TITOLO ORIGINALE: Five Feet Apart
USCITA ITALIA: 21 marzo 2019
USCITA USA: 15 marzo 2019
REGIA: Justin Baldoni
SCENEGGIATURA: Mikki Daughtry, Tobias Iaconis
GENERE: drammatico, sentimentale
Ispirandosi alla biografia di Claire Wineland, Justin Baldoni dirige un teen-drama, appartenente al filone degli weepie, dalle ottime premesse ed intenzioni ma che, purtroppo, si perde in una progressione che sa di già visto e dalle soluzioni narrativi fin troppo prevedibili ed artificiose. A risollevare una sceneggiatura abbastanza blanda, un duo di interpretazioni veramente ottime ed un comparto tecnico consapevole e corretto.
Claire Wineland era una ragazza affetta da fibrosi cistica. Che cos’è la fibrosi cistica? Detto in breve, una malattia genetica recessiva e mortale che colpisce le cellule competenti nella produzione di muco. A causa di ciò, il muco denso finisce nei polmoni, provocando nel paziente affetto innumerevoli sofferenze anche solo nella semplice respirazione. Nel 2019, sull'argomento e basandosi proprio sulla biografia della Wineland è stato prodotto un film dal titolo A un metro da te che vede come protagonista Stella Grand, niente meno che una versione filmica della stessa Claire. Come quest’ultima, anche Stella è affetta da FC e, nel suo tempo libero, risulta molto attiva sui social, in particolare su YouTube - dove, quotidianamente, carica video in cui parla di sé e di cosa vuol dire vivere con la malattia. Da un po’ di tempo ormai, Stella è ricoverata in ospedale per essere una dei tester per una nuova cura che potrebbe alleviare le condizioni dei malati di FC.
La ragazza è degente insieme al suo migliore amico, Poe, anche lui affetto dalla stessa malattia. Tutto sembra procedere come d'abitudine quando un giorno, in ospedale, viene ricoverato Will Newman, ragazzo affetto da una delle molteplici varianti della malattia che, malgrado le proprie condizioni, non sembra interessarsi ed impegnarsi nella terapia. Con l’intento di aiutarlo nel seguire rigorosamente il proprio trattamento, Stella si innamora ben presto del ragazzo nuovo. C’è solamente un problema: essendo affetti da FC, entrambi sono costretti a rimanere distanti due metri l'uno dall'altro per ridurre il rischio di infezioni crociate (infezioni batteriche da altri pazienti con la stessa malattia) che potrebbero essergli potenzialmente fatali. Justin Baldoni firma la regia di un film che, almeno sulla carta, parrebbe essere uguale a molti altri nel panorama teen-drama e nel filone dei weepie (strappalacrime) adolescenziali . Per certi versi A un metro da te è proprio così. Tuttavia, pur con tutti i suoi difetti e scivoloni colossali, la pellicola riesce a non minimizzare l’umanità e normalità del malato e a regalare un briciolo di speranza e positività allo spettatore una volta ultimata la visione - a differenza di altri prodotti sul genere.
Dietro la macchina da presa, il regista mette in piedi una direzione corretta e nella norma, senza movimenti di macchina arditi o particolarmente ricercati. Il suo lavoro è completamente asservito alla narrazione della vicenda e del dramma vissuto dai protagonisti - che diventano il comune denominatore di ogni singola inquadratura. Il comparto tecnico è completato, in seconda battuta, da una fotografia accesa e vivace, da un montaggio regolare e da una colonna sonora indie commovente e toccante (base costitutiva dell’anima emotiva della produzione) che, uniti alla regia, imbastiscono sequenze memorabili nel complesso. Detto ciò, purtroppo, i veri problemi della pellicola riguardano narrazione e gestione di racconto e personaggi. Anche se lodevole nell'intento di far conoscere ad un vasto pubblico, con perizia e cura maniacale dei dettagli, realtà e quotidianità dei malati di fibrosi cistica, la sceneggiatura di Mikki Daughtry e Tobias Iaconis pecca di fin troppa derivatizzazione. Non considerando il contesto preso in esame, la scrittura di A un metro da te deve gran parte del suo processo creativo e delle proprie soluzioni narrative a successi commerciali del filone weepie come Colpa delle stelle. Difatti, una struttura e progressione fin troppo classica e semplicistica degli eventi lascia spazio ad una successione inarrestabile di cliché con caratterizzazioni stereotipate e prevedibili, una messa in scena dalla retorica ingenua e risvolti canonici.
Nonostante questa semplicità nella costruzione delle figure principali ed alcune forzature ed artificiosità riguardanti alcune loro decisioni e comportamenti, l’empatia ed immedesimazione con Stella, Will e Poe è massima e costante per tutta la durata del racconto. Inoltre, l’impossibilità di contatto e di una relazione vera e propria a causa della malattia viene resa in maniera così convincente da dialoghi, messa in scena ed interpretazioni da venire quasi interiorizzata dallo spettatore. Nondimeno, proprio questo leit motiv narrativo è la causa primaria e fondante di alcune scene leggermente incoerenti che si scontrano con lo scopo comunicativo generale della produzione. A risollevare la qualità di una sceneggiatura a dir poco blanda, ci pensano una Haley Lu Richardson ed un Cole Sprouse così in parte da fondersi interamente con i propri personaggi.
Con A un metro da te, Justin Baldoni dà vita ad una rappresentazione accorta e premurosa della realtà concernente la fibrosi cistica e i suoi pazienti che, in Claire Wineland prima e in Stella Grand poi, hanno visto delle vere e proprie lottatrici. Eppure, una maggiore originalità nella trattazione e nello sviluppo del racconto avrebbe bilanciato un comparto tecnico snello ma con cognizione di causa, un soggetto innovativo per quanto riguarda il filone del dramma e weepie adolescenziale ed un cast parecchio ispirato.