TITOLO ORIGINALE: 365 Dni: Ten Dzień
USCITA ITALIA: 27 aprile 2022
USCITA USA: 27 aprile 2022
REGIA: Barbara Białowąs, Tomasz Mandes
SCENEGGIATURA: Tomasz Klimala, Barbara Białowąs, Tomasz Mandes, Blanka Lipińska
GENERE: erotico, azione, drammatico, thriller
PIATTAFORMA: Netflix
Seguito del caso streaming polacco tratto dai libri di Blanka Lipińska, 365 giorni: Adesso riesce nell’impossibile compito di essere ancora più vuoto e sgradevole del precedente. La solita estetica pettinatissima ed una messa in scena languida, sospesa tra il videoclip e il video turistico, fanno da cornice ad una sceneggiatura che lascia intendere fin da subito quanto svogliata sia (e sarà) la scrittura di dialoghi, intreccio e personaggi. Una pellicola più simile, e ancora peggio dell'originale, ad un compendio vago ed incoerente di sequenze piccanti che, ad un’ora passata, si ricorda di dover raccontare qualcosa, e dà così il via ad un inconsistente triangolo amoroso che si chiude con una serie di risvolti criminosi e tragici che, di criminale e tragico, hanno veramente poco.
Non bisogna prendersela troppo, è solo quanto di più logico, se si pensa alla filosofia che guida una piattaforma come Netflix, che, se non proprio dalle origini, già da molti anni a questa parte, ha preferito insistere sulla quantità di proposte e su un infarcitura sempre più massiccia, sconfinata ed inevitabilmente caotica e frastornante del catalogo, piuttosto che su una scelta ponderata e qualitativa dei progetti che le vengono proposti.
In tal senso, 365 giorni di Barbara Białowąs e Tomasz Mandes, adattamento del primo romanzo di una trilogia, ad opera dell'autrice polacca Blanka Lipińska; è proprio l’esempio eccellente di questo discorso; una delle cieche scommesse distributive di Netflix; una di quelle che, a differenza di tante altre, è riuscita a trovare un respiro ed un pubblico internazionale di riferimento, quest'ultimo lasciato a bocca asciutta dopo la fine dei tre ben più pudici Cinquanta sfumature e forse troppo cresciuto per poter essere davvero interessato al coevo After. Un successo - dovuto essenzialmente alla chiacchiera, al passaparola, oltre che al furbo algoritmo della piattaforma - che ha poi reso possibile la realizzazione dei due seguiti letterariamente previsti.
Ed eccoci qui. 365 giorni: Adesso, l'attesa continuazione della travagliata, ipersessuata ed indubbiamente problematica storia di Laura, ragazza originaria di Varsavia, a suo tempo vittima e prigioniera di Massimo, boss mafioso di un influente famiglia siciliana, con il quale nasce però un amore travolgente, che, ciononostante, pareva stroncato nel finale (per certi versi, autoconclusivo) del primo film da un incidente mortale che coinvolgeva proprio la stessa Laura. Ma sembra che quanto successo sia ormai acqua sotto i ponti all’inizio di questo secondo capitolo, che riesce nell’impossibile compito di essere ancora più vuoto e sgradevole del precedente.
Scusateci allora se questa recensione vi potrà apparire alla stregua di un banale elenco di problemi e difetti, ma è davvero impossibile salvare qualcosa di ennesimo ed insulso tentativo di thriller erotico da parte del duo Mandes-Białowąs. Vi basti sapere che la china che prenderanno i 110 minuti complessivi (e di troppo) del film la si può intuire già dai suoi primi cinque minuti, dove la solita estetica pettinatissima ed una messa in scena languida, sospesa tra il videoclip e il video turistico - le stesse che ci accompagneranno fino ai titoli di coda, anche nei frammenti più drammaturgicamente “alti” e nelle sequenze più “action” -, fanno da cornice ad una sceneggiatura, scritta a otto mani dagli stessi Białowąs e Mandes e da Tomasz Klimala e Blanka Lipińska, che lascia intendere fin da subito quanto svogliata sia (e sarà) la scrittura di dialoghi, intreccio e personaggi. Una svogliatezza che mina seriamente, e prima di quanto auspicabile, la sopportazione e l’autocontrollo dello spettatore.
La trama di 365 giorni: Adesso - e la pellicola di conseguenza - semplicemente non esiste, è qualcosa che non si tenta neppure di rincorrere. Il film, infatti, dovrebbe teoricamente affrontare la vita matrimoniale di Laura e Massimo e la sua successiva incrinatura - cosa pure prevedibile, dal momento che il loro rapporto, un po’ come il film stesso, è vuoto, estenuante, deprimente, fondato solo ed esclusivamente su un sesso rabbioso e animalesco, giochi erotici sempre più spinti, una forma semplice di bondage e baci viscidi, esagerati, anch’essi animaleschi -, con lei (una Anna-Maria Sieklucka insignificante) che si accorge, come sempre accade in tutte le “parti seconde” di questo specifico filone, che lui è troppo possessivo, che la soffoca, non la valorizza abbastanza, la considera alla stregua di un oggetto da custodire e proteggere da tutto e da tutti; e lui (un Michele Morrone belluino come amatore, catatonico come gangster) che invece si limita a lanciare qualche “sguardo penetrante”, ammiccante e allusivo, e tentare invano di riparare questo loro rapporto con l’unica cosa che apparentemente sa fare: la risposta è retorica.
Insomma, Laura si accorge di Massimo per quello che è ed è sempre stato, ovvero un maschilista possessivo, egoista, vuoto e violento; e Massimo… no, Massimo, al di fuori di qualche occhiataccia ed un esilarante doppelgänger, non fa assolutamente nulla per tutto il tempo.
È davvero palese, al limite del disarmante, quanto nessuna delle quattro menti coinvolte nella sceneggiatura (probabilmente - azzardiamo - neppure la scrittrice dei libri) avesse né intenzione, né tantomeno voglia di comporre, non tanto un film mediocre e banale di messa in crisi, incomprensioni, litigi e ricostruzione finale (magari), ma se non altro un film sensato e compiuto.
E invece no, 365 giorni: Adesso si limita (e, in questo, è pure peggio del predecessore) ad un compendio vago ed incoerente di sequenze piccanti più nelle intenzioni, che nella concretezza della messa in scena, che levigano progressivamente, ancora una volta, il confine tra erotismo e pornografia; riempitivi frustranti e convenienti di un film che, ad un’ora passata, si ricorda di dover dire qualcosa e dà così il via, tra espedienti stupidissimi, dissolvenze al nero inutili e sequenze insensate, ad un inconsistente triangolo amoroso che coinvolge anche la new entry Nacho (interpretato da un Simone Susinna mai credibile nel ruolo di un personaggio scialbo alla stregua dei suoi colleghi), per poi virare ed infine chiudere il tutto con una serie di risvolti criminosi e tragici che, di criminale e tragico, non hanno veramente nulla.
Come scrivevamo all’inizio, non bisogna prendersela troppo con film come 365 giorni: Adesso. D’altronde, se prodotti del genere continuano a vedere la luce nonostante le critiche e l’indignazione amatoriale, una ragione deve esserci. Casomai, più che per la prevedibile inettitudine cinematografica, sarebbe forse meglio indignarsi per il modo in cui pellicole simili annullano tutto ciò che, in questi ultimi anni, si è ottenuto e cercato di ottenere in termini di rappresentazione ed emancipazione femminile, al cinema, in televisione e non solo, riportandole ad un qualcosa di bieco, spettacolare ed eccezionalmente sindromico.
Ad ogni modo, l’antidoto migliore contro fenomeni di questo tipo rimane sempre l’indifferenza, il rigetto del richiamo di un trash esautorato da qualunque accezione nobile o interessante. Di un trash che è solo e semplicemente spazzatura, per l’appunto. Ecco, fino a quando noi spettatori non impareremo l’arte dell’indifferenza, Netflix avrà ragione e 365 giorni avrà senso di esistere.
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