TITOLO ORIGINALE: Moonfall
USCITA ITALIA: 17 marzo 2022
USCITA USA: 3 febbraio 2022
REGIA: Roland Emmerich
SCENEGGIATURA: Roland Emmerich, Spenser Cohen, Harald Kloser
GENERE: azione, fantascienza, fantastico, avventura, catastrofico
Dopo l'excursus bellico di Midway, il re del disaster movie Roland Emmerich torna al filone catastrofico e fantascientifico con Moonfall, un film che non ha più voglia, né bisogno di aggiornare i luoghi comuni della propria filmografia al senso odierno o di portare una nota di freschezza ad un racconto che sembra uscito direttamente dagli anni '90. Emmerich opta allora per una sorta di greatest hits della propria carriera e di quella di molti suoi colleghi, nel segno del lavoro e delle teorizzazioni dell’astronomo e astrofisico Carl Sagan. Quello che resta subito dopo la visione è pertanto l'impressione di un film che tenta ripetutamente di trascinare a sé lo spettatore, ponendogli di fronte scenari sempre più apocalittici e distruttivi, tuttavia disinnescati nelle intenzioni e nei risultati dalla soverchiante impressione di trovarsi di fronte ad un déjà-vu che non ha nemmeno il potere di alzare lo spettatore dal divano di casa.
Avevamo l’esigenza di un altro disaster movie di Roland Emmerich (Independence Day, 2012, The Day After Tomorrow)? Vi era davvero l'urgenza del nuovo film di colui che, per citare Gabriele Niola, è riuscito ad ottenere tutto quello che di solito si dà agli autori, solo ed esclusivamente grazie ad un sottogenere ormai trattato da pochissimi (chissà perché) ad Hollywood? La risposta, manco a dirlo, è no, specie dopo il disastro vero e proprio che sono stati questi ultimi due anni e mezzo e che continua sulla scia di una pandemia globale, di guerre che mai avremmo pensato potessero esplodere così, in questo momento, con questa gravità, e di scenari che ci hanno ricordato quanto sia importante non dare mai nulla per scontato.
Sì, suonerà un po’ enfatico e moralista, ma, davvero - e lo dimostra il flop al botteghino statunitense -, Moonfall (con la retorica filantropa, umanista, fiduciosa, conciliante, tipica di Emmerich) o, più in generale, il tipo di cinema a cui si rifà sono forse ciò di cui meno sentivamo la mancanza in questo esatto momento storico. Indifferenza che non preclude tuttavia che un film del genere possa piacere o, se non altro, essere l'ottimo divertissement per una serata a base di popcorn e qualche (sporadica) risata in faccia alla fine di tutto.
Tanto più che, come nel caso di Occhiali neri di Dario Argento (scrive bene Rocco Moccagatta sulle pagine di FilmTV), ci troviamo di fronte ad un’opera “farsesca e sublime”, forse più farsesca che sublime. Laddove infatti Argento si dimostra disinteressato a tutto quello che ha contribuito a rivoluzionare, sovvertire ed istituire (l’intrigo, i risvolti giallisti, la scoperta dell’assassino), il Roland Emmerich di Moonfall non ha più voglia, né bisogno di aggiornare i luoghi comuni della propria filmografia al senso odierno, di portare una nota di freschezza ad un racconto che sembra uscito dai primi anni 2000, o anche solo di aprirsi a vie nuove della fantascienza o, più nello specifico, di quello stesso disaster movie di cui è, da sempre, uno dei massimi esponenti.
Quello in cui si imbarca il regista di Independence Day è allora una sorta di greatest hits della propria carriera - dalla completa devastazione della superficie terrestre, tra onde giganti, meteoriti, terremoti, passando per insabbiamenti governativi, invasioni di alieni, grandi cospirazioni e buffi cospirazionisti, fino ad arrivare alla genesi dell’uomo - e di quella di molti suoi colleghi (Kubrick, Spielberg, Zemeckis, Nolan, Michael Bay, Lars Von Trier, le sorelle Wachowski, giusto per citarne alcuni). Il tutto, nel segno del lavoro e delle teorizzazioni dell’astronomo e astrofisico Carl Sagan (citato apertamente), uno dei maggiori rappresentanti dello scetticismo scientifico, nonché principale divulgatore dell’idea che la luna di Saturno, Titano, e la luna di Giove, Europa, possiedano oceani sulla o sotto la superficie che ospitano microbi extraterrestri estremamente resistenti.
Ciò nonostante, diversamente da Occhiali neri - in cui Argento conduce comunque un’interessantissima riflessione sullo sguardo -, Moonfall, in quanto film delle intenzioni più spettacolari, si rivela niente più che un blando compendio di cliché della fantascienza che Emmerich mal integra tra di loro in una trama che salta di palo in frasca, dal disaster movie più puro, all’action sci-fi epico ed epicizzante, come nulla fosse, trattando ed inquadrando tutto allo stesso modo, con lo stesso sguardo, avvizzito, indolente, impassibile. Aspetto che si riversa poi inevitabilmente sull’esperienza filmica in sé e per sé, tratteggiata dalle classiche provocazioni stilistiche di Emmerich, regolata da un montaggio davvero incostante ed allietata da alcuni green screen a dir poco tremendi (specie nei segmenti ambientati sulla Terra).
Non solo, come da tradizione in materia di disaster movie, il destino del mondo si intreccia con le storie individuali e private di coloro che diverranno poi i salvatori, gli eroi, i paladini dell'umanità nella lotta contro Dio. E Moonfall non fa certo eccezione, puntando, al contrario, tutta la propria vis emotiva ed emozionale sulle vicende e il tentativo di sopravvivenza di due famiglie. Da un lato, troviamo dunque quella (davvero insostenibile) che vede per protagonisti i figli e gli ex-coniugi dei due astronauti interpretati rispettivamente da un Patrick Wilson di buona presenza e da una Halle Berry viceversa inesistente.
Dall'altro invece, viene lasciato ben meno spazio a quella, più drammatica e accorata, che interessa il giovane, impacciato, ma adorabile cospirazionista portato in scena da John Bradley (che, qui come in Marry Me, sta pian piano cercando una via d’uscita dalla pesante mitologia de Il trono di spade), sua mamma, malata di Alzheimer, e il gatto Fuzz. Una storyline forse più sopportabile, nonostante i patetismi e gli stereotipi, poiché meno invadente e graziata dalla deliziosa prova di Bradley, unica e sola ancora di salvezza dall’apatia e dal torpore imperante e generalizzato. Pure nei momenti in cui su schermo iniziano a vedersi palazzi che crollano, mari che invadono le città (purtroppo deserte e sgombere), navi spaziali che oltrepassano onde alte come grattacieli, corpi celesti che collidono tra loro, guerre stellari.
Quello che resta subito dopo la visione è pertanto l’idea e l'impressione di un film che tenta ripetutamente di trascinare a sé lo spettatore, ponendogli di fronte scenari sempre più apocalittici e distruttivi, tuttavia disinnescati nelle intenzioni e nei risultati dalla soverchiante impressione di trovarsi di fronte ad un déjà-vu. O, più concretamente, ad un’idea di cinema talmente radicata negli anni ‘90 che stranisce sentir parlare di social network, vedere utilizzati smartphone e aver a che fare con tematiche come il farsi sentire dalla massa, sopra il vociare di un’opinione oggi democratizzata.
Poco fa inoltre l’idea che, alla fine di tutto, vi sia ancora una speranza per l’umanità, una ricompensa per tutti indistintamente, che vi sia spazio insomma per uno dei classicissimi slanci buonisti e sciovinisti di Emmerich. Anzi, ora come ora - e lo diciamo con il rischio di suonare nichilisti, scettici o chissa chè -, l’unico finale che ci meritiamo davvero è quello di Don't Look Up di Adam McKay, che oltre ad essere ad essere un disaster movie ben più disaster di questo, a differenza di Moonfall, qualche cosa la muove. E, se non proprio la coscienza dello spettatore (non è certo questo il punto), sarebbe stato gradito quantomeno riuscire a poter far muovere quello stesso spettatore dal divano di casa.
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