TITOLO ORIGINALE: Ms. Marvel
USCITA ITALIA: 8 giugno 2022
PIATTAFORMA/CANALE: Disney+
GENERE: azione, supereroi, dramma adolescenziale
N. EPISODI: 6
DURATA MEDIA: 38-50 min
La serie meno attesa del Marvel Cinematic Universe è anche una delle più sorprendenti. Settima produzione televisiva targata Marvel Studios, Ms. Marvel di Bisha K. Ali è un prodotto fresco, brillante, politico, un inno all'importanza del ricordo e della famiglia, una divertita ironia sul fandom, un ribaltamento dei canoni, delle convenzioni e degli archetipi della narrativa supereroistica, un’indiretta (auto)celebrazione della potenza d’immaginario dei Marvel Studios e dell’impatto dei loro brand e delle loro icone sul tessuto socio-culturale, ma anche e soprattutto il racconto della nascita di un'eccellente e nuova icona della contemporaneità, meravigliosamente interpretata da una Iman Vellani alla sua prima esperienza attoriale. Se non proprio la migliore serie MCU, Ms. Marvel è senz'altro quella che più e meglio di tutte ripropone fedelmente la filosofia, il calore, la vivacità e la vitalità dei Marvel Comics.
È finalmente arrivato il momento che tutti (non) stavano aspettando.
Pure se vivete sulla Luna, su un pianeta alieno o in una realtà plasmata da un ignoto sortilegio, avrete senz'altro notato quanto basse fossero l’attesa e le aspettative per Ms. Marvel, teen drama supereroistico ideato dalla cabarettista britannico-pakistana Bisha K. Ali e settima produzione televisiva targata Marvel Studios, con protagonista la prima eroina musulmana del variegato e sconfinato universo condiviso e crossmediale intessuto ed amministrato da Kevin Feige.
Difatti, eccetto forse gli appassionati della controparte fumettistica o gli amanti dei drammi adolescenziali (tra cui chi scrive), nessuno sapeva davvero cosa aspettarsi e quale strada avrebbero intrapreso la showrunner e lo sceneggiatore Freddy Syborn. Come se non bastasse, la serie non disponeva nemmeno di quel trasporto attoriale che avrebbe potuto quantomeno esaltare una fetta di pubblico più o meno estesa. Anzi, per Iman Vellani, l’attrice pakistano-canadese che veste i panni della protagonista Kamala Khan, ragazzina sveglia e precoce di Jersey City, si è trattata della primissima esperienza davanti ad una macchina da presa.
Eppure, una volta concluse le sei parti di quella che è una sorta di battesimo per un personaggio che ha e avrà ancora tanta strada all’interno del multiverso marvelliano e dei suoi imperscrutabili piani, non si può negare di trovarsi di fronte ad un prodotto nuovo, fresco, spiritoso, brillante, politico e, se non proprio perfetto (come lascerebbe intendere la traduzione araba di kamal), quantomeno meraviglioso (che, in urdu, guarda caso, si traduce proprio con kamal).
Meravigliosa, d’altronde, è la nostra amata e appassionata Iman Vellani, il cui casting è, senza ombra di dubbio, una delle migliori e più azzeccate scommesse dei Marvel Studios dai tempi di Robert Downey Jr., Chris Evans e Chris Hemsworth. Tutto di lei, dai lineamenti del volto al modo di porsi e alla capacità di bucare proverbialmente lo schermo; rimanda invero alle storie, alle tavole a fumetti e alla controparte cartacea creata e modellata da G. Willow Wilson e Adrian Alphona.
Del resto, è proprio la contagiosa joie de vivre - quella fantomatica e travolgente forza creativa ed esperienziale totalmente ignota alla Lucasfilm e alla sua galassia lontana lontana - che l'attrice pare trasmettere, quasi per osmosi, alle immagini di Adil El Arbi e Bilall Fallah, Meera Menon e Sharmeen Obaid-Chinoy, e al racconto ideato dagli stessi Ali e Syborn insieme a AC Bradley, Matthew Chauncey, Kate Gritmon e Fatimah Asghar, la chiave vincente di Ms. Marvel, che, sempre ribadendo la varietà di proposta, la sperimentazione con generi e linguaggi su cui sembra fondarsi segnatamente la Fase 4 del Marvel Cinematic Universe, arricchisce l’universo di Thor & co. con un prodotto che non è giovanile soltanto per far breccia nei cuori di una fetta di pubblico ben precisa, ma che anzi parla con i giovani, come i giovani e attraverso i modi e i canali prediletti dai giovani. Di una serie, dunque, che è giovanile in modo diretto, veritiero, senza ammiccamenti forzati o di circostanza, tra meme, social network, filtri Instagram, TikTok ed una colonna sonora indovinatissima, inserita sempre al punto giusto.
Non solo, quello di Bisha K. Ali è anche uno dei primi, se non il primo inserto dell'universo Marvel incentrato sul racconto di una persona comune o, più specificatamente, di una ragazzina dai problemi e dal ritmo di vita del tutto ordinari, che - come tutti i giovani fan delle meraviglie marvelliane fuori e dentro lo schermo - guarda con ammirazione, fascino e convinzione i propri idoli.
Un racconto che veste gli abiti e diventa poi una divertita ironia sul fandom, con i suoi dibattiti infervorati ed improbabili e i suoi inside jokes, un ribaltamento dei canoni, delle convenzioni e degli archetipi della narrativa supereroistica, oltre che, di riflesso, un’indiretta (auto)celebrazione della potenza d’immaginario dei Marvel Studios e dell’impatto dei loro brand e delle loro icone sul tessuto socio-culturale.
Ciò detto, Ms. Marvel è però innanzitutto un teen drama estremamente corretto che, come ogni rispettabile esponente del filone, affronta le cause e le conseguenze di un cambiamento repentino, involontario e solo inizialmente sconvolgente (di quelli insiti nella crescita e nell’età puberale, trasfigurati ora in un gigantesco panda rosso, ora in un insieme di poteri dalla natura e dalla portata ignote), e trova i motivi del proprio successo e la via del coinvolgimento del grande pubblico nella scrittura e nella resa a schermo delle interazioni e dei rapporti tra i vari personaggi, specie tra la protagonista e la sua famiglia (interpretata magnificamente da Zenobia Shroff, Mohan Kapur e Saagar Shaikh).
A tal proposito, mai come in questo caso, la penetrazione nella realtà familiare e nel contesto di origine è così vitale ai fini narrativi e discorsivi, in quanto ciò che più interessa alla serie di Bisha K. Ali è mettere in scena la nascita e l'ascesa (in termini di immaginario) di un'eccellente icona della contemporaneità.
Non a caso, l’intreccio si trasferisce per una manciata di episodi nella terra natia di Kamala e i suoi antenati, il Pakistan, sospendendo l’anima più frizzante, creativa, citazionista e divertita della serie (che torna giusto in tempo per il finale), per portare il tutto invece su binari drammaturgici ben più posati, riflessivi, introspettivi, tra flashback patetici e memorie sbiadite. Come insegna il manuale base dello sceneggiatore, un viaggio fisico diventa perciò un viaggio spirituale ed intimo di presa di coscienza delle proprie origini e del passato, delle gioie e dei dolori (leggasi la Partizione) della propria famiglia, per guardare al futuro e affrontarne le minacce con maggior serenità, consapevolezza e ottimismo, in un vero e proprio inno all'importanza del ricordo e della famiglia che arriva forte e chiaro al concludersi di ogni episodio. O, se preferite, in una matrioska di origin story.
Ecco perché stroncare o definire mediocre Ms. Marvel per la facilità di alcuni risvolti di trama e caratterizzazione, per le inettitudini di alcune sequenze più prettamente action (che comunque funzionano meglio di quelle del precedente Moon Knight), per una computer grafica che mostra spesso il fianco alla natura televisiva del progetto o per un montaggio non sempre ottimale, significa compiere uno sgarbo facile e gratuito ad una serie che risuona di tante storie passate, presenti e (ahinoi) future, e che partorisce ed individua nella “perfetta e meravigliosa” Kamala Khan la rappresentante ideale, il fulmine energetico, frizzante, giovane, fresco, femminile, per un’intera generazione e un intero mondo che, fino ad oggi, sono sempre stati snobbati e tenuti ai bordi dell’inquadratura da un’industria che "traffica" in immaginario e rappresentazione.
Un’industria che ha finalmente capito che il male vero o, in questo caso, il vero nemico, quello da portare sotto i riflettori e combattere - in calzamaglia e non - si annida sotto i nostri piedi, più vicino pensassimo (e pensassero), in quegli Stati Uniti che dovrebbero servire e proteggere (e accogliere), ma che in realtà reprimono, stanano, dividono, cacciano, uccidono. Parliamo di un male dannoso, virale, viscerale, astioso, retrogrado, il cui più grande antidoto sono, come ben cristallizzano Adil El Arbi e Bilall Fallah in una delle ultime sequenze del finale, la fratellanza, la solidarietà, l’amore, l’amicizia.
Sì, potrà anche sembrarvi un discorso modesto, puerile, elementare, ma è anche quello di cui, ora come ora, abbiamo più bisogno. E poi non sarà certo questa retorica facile ma inderogabile ad escludere o revocare la potenza futuribile ed iconica di Iman Vellani e della sua Kamala Khan, e la freschezza, il carattere giovane e rinvigorente, il cuore, la sensibilità se non della migliore serie MCU (WandaVision regna ancora indefessa), di quella che più e meglio di tutte ripropone fedelmente la filosofia, il calore, la vivacità e la vitalità dei Marvel Comics. To be continued…
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