TITOLO ORIGINALE: Noi anni luce
USCITA ITALIA: 27 luglio 2023
REGIA: Tiziano Russo
SCENEGGIATURA: Isabella Aguilar, Federico Sperindei, Serena Tateo
CON: Carolina Sala, Rocco Fasano, Caterina Guzzanti, Fabio Troiano
GENERE: drammatico, commedia, sentimentale
DURATA: 103 min
Presentato fuori concorso al Giffoni Film Festival 2023
Con Noi anni luce, Tiziano Russo - già autore della quinta stagione di Skam Italia -, in concerto con sceneggiatori ed interpreti, sembra volersi ingraziare e richiamare (invano?) al cinema gli spettatori da divano, i fan e i fruitori affezionati proprio di prodotti come Skam, proponendo tuttavia la formula del “sick romance movie” nella sua conformazione estetica e narrativa più tipica e blanda. Per fortuna, ci sono la dedizione, la credibilità e la sinergia dei volti a coinvolgere un minimo e a regalare qualche vibrazione ad una pellicola che è soltanto l'ennesima, dimenticabile variazione sul tema.
È sempre lungo le (im)previste e(d im)prevedibili vie del destino che si muovono e consumano tutte quelle storie di ragazzi affetti da malattie rare, genetiche o terminali che, proprio nel momento in cui tutto sembrerebbe perduto, trovano un’anima gemella, anch’essa malata oppure no, a cui e con cui strappare ancora qualche respiro; grazie a cui trovare quasi una sorta di temporanea panacea, prima dell’inevitabile, o, sempre per destino, prima di trovare un rimedio, una cura, un elisir.
Allo stesso tempo, queste storie - riassumibili nelle didascaliche etichette di “sick romance movie” o “weepie teen” - si misurano ed esprimono romanticamente nello spazio, sia esso una distanza obbligata, ma o proprio quell’infinita e suggestiva volta celeste, dove i nostri vedono i segni o cercano una spiegazione pseudo-fenomenologica alla propria condizione fisica, sentimentale ed esistenziale.
È quindi per Colpa delle stelle se ci si incontra ed innamora follemente, stando A un metro da te o Sulla stessa onda, oppure diventando una Supernova - ossia sprigionando tutta la propria energia e cambiando l’universo (di chi gli o le sta vicino), prima di spegnersi per sempre - o ancora viaggiando e vivendo una vita ed una relazione ad (Noi) anni luce, perché il tempo è poco. Ma, visto l’apporto del destino, del caso, del fato, e della loro ingiustizia e crudeltà, in queste storie, viene spontaneo chiedersi: “mi avresti mai notata, se ci fossimo incontrati ad una festa?”, “ti piaccio perché sono malato?”.
Sono questi due interrogativi che vengono mossi, nell’unico attimo di apparente lucidità critica e consapevolezza quasi metatestuale (un po’ come accadeva già nel connazionale e fulgido Sul più bello), dal copione di Noi anni luce, scritto a sei mani da Isabella Aguilar (il prodromico Dieci inverni), Federico Sperindei (The Shift e Anni da cane) e Serena Tateo (già nota collaboratrice di gruppi comici del web, come i The Pills e i The Jackal).
Domande a cui, ovviamente, si risponde in modo giusto, docile e compiacente - come sono del resto (quasi) tutte le soluzioni e risoluzioni che adotta la pellicola -, ma che risvegliano, per un attimo, la curiosità di chi guarda rispetto a quelli che potevano essere (ma non sono stati) i reali interessi e le vere intenzioni di chi stava dietro il tavolo della sceneggiatura o dietro la macchina da presa. Domande che insomma risvegliano l’idea o la speranza che Noi anni luce potesse essere un altro, piccolo (ma pur sempre disteso e alla fin fine conformista) colpo di fulmine, come fu, agli inizi del 2020, il già citato Sul più bello di Alice Filippi - progetto purtroppo stroncato nelle ambizioni dall'arrivo dirompente della pandemia.
Una pellicola che decidesse pertanto di fare un po’ di ironia scanzonata, di essere un controcanto alternativo, e di fornire una versione e visione altra ed acuta di un filone che inizia e, così com’è, finisce pure oltreoceano. Il tutto, portando avanti e raccontando, al contempo, il solito intreccio amoroso adolescenziale, fatto di formule e situazioni tipiche, per mantenere intatti i margini di successo del progetto e renderlo comunque ed universalmente appetibile.
Viceversa, la pellicola di Tiziano Russo (già regista di videoclip, tra gli autori dell’ultima stagione di Skam Italia, uno dei più grandi fenomeni teen italiani, seppur di importazione) sembra fatta soltanto per ingraziarsi e richiamare (invano?) al cinema gli spettatori da divano, i fan e i fruitori affezionati proprio di prodotti come Skam, proponendo la formula “storia d'amore teen con malattia” nella sua conformazione estetica e narrativa più tipica e blanda, senza contare gli omaggi e le citazioni più o meno intenzionali.
Inutile dire che il peccato originale sta tutto nella scrittura dei due protagonisti, di coloro che saranno destinati ad incontrarsi e ad innamorarsi perdutamente, i quali, in alcune scelte lessicali, nello slang, nonché nei riferimenti culturali che popolano i loro scambi, non riescono a dissimulare il loro essere prodotto drammaturgico e narrativo di menti e personalità di qualche generazione addietro. Non aiuta, a sua volta, un racconto che percorre, senza detour significativi o vere zone d’ombra, un itinerario ben preciso, rudimentale e fin troppo scontato negli sviluppi e negli esiti, che sembra fare (involontariamente) di tutto per far apparire Elsa ed Edo - questi i nomi dei due ragazzi - perfetti ingranaggi e veicoli emotigeni di un meccanismo artificioso e ben oliato di pesi e contrappesi.
Sarebbe stato meglio, o comunque avrebbe forse donato più personalità alla pellicola, assecondare pienamente e in via definitiva la strada del genere puro (come faceva il succitato Supernova): del road movie magari dai risvolti criminosi e a sfondo latino, valorizzando i luoghi, l’atmosfera e gli incontri. Tutti elementi che sono, sì, presenti, ma subordinati incondizionatamente al ritratto intorpidito e privo di grande carattere dell’individualità dei due malati.
Così facendo, Noi anni luce avrebbe potuto (ma anche no) emozionare, e non solo coinvolgere. Costruire qualcosa di solido, non lasciando l’incombenza di decidere le sorti affabulatorie, di regalare qualche vibrazione, se non proprio di “fare il film”, alla dedizione, sinergia e credibilità degli interpreti: di una Carolina Sala sempre più Barbora Bobuľová, molto giusta ma ancor non completa espressivamente, di un Rocco Fasano molto interessante e sempre più emo-divo italiano alla Pattinson vecchia maniera, di una Caterina Guzzanti incredibilmente misurata, e di un Fabio Troiano che riesce a far coesistere nella sua interpretazione un sopito e raffreddato calore paterno e i segni di una vita da latitante.
Che poi sarebbe più corretto dire e scrivere fare un(!) film, perché questo è Noi anni luce: soltanto una dimenticabile variazione sul tema.
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