TITOLO ORIGINALE: Rebel Moon – Part One: A Child of Fire
USCITA ITALIA: 22 dicembre 2023
USCITA USA: 22 dicembre 2023
REGIA: Zack Snyder
SCENEGGIATURA: Zack Snyder, Shay Hatten, Kurt Johnstad
CON: Sofia Boutella, Michiel Huisman, Charlie Hunnam, Djimon Hounsou, Ray Fisher, Anthony Hopkins
GENERE: azione, avventura, fantascienza, drammatico, fantastico
DURATA: 135 min
DISPONIBILE SU: Netflix
Secondo progetto Netflix (questa volta, fantascientifico) di Zack Snyder dopo il burrascoso divorzio dall'universo DC, Rebel Moon parte con una penetrazione che farebbe pensare ad ad un’avventura ridanciana, ad una parodia alla stregua (lontanissima, beninteso) di un Balle spaziali, ma fin da subito si rivela una ridicolmente seria collezione di feticci trafugati da millemila altri testi, scevra addirittura dell'amata/odiata cifra snyderiana. E quindi, l’ennesimo contenitore Netflix, un’operazione calligrafica che asseconda la propria derivazione di immaginari, fino a sfiorare il plagio.
Impossibile non pensare a Zack Snyder nel vedere una navicella (rigorosamente di forma fallica) che penetra un portale (questo, ovviamente di forma opposta e complementare). Parliamo infatti di uno dei registi, degli shooter, se proprio volessimo osare degli autori (quelli autointitolatisi tali, però) più fallocentrici, fallocratici e muscolari con cui la Hollywood degli ultimi vent’anni si sia mai trovata ad incrociare il proprio cammino.
È con suddetta penetrazione che si apre o, meglio, con cui viene generato Figlia del fuoco, la prima parte di Rebel Moon, suo secondo progetto per Netflix dopo il burrascoso divorzio dal mondo supereroistico DC, ed insieme suo nuovo universo narrativo (questo, fantascientifico) dopo quello, ancora in corso, composto da Army of the Dead e dal prequel spin-off - da lui prodotto e curato - Army of Thieves. Ed è, di nuovo, soprattutto perché quella immagine, impossibile da fraintendere od equivocare, è posta a proemio, a biglietto da visita di ciò che la seguirà, che, in un primo momento, è quanto più naturale aspettarsi, o forse illudersi, di trovarsi di fronte ad un tentativo, ad un racconto, ad un film senza dubbio grevi e volgari, ma almeno coerenti col tono e le intenzioni precipuamente poste e chiarite dal loro principale o fieramente unico autore. Magari ad un’avventura ridanciana, ad una parodia alla stregua (lontanissima, beninteso) di un Balle spaziali o, rimanendo realisti, ad un prodotto in linea con la cifra dinamitarda, vulcanica, un minimo iconoclasta che ha sempre contraddistinto il fu videoclipper. Eppure, già dallo stacco di montaggio successivo a questa primissima inquadratura, Rebel Moon - Parte 1: Figlia del fuoco (e, con tutta probabilità, pure il secondo atto - La sfregiatrice - ripreso back-to-back con questo, in uscita il prossimo 19 aprile sulla piattaforma) pare invece aderire, in tutto e per tutto, alla sua estrazione produttiva.
Originariamente infatti, il progetto nasce come capitolo della saga di Star Wars, ispirato tanto ai film di Akira Kurosawa, quanto alla serie di fumetti Heavy Metal, che Snyder propose alla Lucasfilm nel 2012, poi accantonato quando quest’ultima viene acquisita da Disney. Ecco svelato dunque il motivo per cui, dal momento in cui approdiamo sul pianeta contadino di Veldt e facciamo la conoscenza di Kora - colei che sarà l’assoluta protagonista di questa saga, la classica giovane eroina taciturna e ferita dalle origini misteriose (almeno in un primo momento) -, o, ben prima, dall’idea di ribellione che campeggia già dal titolo, fino ad arrivare ai titoli di coda; si ha la giusta e costante impressione di star assistendo ad un rip-off, per dirla come la direbbero loro, del franchise e del mondo di Guerre Stellari. Compreso di spade laser e cantina di Mos Eisley!
Non solo: più si prosegue nella visione del film, più ci si accorge che Rebel Moon è in pratica una mera collezione di feticci trafugati - tra cui, al di là della già citata saga lucasiana e del cinema di Kurosawa (e quindi, storicamente, del western da John Sturges a Sergio Leone), possiamo ritrovare pure Il signore degli anelli, Dune, Conan il barbaro, Harry Potter, Mad Max, Ghost in the Shell. E ancora, la fantasia turgida, fanciullesca e fuori tempo massimo di un regista (ma purtroppo anche di un uomo) che sembra aver finito le cartucce a disposizione e perciò si rifugia in un confortevole micromondo ipertestuale, solo da centinaia di milioni di dollari, in cui può essere assoluto (ed autoindulgente) padrone delle proprie pulsioni e dei propri onanismi pop-culturali.
Allora, più che la space opera di rielaborazione postmoderna che avrebbe dovuto essere per conservare un minimo di credibilità, Rebel Moon è un’operazione calligrafica che asseconda la derivazione di immaginari, quando non di vere e proprie inquadrature e segmenti, arrivando a sfiorare la linea sottile che la divide dal plagio. Un film che insuffla nel proprio intreccio una statura ed un sapore epico, senza però disporre dei mezzi drammaturgici, dei muscoli, del world building (spoglio, minato, oltre che dalla scrittura, da una CGI non sempre all’altezza ed immersiva, anzi dalla parvenza plasticosa e posticcia), dei protagonisti e degli attori (questi ultimi, di puro arredamento) giusti per sostenerli.
Difatti, se è vero che nelle interviste Snyder non perde occasione di ricordare, applaudire, ostentare la piena e (per lui) inedita libertà creativa che Netflix gli ha concesso, è altrettanto vero che Rebel Moon è forse il primo in cui la sua cifra latita davvero. In questo suo apparire al pari di un rimedio ridicolo e terminale ad una crisi (artistica) di mezza età, la pellicola appare invero spoglia, scevra di quella muscolarità, di quella esuberanza estetica, di quella capacità divisiva e controversa che è sempre stata croce e delizia di ogni sua regia. A dirla tutta, la cifra snyderiana sembra qui incorporata in corso d’opera, aggiunta in post-produzione, con la solita patina pomposa e pubblicitaria e i ralenti immancabili e mai prima così gratuiti. Per quel che resta, domina invece l’anonimato, la sciatteria e la genericità dell’ennesimo contenitore Netflix, di un altro dimenticabile trita-tutto algoritmico e di mera allure blockbuster.
E ancora una volta la nuova, vecchia speranza risiede in una versione estesa vietata ai minori di 17 anni, già confermata dal colosso di Los Gatos, la quale però - specie dopo tutta la querelle su Justice League - conserva la stessa dignità e può avere giusto la consistenza di una barzelletta triste e patetica, andata avanti troppo a lungo.
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