TITOLO ORIGINALE: Teenage Mutant Ninja Turtles: Mutant Mayhem
USCITA ITALIA: 30 agosto 2023
USCITA USA: 2 agosto 2023
REGIA: Jeff Rowe
SCENEGGIATURA: Seth Rogen, Evan Goldberg, Jeff Rowe, Dan Hernandez, Benji Samit
CON LE VOCI DI: Micah Abbey, Shamon Brown Jr., Nicolas Cantu, Brady Noon, Ayo Edebiri, Maya Rudolph, John Cena, Rogen, Rose Byrne, Natasia Demetriou, Giancarlo Esposito, Jackie Chan, Ice Cube, Paul Rudd, Post Malone
GENERE: animazione, commedia, azione, fantascienza
DURATA: 99 min
A pochi anni dall'incarnazione coatta e rumorosa prodotta da Michael Bay, le Tartarughe Ninja tornano sul grande schermo, questa volta prodotte da Seth Rogen e dall'inseparabile Evan Godlberg, in versione animata, sulla scia del grande successo di Spider-Man: Un nuovo universo. Un ritorno affezionato, devoto, fedele e filologico alle origini, sia in termini di anagrafe delle nostre, sia da un punto di vista prettamente visivo, che parte da una rilettura geniale e da un'intuizione di base molto forte, ma che viene purtroppo abbandonata, accontentandosi di un terzo atto generico e finendo per essere un divertissement, pur sincero e dignitoso, per bambini e famiglie, più che per adolescenti.
Sono due le mutazioni, le contaminazioni, che caratterizzano, definiscono, attraversano la storia di Leonardo, Michelangelo, Raffaello e Donatello, meglio e miticamente conosciuti come Tartarughe Ninja, in quella che è la loro ultimissima incarnazione. La prima è quella primigenia, natia, congenita, fisica, provocata dal flu(uu)ido (non liquame!) che gli dona un aspetto antropomorfo e straordinarie abilità. La seconda è invece quella su cui questo nuovo tentativo di reboot cinematografico del quartetto di testuggini superomistiche, dal titolo Tartarughe Ninja - Caos mutante, calca maggiormente la mano, specie nella sua prima metà. Una mutazione intellettuale, culturale. Una contaminazione in termini formativi, psicologici, immaginifici, anche adolescenziali. E ancora, un incrocio con un mondo di superficie e, in un certo senso, superficiale, che, quando questi hanno scelto uscire allo scoperto dalle loro amate fogne, li ha respinti, aggrediti, denigrati tra moti di sdegno, intolleranza e disgusto.
Un mondo, che è quello degli umani di New York e non solo, che forse è ben più ripugnante e sghembo delle quattro tartarughe, le quali, nonostante tutto, non riescono a stargli alla larga. Lo sognano attraverso i loro smartphone, lo conoscono e ne ammirano la bellezza attraverso i film che guardano di nascosto (come Una pazza giornata di vacanza di John Hughes), lo scrutano dall’alto, vi si intrufolano con astuzia, senza farsi vedere, lo scoprono dalla posizione e dalla distanza che gli ha imposto il loro padre adottivo e maestro di combattimento, il ratto mutante Splinter, diffidente nei confronti degli umani dopo quel primo contatto violento ed infelice. E, prima o poi, per una serie di fortuite coincidenze, saranno chiamate a salvarlo dai piani di un malvagio loro simile, con fini altrettanto simili e mezzi viceversa diametralmente opposti.
Sono le aspirazioni, i vagheggiamenti, le utopie, i sogni ad occhi aperti, le ingenuità di quattro teenager - non e prima di esseri eroici e fenomenali - il fulcro dell’avventura d’animazione scritta e prodotta da Seth Rogen e dall’inseparabile Evan Goldberg, nonché vero e proprio esordio alla regia cinematografica di Jeff Rowe (già fortunato autore televisivo di Gravity Falls e, più recentemente, co-regista del brillante I Mitchell contro le macchine). Il riferimento diretto è infatti a Su×bad, sempre firmato dal duo Rogen-Goldberg, il quale si limita a trasportare ed adattare quelle atmosfere e quella scrittura all’universo e alla decennale mitologia delle Tartarughe Ninja, che forse per la prima volta assolvono e si attengono realmente (quantomeno al cinema) a quel Teenage (Mutant Ninja Turtles) con cui sono più e meglio note.
È allora un ritorno affezionato, devoto, fedele e filologico alle origini, sia in termini di anagrafe delle nostre, sia da un punto di vista prettamente visivo, quello che informa in primis Caos Mutante. Mettendo e tenendo un piede (come ha già fatto Il gatto con gli stivali) nella rivoluzionaria strada, nello spartiacque fondamentale che è Spider-Man: Un nuovo universo (e, per proprietà transitiva, il suo sequel Across the Spider-Verse), Rowe e il team creativo compiono infatti un omaggio lucidissimo alle Tartarughe Ninja, immaginandone, architettandone e disegnandone il mondo a partire dall’humus culturale, dall’immaginario underground, dal retroterra artistico in cui sono nate, per mano dei fumettisti Kevin Eastman e Peter Laird. E quindi la street e graffiti art si unisce alla scena hip-hop newyorkese, alla prima remix culture, ma anche alla fantascienza di mutazioni, ibridi, melmosa, dark di metà anni ‘80, e allo sguardo naif tipico dei romanzi di formazione e ai racconti adolescenziali di quell’epoca.
Il risultato è un’opera che non raggiunge - forse perché non ne ha interesse - il dinamismo esplosivo, lisergico, e dai risvolti astratti del capolavoro di Peter Ramsey, Robert Persichetti Jr. e Rodney Rothman, ma che riesce comunque a dar vita ad un pastiche grafico-estetico dal carattere forte e deciso, come forte e deciso, per non dire graffiante, è il suo tratto, anche nervoso, caotico, ma cionondimeno sempre raffinato e polito. Ad una miscela cristallina e potenzialmente inesauribile, dall’invidiabile atmosfera, perfettamente illuminata e vivacizzata dalla fotografia digitale di Kent Seki, e rinforzata tanto dai brani e dai grandi successi di repertorio (Ninja Rap, No Diggity, Can I Kick It?), quanto soprattutto dagli affascinanti tappeti e temi musicali dei due volte premio Oscar (per The Social Network e Soul) Trent Reznor e Atticus Ross.
Al contempo, Tartarughe Ninja - Caos Mutante, questo approccio scortato ed approcciato con occhi e cuore da fanciullo o da “eterno adolescente” - come recita il battage pubblicitario in relazione al coinvolgimento di Seth Rogen -, lo gonfia ed imbeve di una sensibilità più adulta e moderna.
Ecco allora che l’esperienza e il rapporto di Leonardo, Michelangelo, Donatello, Raffaello, ma anche dello stesso Splinter col mondo è quello degli immigrati di prima e seconda generazione, prima vittime e poi inconsapevoli alfieri di un pregiudizio e di una discriminazione latenti e laceranti. Un aspetto, quest'ultimo, che inquadra del tutto fortuitamente la pellicola di Jeff Rowe (il quale, anche co-sceneggiatore, torna perciò a parlare di outsider, di disadattati, di reietti in cerca di una tribù, dopo i Mitchell) nella corrente che pare aver investito l’animazione occidentale, a partire dal quasi coevo Elemental - che, in tal senso, è solo un’altra trasfigurazione di una storia di fatto simile a quella delle nostre testuggini.
Peccato che, a differenza dell’ultimo film Pixar, Tartarughe Ninja - Caos mutante non assecondi ed esplori compiutamente gli orizzonti e le effettive ambizioni di questa geniale rilettura ed intuizione di base, accontentandosi, seppur con dignità, sincerità e mestiere, di una risoluzione da superhero movie abbastanza generico. Di essere e pensarsi principalmente come mero e puro divertissement - più efficace sul fronte della scanzonata avventura per bambini e famiglie (un po’ meno per adolescenti), che non su quello dell’operazione nostalgica, ipercitazionista e “ruffiana” per gli aficionados - e, sull’onda della ribalta del franchising animato, anche come incipit di un nuovo universo crossmediale [sono già in produzione un sequel ed una serie televisiva, ndr]. Un progetto che, purtroppo per Rogen & co., non soltanto muove i suoi primi passi in un panorama saturo e popolato per la maggior parte da mitologie e saghe fallimentari, stroncate sul nascere, ma parte anzitutto da basi narrative e pure - semplificando - estetiche strabilianti, straordinarie, uniche come meriterebbero i suoi adorati ed adorabili protagonisti.
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