TITOLO ORIGINALE: Love and Monsters
USCITA ITALIA: 14 aprile 2021
USCITA USA: 16 ottobre 2020
REGIA: Michael Matthews
SCENEGGIATURA: Brian Duffield, Matthew Robinson
GENERE: avventura, commedia, azione, fantascienza
PIATTAFORMA: Netflix
In un mondo preso d'assalto da eserciti di mostri, insetti ed animali geneticamente modificati e in cui la razza umana è costretta a rifugiarsi sottoterra, un ragazzo orfano decide di abbandonare tutto e tutti e risalire in superficie per ritrovare e riabbracciare la propria fidanzata.
Grande intruso dell'edizione 2021 degli Academy Awards (in cui appare in lizza per i migliori effetti speciali), Love and Monsters di Michael Matthews potrebbe sembrare ai più un prodotto di circostanza, fatto perché si poteva e senza alcuna forma di partecipazione attiva. Niente di più inesatto. Tolte la mancanza di guizzi propulsivi e propositivi veramente originali ed una durata eccessiva, la commedia d'avventura di Matthews può contare su un cast di tutto rispetto - su cui troneggiano un Dylan O'Brien alla sua migliore interpretazione ed un Michael Rooker carismatico -, un'ambientazione ed una scenografia che si contendono con personaggi ed intreccio il ruolo di catalizzatore delle attenzioni, un'analisi editoriale puntuale e funzionale e, soprattutto, un cuore, un impegno, una passione ed un’identità estetica ed attuativa estremamente forti e significative. Non certo un capolavoro, ma neanche il disastro preventivabile.
Ormai non riusciamo più a contare le volte in cui, sulla carta stampata o sullo schermo - grande o piccolo che sia -, ci è stata presentata una realtà, una dimensione alternativa, un futuro più o meno remoto, un “e se…?” - o, come direbbero gli americani, “what if?” - dove il mondo per come lo conosciamo è giunto al capolinea; dove l’evoluzione della civiltà umana si è interrotta bruscamente, lasciando il posto ad un’incontrastabile regressione. Virus letali che risvegliano i morti dalle proprie tombe e li tramutano in zombie (o vampiri all’occorrenza), calamità naturali disastrose, alieni provenienti dallo spazio profondo: molte le possibili cause, altrettanti (anche se non sempre stimolanti e adoperati al meglio) i potenziali sviluppi per la creazione di storie che sfruttano l’apocalisse e il sovvertimento della catena alimentare per parlare dell’umanità al suo stato più puro e primitivo.
Lunga sequela di mondi distrutti e piegati, di sopravviventi e sopravvissuti, di creature raccapriccianti e mortifere che - rimanendo in ambito cinematografico - recentemente ha visto sbarcare sul catalogo streaming di Netflix quello che chi scrive considera forse uno dei modi migliori e più intelligenti per confezionare un racconto a tinte apocalittiche, senza risultare stucchevoli e convenzionali: prendersi gioco dell’apocalisse e dei modi in cui l’apocalisse è stata ricreata e reinventata al cinema. Questa precisa modalità di immaginare e costruire la fine del mondo risponde al titolo di Love and Monsters, pellicola editorialmente diligente e puntuale ad opera di Michael Matthews e grande intruso degli Oscar 2021, in cui appare in lizza per i migliori effetti speciali [al fianco del netflixiano The Midnight Sky, dei disneyani Mulan e L'unico e insuperabile Ivan e del “salvatore della sala” Tenet].
Risposta Paramount ai due capitoli, ben più riusciti e soddisfacenti (meglio il primo che il secondo), di Zombieland, Love and Monsters potrebbe sembrare ai più un prodotto di circostanza, fatto perché si poteva, senza alcuna partecipazione attiva e al fine di accalappiare un manipolo di teenager con una giusta scelta attoriale ed un amorazzo a guidare e sostenere un’avventura di per sé scialba e abbastanza evitabile. E, in altri casi, avreste pure ragione. Difatti, questo ragionamento si può benissimo applicare a più della metà dei progetti cinematografici e televisivi teen-oriented che, ogni anno, vedono la luce dello schermo. Ciò nonostante, Love and Monsters presenta al suo interno alcuni micro aspetti e piccoli dettagli indubbiamente sintomatici di un cuore ed un’ispirazione produttivi che potrebbero stupirvi o, addirittura, cambiare completamente la vostra percezione e i vostri pregiudizi nei confronti di questo particolare tipo di prodotti.
Una intro animata - graficamente ben realizzata - introduce lo spettatore ai come (una carica di testate nucleari) e ai perché (fermare, con queste, un meteorite in rotta di collisione con il nostro pianeta) la Terra sia vittima di una vera e propria apocalisse che ha costretto gli esseri umani a rinchiudersi in rifugi sotterranei, per scampare all’invasione di eserciti di mostri, insetti ed animali geneticamente modificati (dalle dispersioni radioattive di quei missili) che hanno preso di mira e conquistato la superficie.
Tra i sopravvissuti che hanno trovato nel sottosuolo la loro ultima barriera di difesa dalla piaga dei Monsters, troviamo Joel (Dylan O’Brien), ragazzo - rimasto orfano allo scoppio della catastrofe - abbastanza maldestro e goffo, ma dal grande cuore, che non sa fare granché oltre a riparare radio, preparare un ottimo minestrone e riprodurre su un quaderno gli orrori che ogni giorno colpiscono il nascondiglio suo e di altri superstiti - in cui ha trovato una sorta di famiglia allargata.
In questi tempi duri e oscuri per l’umanità, l’unica cosa su cui Joel sa di poter contare (e a cui si aggrappa con tutte le forze) è l’amore (Love) per Aimee (Jessica Henwick), che non vede dal giorno in cui la sua vita - allo stesso modo di quella di chissà quanti altri miliardi di persone - è cambiata per sempre. Tutto procede come dovrebbe, fin quando, un giorno, questi, pieno di speranza e di buoni propositi (dopo esser riuscito ad entrare in contatto con il rifugio di lei), decide di abbandonare tutto e tutti, risalire in superficie e avventurarsi in un viaggio che lui vorrebbe si concludesse con il ritrovamento dell’amata e, dopo tanti anni, con un “vissero per sempre felici e contenti”.
Scritta nero su bianco, la sinossi di Love and Monsters fa sembrare il racconto di Joel - alla ricerca di Aimee - un qualcosa di molto più drammatico e struggente di quello che è realmente. Strano ma vero, Matthews si dimostra infatti astuto e perspicace nell’evitare che un soggetto (di Brian Duffield, anche alla sceneggiatura) così stereotipato, smielato e dunque potenzialmente patetico diventasse il motore vero e proprio della pellicola.
Al contrario, egli decide di puntare tutti i riflettori (e, con questi, gran parte delle speranze di riuscita del progetto) sul protagonista - anche narratore in voice off -, sul mondo e l’ambientazione e sul viaggio del protagonista all’interno e attraverso questo stesso mondo.
Si rivela quindi più che soddisfacente il lavoro interpretativo (certamente migliore di quanto dimostrato in prodotti più sacrificabili come Maze Runner) svolto da Dylan O’Brien sul personaggio di Joel - che sembra calzargli a pennello - e sul sovvertimento dei canoni (dell’eroe tipo di questa specifica corrente di film) che suddetto incarna. E ancor più stimolante è il lavoro registico compiuto da Matthews - dentro e fuori lo schermo - sulla teen star e sulla percezione del suo stardom presso il pubblico. In particolare, presso il pubblico naturale e autoctono di una pellicola come Love and Monsters. Vale a dire i giovani e gli adolescenti.
In tal senso, il regista non solo riesce a restituirci un affresco essenziale e funzionale del paesaggio interiore del suo protagonista, ma decostruisce e frena anche eventuali volontà di protagonismo attoriale, rendendo il personaggio di Joel (e quindi l’interpretazione di O’Brien) quanto di più simpatetico e relazionabile. Il nostro “nerdy guy” che combatte i mostri per tornare dalla sua amata si presenta perciò come una figura caratterialmente equilibrata e misurata, mai troppo eroica o maldestra, che si può rivolgere, con risultati presumibilmente gradevoli, e suscitare una qualche forma di empatia anche in quella fascia di audience per cui Love and Monsters non è primariamente indicato.
A contendersi, con Dylan O’Brien, il ruolo di protagonista indiscusso e di catalizzatore delle attenzioni, un contesto ed una scenografia che sono frutto di innumerevoli stimoli e suggestioni - quando non di autentiche scopiazzature o reinterpretazioni dell’iconografia classica del filone - provenienti dal mondo del cinema, ma, anche e soprattutto, dal panorama videoludico - con cui la pellicola in sé e per sé ha molto a che vedere, specie sul piano estetico. Un’ambientazione, quella di Love and Monsters, che, unitamente alla rappresentazione e all’ampio respiro conferitole da regia e messa in scena e all’interazione emotiva e sensoriale che imbastisce ed intrattiene con il suo esploratore (il protagonista), deve gran parte della propria riuscita, del proprio fascino, dei propri valori fantasioso-spettacolari e della propria vitalità diegetica a quanto svolto dalle varie anime produttive del comparto tecnico-estetico.
Nello specifico, da una fotografia che sottolinea e tratteggia lo stravolgimento di un pianeta Terra in cui la natura - selvaggia ed incontrollata - è tornata a farla da padrone, da effetti visivi e speciali di tutto rispetto e comprensibilmente meritevoli di nomination, da un sonoro ben reso (soprattutto, in materia di rumori ambientali), da alcuni personaggi secondari - il carismatico Clyde di Michael Rooker e la tenera Mav1s - che si impongono sulla scena in più di un’occasione e, in particolar modo, dall’ottimo lavoro di art e visual design svolto su creature, armi, attrezzature, intuizioni grafiche e strutture, che, come summenzionato, non apparirà forse come quanto di più innovativo o inedito, ma che, ciononostante, contribuisce ad avvalorare l’impressione che, dietro la produzione, vi siano un cuore, un impegno, una passione ed un’identità estetica ed attuativa estremamente forti e significative.
Per quanto riguarda invece il viaggio (strutturalmente convenzionale e rigido) attraverso questo paesaggio e questo mondo umanamente annientati e, perciò, naturalmente lussureggianti - che diventa, come sempre accade, metafora e mezzo di una presa di coscienza di sé stessi e del proprio potenziale -, tutto quello che potreste aspettarvi da una trama del genere avviene senza grandissimi colpi di scena, a composizione di un racconto dai toni estremamente ironici, scanzonati ed esilaranti (allo stesso modo dell’intro d’apertura) e dalle finalità prettamente avventurose ed affabulatorie (con qualche piccolo brivido di terrore o disgusto qua e là).
Detto ciò, se gran parte dei siparietti comici - che, insieme alla componente esplorativa, sono il carburante della prima mezz’ora - non sempre funzionano al meglio o inducono alla risata, puzzando, per giunta, di già visto e già sentito; è nei momenti più “seri, introspettivi e drammatici” - raggruppati soprattutto nella porzione centrale del racconto: dall’incontro con Clyde e Minnow alle sanguisughe - che Love and Monsters si prende le sue rivincite, dando vita ad una serie di sequenze che, pur impiegando il minimo indispensabile, riescono a far breccia e a farsi voler bene, senza mai risultare forzate o ammorbanti. (Il dialogo con Mav1s è forse uno dei picchi della pellicola, in tal senso.)
Unici due difetti di un racconto e di un film sull’amore (presente e motivante, ma non per questo svenevole e sdolcinato) fatti con amore? Tolta la mancanza di guizzi propulsivi e propositivi veramente originali, è sicuramente d'obbligo citare la durata complessiva, così come il ritmo della mezz’ora preliminare all’epilogo. Ma tant'è...
Posto ciò, dal punto di vista della sola e mera godibilità, Love and Monsters si mostra come un film che, a primo acchito, non suscita chissà quale partecipazione o coinvolgimento, ma che, superata l’introduzione e spostandosi all’aria aperta, ritrova la propria bussola e, con essa, una carica intrattenente e fascinosa, uno spirito scanzonato ed una verve sarcastica e beffarda. Una carica, uno spirito ed una verve - sia chiaro - non abbastanza e mai davvero autosufficienti (soprattutto, a livello creativo-immaginifico) da farci gridare al miracolo, ma sempre meglio di niente.
Se la pellicola dovesse essere (e lo sarà senza alcun ombra di dubbio, visto il consenso che sta ricevendo) il punto di partenza di una nuova saga e di una nuova odissea cinematografica, ben venga. L’importante è che non ci si butti su strade presuntuose o fin troppo seriose e che si mantenga la stessa cura negli effetti, nel design e nella gestione di quella componente più emotiva ed amorevole. Parlando invece di certezze, è innegabile che, allo stato attuale, Love and Monsters dispone di tutte le carte in regola per trasformarsi in un piccolo cult.
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