Impossible II). Il che può significare solo una cosa: originale o meno, ci si troverà comunque di fronte ad un lavoro che non scontenterà certo in fatto di stile, di gusto e, ovviamente, d’intrattenimento.
E, in questo, Silent Night non delude assolutamente le aspettative, dando in pasto allo spettatore l’ennesima storia di vendetta (nello specifico, quella di un uomo, il cui figlio rimane accidentalmente vittima di un violento inseguimento tra gang rivali, che scende sul sentiero di guerra e mette a ferro e fuoco un’intera città, non prima di perdere la voce per un proiettile alla gola), in cui una serie di corpi, pari a pedine stracolme di sangue, vengono lanciati addosso al nostro protagonista, che esegue la solita mattanza in modi sempre più creativi; costellata inoltre dalle più tipiche e proverbiali situazioni di questo preciso filone.
Eppure, pur essendo fondamentalmente questo, al tempo stesso sembra riduttivo congedare con simile sufficienza una pellicola come Silent Night; definirlo al pari di un usato sicuro o di un film tiepido e riscaldato. Peccando forse di una piccola dose di autorialismo - quello che intende fare e a cui vuole dar forma John Woo in questo suo ritorno a Hollywood è infatti una sorta di sintesi essenziale. O, per meglio dire, una crasi tra alcuni tratti riconoscibili di quel suo cinema che tanto e tanti ha ispirato [quel tanto, come i videogiochi, e quei tanti, che oggi, alla stregua di un boomerang, gli ritornano indietro e ne minano, agli occhi dei meno pratici, i presupposti di peculiarità ed autenticità; in parole povere, se i suoi lavori ieri hanno funto da modelli, oggi appaiono derivare esattamente da ciò che hanno influenzato] e la firma action per eccellenza del panorama contemporaneo. Ossia quella dei Gareth Evans, Chad Stahelski e dei David Leitch, dei John Wick (i cui produttori sono non a caso anche dietro a Silent Night), delle Atomiche Bionde o anche dei Tyler Rake.
Da un lato, abbiamo perciò un’idea di performance, di combattimento coreografato meticolosamente, in ogni singolo passo, ad ogni singolo scalino di questa discesa vendicativa, che è contemporaneamente quasi un’ascesi pacificatrice e purificatrice. Dall’altro, permane invece una cifra specifica, un approccio alla materia inequivocabilmente rivolto ad Oriente e al cinema di Hong Kong che fanno di Silent Night una pellicola aderente e definita in tutto e per tutto dalla poetica del suo principale autore.
In tal senso, malgrado tutto (e malgrado la proverbialità con cui si dipana nella seconda metà e soprattutto si chiude, ridicolmente, la parabola del nostro vendicatore/vigilante), la pellicola riserva comunque qualche minima sorpresa allo spettatore. Specie per l’impeccabile mix di ironia, melodramma patetico e claudicante umanità di cui il cineasta - coadiuvato in sceneggiatura da Robert Archer Lynn, e puntellato da un’interpretazione tutto sommato funzionale e credibile di Joel Kinnaman - intarsia il racconto del vendicatore, del suo trauma, dei suoi primi tentativi (alcuni clamorosamente fallimentari) e della lunga fase preparatoria che occupa la prima metà della storia, così come del mondo (ergo dell’America) in cui vive.
Laddove il nostro è tutto fuorché una silenziosa macchina da guerra, assetata di sangue, bensì un uomo qualunque che si imbarca, con lucida follia ed inevitabile maldestria, in un viaggio a cui può resistere e forse sopravvivere solo trasfigurandosi, (ri)definendosi attraverso un'iconografia ed un immaginario ben precisi (che sono anche quelli del cinema, di giubbotti di pelle e volatili, dello stesso Woo), gli Stati Uniti di Silent Night sono banalmente un posto dimenticato da Dio, in crisi (economica e morale), fatiscente, polveroso e putrescente, in cui ormai la criminalità dilaga, confortata più dalla caramellosa luce del giorno che dalle ideali e rassicuranti tenebre della notte, corrompendo, appestando, forzando anche il reame dell’infanzia e i suoi spazi, teoricamente sicuri, inviolabili, protetti.
Un’idea, quest'ultima, molto interessante, oltre che provocatoria, su cui un altro regista avrebbe senza dubbio calcato maggiormente la mano. Ma non John Woo, i cui interessi sono, appunto, ben altri e si vedono tutti in questo film che, fosse uscito negli anni ‘90, non avrebbe visto nemmeno un lembo del grande schermo, finendo dritto in home video. Un action affatto impeccabile ma semplicemente compiuto, appagante, divertente, in cui egli sembrerebbe tornare indietro alle basi e (re)imparare insieme al suo protagonista, quando in realtà sta solo varcando l’ultima soglia della sua lunga e fulgida carriera. Diciamo una prima tappa di senilità. Di quelle positive però, ché spingono ad asciugare la composizione e lo stile fino all’essenzialità di forma e contenuto.
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