TITOLO ORIGINALE: Moon Knight
USCITA ITALIA: 30 marzo 2022
REGIA: Mohammed Diab, Justin Benson, Aaron Moorhead
PIATTAFORMA/CANALE: Disney+
GENERE: azione, supereroi, thriller, avventura
N. EPISODI: 6
DURATA MEDIA: 35-40 min
Sesta iniziativa seriale targata Marvel Studios, Moon Knight traspone sul piccolo schermo uno degli antieroi minori dell'universo fumettistico della Casa delle Idee in un incontro tra un action psycho-thriller a tema supereroistico e un adventure movie figlio di Allan Quatermain, Indiana Jones, La mummia e Tomb Raider, con variazioni sul paranormale e il fantastico più puro e derive talora gaimaniane. Purtroppo però, Moon Knight è ben lontana dall’essere un American Gods in salsa marvelliana. Anzi, in questa miscela di stimoli, influenze e riletture, la serie perde di vista la propria identità, lanciandosi in un viaggio schizofrenico ed instabile come il suo protagonista, che, superati i primi due episodi e ad eccezione del penultimo, non regala altro che delusioni. O meglio, alcuni dei tentativi più stanchi e cerei della recente odissea supereroistica.
Tante cose si potrebbero dire a proposito di Moon Knight. Alcune, seppur già ampiamente dette, è bene ribadirle. In primis, si tratta della sesta serie televisiva targata Marvel Studios che va ad arricchire il catalogo di Disney+. In secundis, ha a che vedere con uno dei personaggi minori, d’appendice, di serie B, se non C, dei Marvel Comics; uno di quelli che solo i fan duri e puri conoscono, nato, tra le pagine di Werewolf by Night, dalla penna di Doug Moench e Don Perlin nell’agosto 1975, e rispolverato/rivitalizzato solo di recente.
In tertiis, segna il debutto, nel ricco e vasto Marvel Cinematic Universe, di altri due grandi volti attoriali. Da un lato, di Oscar Isaac, qui chiamato ad interpretare Steven Grant, coltissimo, appassionato e bizzarro commesso museale, afflitto da un disturbo dissociativo dell'identità che lo porta a condividere il proprio corpo con la personalità di Marc Spector, un ex mercenario che ha stretto un patto con un dio egizio, ottenendo così i poteri del Cavaliere della Luna, protettore dei viandanti notturni. Dall’altro, di un Ethan Hawke inedito nei panni di Arthur Harrow, leader sibillino e mellifluo di una setta fedele al culto della dea (sempre egizia) Ammit e alla sua missione giustizialista, che intende risvegliare quest’ultima per fare della Terra un posto più equilibrato e onesto.
Infine, stiamo parlando di uno dei prodotti più interessanti e attesi dell’universo multimiliardario patrocinato e supervisionato da Kevin Feige. E questo, soprattutto, perché Moon Knight è forse una delle figure più affascinanti, oscure, ma soprattutto cinematografiche dell’immenso calderone di eroi ed antieroi di cui si compongono le pagine a fumetti della Casa delle Idee. Un personaggio agitato da un forte conflitto interiore, che ben si accorda con i toni e i temi del thriller psicologico o, addirittura, dell’horror soprannaturale; strettamente legato alla cultura e all’immaginario egiziani, di cui risente sotto forma di forti influssi iconografici e iconologici, dunque al genere avventuroso; ma che ciononostante opera principalmente a New York, in un contesto suburbano e metropolitano, perfetto perciò per un racconto tipicamente noir e hard boiled, duro, spietato, maturo.
Ebbene, la serie ideata da Jeremy Slater e diretta, per metà, da un regista (egiziano) da festival, impegnato socialmente, come Mohamed Diab, e, per l’altra, dal più convenzionale duo Justin Benson/Aaron Moorhead cerca di non lasciare imbattuta nessuna di queste possibili strade, costruendo ed escogitando un intreccio che, in qualche modo, presenti uno o più elementi riconducibili a quello o quell’altro filone.
Vi è pertanto una vera e propria discesa nelle profondità più inquietanti e misteriose della psiche umana, tra allucinazioni, black out, smarrimenti, deliri paranoici ed un gigante con la testa di falco che insegue il nostro Steven/Marc per le strade di Londra (che sostituisce la New York dei fumetti), ma pure una trasferta tra le sabbie dell’Egitto, con tanto di piramidi, antiche tombe da saccheggiare, trappole, divinità incollerite o caritatevoli ed esseri deformi a protezione di segreti polverosi.
Un mix, insomma, tra un action psycho-thriller a tema supereroistico, come avrebbe dovuto essere il Venom di Ruben Fleischer, e un adventure movie figlio di Allan Quatermain, Indiana Jones, La mummia e Tomb Raider, con variazioni sul paranormale e il fantastico più puro e derive talora gaimaniane.
Purtroppo però, Moon Knight è ben lontana dall’essere un American Gods in salsa marvelliana. Anzi, in questa miscela di stimoli, influenze e riletture (pure del canone fumettistico), la serie perde di vista la propria identità, lanciandosi in un viaggio schizofrenico ed instabile, come il suo protagonista, che, superati i primi due episodi (tra il buono e il discreto) e ad eccezione del penultimo (che azzecca la drammaturgia, ma arriva fin troppo in ritardo), non regala altro che delusioni. O meglio, alcuni dei tentativi più stanchi e cerei della recente odissea supereroistica.
Verrebbe da dire, infatti, che il più grande nemico di Moon Knight non sono tanto Harrow - che, malgrado Ethan Hawke faccia di tutto per renderlo minaccioso, si schianta contro il muro di una scrittura convenzionale, omologata a quella di quasi tutti i villain Marvel - o il fatto di doversi scontrare con le restrizioni di un universo che ammette, al massimo, un PG-13, bensì sé stessa, l’unica e sola capace di far coesistere, nella stessa inquadratura, una risorsa che avrebbe potuto farla spiccare ed un’imbarazzante, quasi dilettantistica nota di demerito.
È dunque possibile assistere, contemporaneamente, ad alcuni degli effetti visivi più orrendi e maldestri mai proposti da un prodotto Marvel Studios e ad alcune delle migliori performance di Oscar Isaac: un volto di per sé estremamente ambiguo e, di conseguenza, azzeccatissimo per il ruolo che - un po’ come Cumberbatch nel Multiverso della Follia, ma in modo ben più evidente e palpabile - si impegna ad animare e caratterizzare più versioni di sé e del proprio personaggio, dall’impacciato, singolare, spesso sopra le righe, e, soprattutto, british Steven, al tormentato, intenso, furioso e statunitense Marc. Oppure ad un interessante risvolto di trama, tuttavia completamente rovinato da una concezione action sgangherata, indigente e sconclusionata. O, al contrario, ad un esempio flagrante di scrittura pigra ed intorpidita per raccontare un evento che potrebbe potenzialmente sovvertire, dalle fondamenta, l’universo cinematografico di Kevin Feige & co.
Per recuperare il proverbiale mito di Icaro, Moon Knight vorrebbe puntare in alto. Lo dimostra nella scelta (sprecata, a conti fatti) di ottimi interpreti, ai quali ci sentiamo di aggiungere May Calamawy, nel cui ruolo si riesce a scorgere la direzione che la serie avrebbe dovuto intraprendere, e il compianto Gaspard Ulliel, di cui si riesce a rendere lezioso ed insulso pure l’in memoriam; nell’utilizzo spropositato e cinematografico di effetti visivi e motion capture, in un antagonista i cui fini, almeno sulla carta, avrebbero un’entità pari a quelli di Thanos, in un uso più audace, seppur conveniente e controllato, della violenza.
Ciò nonostante, le sue ali si sciolgono ben presto a fronte di una sceneggiatura spaesata, strutturalmente debole ed inventivamente limitata (un po’ come Loki, che riesce comunque ad ammaliare) e di una regia anonima ed altalenante che evita, in modo capestro, tutti quei momenti e quelle situazioni che avrebbero richiesto fin troppi sforzi da parte sia di un budget evidentemente scialacquato per il cachet degli attori e la realizzazione di un paio di creature in computer grafica, sia di una messa in scena che trova la sua zona di comfort tra i corridoi di un etereo ospedale psichiatrico, piuttosto che tra i tetti di una metropoli nordafricana o in templi svuotati di ogni atmosfera, suggestione o pericolo.
(De)concentrato com’è nel rincorrere uno standard che non potrà mai oggettivamente incarnare, Moon Knight finisce insomma per sostenere, seppur indirettamente, la posizione del suo villain. Tutti hanno infatti bisogno di un po’ di equilibrio, Moon Knight e le serie Marvel su tutti.
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