TITOLO ORIGINALE: Ruby Gillman, Teenage Kraken
USCITA ITALIA: 5 luglio 2023
USCITA USA: 30 giugno 2023
REGIA: Kirk DeMicco
SCENEGGIATURA: Pam Brady, Brian C. Brown, Eric DiGuiseppi
CON LE VOCI DI: Lana Condor, Jane Fonda, Toni Collette, Annie Murphy
GENERE: animazione, avventura, commedia, fantasy
DURATA: 90 min
Presentato al Festival internazionale del film d'animazione di Annecy
Reduce dall’inaspettato e grandioso Il gatto con gli stivali 2 - L’ultimo desiderio, DreamWorks Animation torna al cinema con un'avventura più formulaiaca ed essenziale, ma non meno degno di nota dal punto di vista visivo e della realizzazione animata. Tra la stop motion in plastilina della Aardman e il nostrano Benito Jacovitti, Ruby Gillman, la ragazza con i tentacoli sta in superficie, mai imbarcandosi in acque inesplorate e poco sicure, tentando nuove rotte e geografie di significato, ed esplorando le profondità abissali delle sue possibilità. E la solita provocazione anti-disneyana iconoclasta ed irriverente da cui parte finisce per rimanere tale.
Buono o no, giusto o meno, Ruby Gillman, la ragazza con i tentacoli svela tutte le proprie carte nei suoi primissimi minuti. In un prologo abbastanza classico in cui la solita voce narrante (che poi si scoprirà appartenere ad un personaggio interno alla storia e abbastanza centrale nei suoi sviluppi) introduce lo spettatore al mondo diegetico e racconta brevemente i meccanismi che ne regolano l’esistenza e il funzionamento.
In questa prima sequenza di cornice, in particolare, il film di Kirk DeMicco - il 45° dell’ultradecennale, splendida corsa di DreamWorks Animation - getta a chi guarda una provocazione. La stessa che ne ha presumibilmente descritto la spinta, l’esigenza produttiva, che ne ha informato la comunicazione, e attorno a cui ruota, alla fin fine, tutta la sostanza del copione scritto da Pam Brady (anche soggettista), Brian C. Brown ed Eric DiGuiseppi.
Infatti, com’è sempre stato di casa alla DreamWorks fin dai tempi del primo Shrek, Ruby Gillman, la ragazza con i tentacoli vuole ribaltare le nostre certezze, prendersi gioco del nostro immaginario, e spingerci a riconsiderare un’idea, uno stereotipo, un sentimento, magari pure di nostalgia, con un occhio più ironico, beffardo, consapevole, e da un punto di vista - diciamo così - inedito.
L’inconfutabile tempismo del rilascio nei cinema, quasi da pseudo-instant movie, è parte integrante di questo discorso. La pellicola esce infatti a poche settimane di distanza dal remake live action de La sirenetta, che ha riportato sul grande schermo, in una veste nuova ed estesa, il classico Disney di fine anni ‘80. E proprio dal mito e dall’iconismo di quel film (ed inevitabilmente di quest’ultimo rifacimento) prende il via questo, ché ne è di fatto un controcanto dissacrante. Come dissacrante è la rappresentazione che DeMicco & co. fanno delle sirene, nel capolavoro disneyano esseri incantati, puri, positivi, qui invece creature infide, sleali, malvagie, temute, stregonesche.
La protagonista (come anticipa il titolo) non può che essere allora la controparte, l’antagonista ideale delle sirene, o, per dirlo in termini Disney, la Ursula di turno. Vale a dire un mostro degli abissi, più precisamente, un kraken gigante, solo negli abiti e con la personalità di una teenager, Ruby Gillman appunto, un po’ nerd, intellettualmente brillante e precoce, ma negata nelle relazioni e nelle convenzioni sociali degli umani, nel cui mondo si nasconde da tutta la vita, dissimulando, negando o, meglio, “omettendo” la propria vera natura, come disposto dai bonari, ma irreprensibili genitori.
Prevedibilmente però, a seguito di una serie di fortuiti eventi, la nostra finirà per subire ed assecondare il richiamo del mare, dei propri parenti mai conosciuti, così come del proprio retaggio familiare, scoprendo che, se entra a contatto con l’acqua, può trasformarsi in un essere dagli eccezionali superpoteri, col rischio non solo di incappare nella diffidenza e nella discrimazione (anche violenta) degli umani, ma anche di entrare nel mirino di un’antica nemica di famiglia.
Se questo incipit narrativo vi suona quanto meno proverbiale e tipico, nonché alquanto estraneo alla provocazione di base, sappiate che quel che segue e compone i complessivi 90 minuti di racconto sono ancor più formulaici ed essenziali, per non dire basilari ed indolenti. Come avviene nella quasi totalità dei casi, la provocazione rimane tale e l’intenzione iconoclasta (seppur relativamente innocua) ed irriverente nei confronti della figura della sirena resta, di conseguenza, circoscritta alla premessa, all’illuminazione di base, a quello che (esagerando) si potrebbe ritenere quasi un ritorno ad una deformazione classica, se non addirittura omerica, del soggetto. Allo stesso tempo, si rivela formulaica (peggio di un’equazione aritmetica), compilativa e alla lunga tediosa, la maniera in cui è concepita e messa in scena la componente teen, di per sé primaria e fondamentale, della storia, e i suoi protagonisti.
A differenza, infatti, di quanto farà Ruby Gillman nella sua avventura per i sette mari, quello di DreamWorks è un tentativo che, come già anticipato, sta in superficie e forse si accontenta dell’elementarità del proprio intreccio e della sua affabulazione, mai imbarcandosi in acque inesplorate e poco sicure, tentando nuove rotte e geografie di significato, ed esplorando le profondità abissali delle sue possibilità. Se così non bastasse, si arriva anche a ripercorrere e a citare palesemente, senza alcun secondo fine od intento metatestuale, ciò che inizialmente aveva disposto di profanare e demistificare, o addirittura a riproporre, per filo e per segno, allegorie di recenti produzioni di questa “concorrenza”, come dimostra il nesso, già sperimentato in Red, tra la mostruosità svelata della protagonista e tutti i cambiamenti e lo sviluppo puberale che teoricamente dovrebbe star attraversando o attraverserà il target di riferimento del film.
Convincono inoltre molto poco l’ambiguità caratteriale di fondo della stessa Ruby, che non ottiene mai una sintesi, una summa, un equilibrio ragionevole, e ancor meno il sottoutilizzo che si fa di tutte quelle presenze marginali e di contorno che, in prodotti del genere, sono spesso in grado di spostare favorevolmente l’ago della bilancia e fungere da importante fattore per la memorabilità e l’attrattiva della pellicola e del suo universo.
Seppur imprigionata in una sceneggiatura insieme demodé, aggrappata a situazioni, dialoghi, scelte, spunti comici di dieci, quando non venti anni fa (le battute sulle stranezze del Canada, un retaggio del lavoro di Pam Brady in South Park, fanno ancora ridere? E che dire di quelle sui gattini…); e pienamente attuale (nel bene e nel male, nei lampi di genio e nelle ingenuità sofferte, nel tirare in ballo e descrivere nuove figure e nuovi impieghi digitali come lo streamer e l’influencer, nei rapporti di genere e nel trattamento delle figure maschili); DreamWorks conferma tuttavia l’assoluta ispirazione del comparto tecnico e animato.
Reduce dall’inaspettato e grandioso Il gatto con gli stivali 2 - L'ultimo desiderio, tra gli apici del recente corso dell'animazione occidentale, la casa opta questa volta per un tratto più sobrio, immediato, plasticoso rispetto alle suggestioni, combinazioni, recuperi e rivelazioni della precedente avventura, ma non per questo meno degno di nota. Il riferimento, in questo caso, è ai vecchi fasti della stop motion in plastilina della Aardman di Galline in fuga e Wallace e Gromit, ma si può scorgere, specie nel character design, anche qualcosa del nostro Benito Jacovitti.
Quello che però più colpisce e corteggia l’occhio sono i fondali, l’ideazione e la realizzazione visiva ed atmosferica del mondo sottomarino e di quello di superficie in cui si ambientano le vicende, i quali, di concerto con la bella colonna sonora tra electro-pop e lo-fi di Stephanie Economou, ben si accordano e sono in grado di riecheggiare e restituire congruamente le dimensioni e i toni delle due diverse tipologie di racconto che quivi hanno luogo: l’intimità del coming-of-age nella piccola e placida cittadina di Oceanside, e la meraviglia caleidoscopica e la virtuale infinità del fantasy tra le correnti, i palazzi regali subacquei, le neon bioluminescenze, e tutte le creature più o meno improbabili che vengono mostrate o anche solo accennate.
Sono, d’altronde, le immagini grandi e grandiose che DeMicco e il team di creativi ed animatori riescono a disegnare a distogliere il film da un destino ed una destinazione che sarebbero parsi altrimenti obbligati ed inevitabili. Non fosse infatti per la sua compiutezza e rotondità narrativa, Ruby Gillman, la ragazza con i tentacoli, per le basse ambizioni di quel che racconta, forse pure per il tema adolescenziale, si sarebbe prestato, in maniera quasi più naturale e senz’altro più fortunata, al formato, ai ritmi e alle proprietà della serialità televisiva e delle piattaforme streaming. Per sua fortuna, sfuggire al proprio fato, a volte, è possibile.
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