TITOLO ORIGINALE: Mixed by Erry
USCITA ITALIA: 2 marzo 2023
REGIA: Sydney Sibilia
SCENEGGIATURA: Sydney Sibilia, Armando Festa
GENERE: commedia, drammatico, musicale
DURATA: 110 min
Sydney Sibilia ripesca dagli anfratti della memoria l'incredibile storia di Enrico Frattasio, per gli amici Erry, giovane ragazzo di Forcella col sogno di diventare un DJ, che, negli anni ottanta, creò un'impresa, Mixed by Erry, ed un impero grazie alla vendita italiana ed internazionale di musicassette contraffatte; e ne fa l'ultimo della sua galleria di nuovi eroi romantici, outsider, nerd, che non hanno altro scelta che deviare dal percorso precostituito e dato, e camminare in quella ambigua terra di nessuno che si trova tra la legalità ed illegalità. Quel che davvero disarma della pellicola di Sibilia è però la capacità con cui il cineasta riesce a tenere insieme rielaborazione cinematografica a fini intrattenitivi, e il rispetto della storia originale e, in particolar modo, del suo spirito. L'ottima sintesi tra la naïveté di Erry e dei suoi fratelli, e quindi un approccio estremamente emotivo, tenero, sincero, viscerale nei confronti di ciò che sta mettendo in scena, ed un'incredibile consapevolezza della percezione spettatoriale, in quello che il manifesto esemplare di Groenlandia.
“Chi fermerà la musica?” cantavano (e si chiedevano) Roby Facchinetti, Dodi Battaglia, Red Canzian e Stefano D'Orazio, quattro fratelli d’arte e di spettacolo riuniti dalla musica e passati alle cronache come i mitici Pooh, in uno dei loro singoli più conosciuti, datato 1981.
Una risposta gliela dà oggi (e gliela dava ieri) Enrico Frattasio, per gli amici Erry, che, pressochè negli stessi anni di uscita di quella storica canzone, compiva i suoi primi passi come DJ ed autore di compilation, "a modo suo", in un mondo che lo rigettava e disconosceva ad ogni occasione utile: “La musica non la puoi fermare”.
Anche lui, come i Pooh, aveva dei fratelli - due, di sangue, per la precisione - accomunatigli, sì, dalla passione e da intenti artistico-divulgativi, ma soprattutto dalle opportunità che la musica - rigorosamente di altri - in termini più concreti e monetari. Anche loro, come Facchinetti & co., sono passati alle cronache con un nome d’arte, Mixed by Erry, uno che, dalla Napoli in fermento dei primi anni ‘80, sarebbe arrivato ben presto sulla bocca di un’intera nazione, rivoluzionandone l’establishment musicale, cambiando il corso di una parte della sua storia, rispolverando e riadattando ad un significato nuovo una parola caduta in disuso, risalente a secoli prima.
I Mixed by Erry, ossia Enrico, Peppe e Angelo Frattasio, erano e sono oggi “pirati”, la cui incredibile storia ha fatto gola e risvegliato vecchie memorie d’infanzia e adolescenza nel paladino e, forse, nell’inventore di un nuovo tipo di eroe tutto all’italiana, che, usando una terminologia musicale molto presente nel film, definiremmo proprio new romantic, Sydney Sibilia.
Già, proprio una delle menti (assieme al coetaneo, amico e collega Matteo Rovere) dietro la fenomenale ed atipica trilogia di culto Smetto quando voglio e, più recentemente, del sottovalutato L'incredibile storia dell'Isola delle Rose, che metteva in scena la storia vera dell’ingegnere Giorgio Rosa e della sua isola artificiale costruita nel bel mezzo dell’Adriatico, divenuta micronazione e successivamente silurata dal governo italiano.
Prima, una banda di ricercatori spiantati, sottostimati e delusi dalle istituzioni e dal sistema, eppure scaltri e geniali; poi, un outsider bolognese, ma anch’esso dotato di grandissimo intuito, che diventa uno degli uomini più famosi e ricercati d’Italia nel giro di un paio di mesi: è facile intravedere un fil rouge che lega tutti questi personaggi ai fratelli Frattasio e alle loro vicende.
E, a tal proposito, Mixed by Erry - non poteva che essere questo il titolo del film che Sibilia ha tratto dalla loro incredibile storia vera - non è altro che la riconferma di una sensibilità, di un attaccamento creativo, di una predilezione, così come della compattezza tematica, stilistica, filosofica e semantica di un invidiabile corpus di opere che scorge nei nerd, negli outsider, nei talenti sprecati, negli intuitivi, nei simpatici reietti che non hanno altro scelta che deviare dal percorso precostituito e dato, e camminare sul sottile filo che scinde giusto e sbagliato, in quella ambigua terra di nessuno che si trova tra la legalità ed illegalità, per fuoriuscire dal vortice di una condizione precaria ed insoddisfacente (salvo poi ritrovarsi in un altro vortice, ancor più grande, opprimente e pericoloso, eppure irresistibile ed irrinunciabile), i rappresentanti di una visione fortemente politica che sfuma con l’ironia, il sarcasmo e la commedia un elegante ma forte attacco all’Italia, alla sua immobilità, ai suoi tradizionalismi e meccanismi conservatori, alla sua ottusità, ristrettezza ed incapacità di valorizzare realmente chi ha qualcosa di valido da offrire.
Al di là di questo, Mixed by Erry è anche e soprattutto il manifesto più evidente; la dichiarazione d’intenti più palese di Groenlandia, realtà produttiva nata proprio dal felice incontro umano e artistico di Matteo Rovere e Sydney Sibilia, sorta come indipendente ed oggi divenuta di fatto tra le più importanti della filiera nostrana, una fucila essenziale dell'odierna produzione cinematografica e seriale italiana.
Una che ha esordito nella produzione proprio nel segno di una sorta di “contraffazione” tutta italiana dei modelli più di tendenza del cinema hollywoodiano, d’oltreoceano, a cui si è poi aggiunta una rielaborazione che ha poi contraddistinto e favorito il successo dei succitati Smetto quando voglio, o ancora de Il primo Re, de La Belva, de Il Campione e di tanti altri progetti. Nei film Groenlandia, infatti, c’è sempre quel dettaglio, quel particolare elemento, quella cura produttiva, capace di svincolare la pellicola dagli indiscutibili modelli di riferimento e farne qualcosa davvero difficile da replicare a sua volta (e chi ci ha provato poche volte è riuscito a cadere in piedi).
Un po’ come successe, appunto, al marchio Mixed by Erry, che, oltre ad essere interessante per aver di fatto precorso quella che sarebbe stata la fruizione della musica e non solo al tempo di internet, dello streaming, delle piattaforme, degli algoritmi (a cui inconsciamente si sostituiva aggiungendo musica simile ai gusti di chi richiedeva la compilation che sta producendo), delle playlist e dei Discover Weekly; è arrivata ad essere imitata e contraffatta a sua volta.
Quel che davvero disarma della pellicola di Sibilia è però la solidità e precisione con cui questi riesce a fare propria questa storia (una che, come spiega in ogni intervista, sente sua per specifiche ragioni anagrafiche e biografiche: anch’egli è nato negli anni ‘80, in un piccolo paesino campano in cui bisognava ingegnarsi per emergere, e lui stesso ha comprato, posseduto ed ascoltato cassette dei Frattasio) e renderla un prodotto d’intrattenimento che è davvero un piacere seguire e scoprire. Ma anche la capacità con cui il cineasta (anche coautore della sceneggiatura insieme ad Armando Festa) riesce a tenere insieme rielaborazione cinematografica a fini spettacolari, intrattenitivi, ilari, e il rispetto della storia originale e, in particolar modo, del suo spirito.
Nella fattispecie, la regia e la messa in scena di Sibilia riesce allora a restituire tutta la naïveté, l’ingenuità guascona ed amabile dei fatti, a mantenere un approccio estremamente emotivo, tenero, sincero, viscerale nei confronti di ciò che sta mettendo in scena; e, al contempo, ad essere estremamente consapevole della percezione spettatoriale, dell’effetto che una determinata battuta o scelta di montaggio potrà sortire sul pubblico. Colpisce poi la sicurezza che dimostra nella riesumazione, anche sentimentale e nostalgica, di una Napoli vissuta, frenetica, sfuggente, inafferrabile, vernacolare, di grandissima atmosfera, sospesa tra provincialismo ed internazionalità, tra la Camorra e le sue regole centenarie ed inflessibili ed un’ondata di novità, nella moda, nella musica, nell’abbigliamento, proveniente soprattutto da oltremanica e oltreoceano; ma anche tra la cara, vecchia contraffazione e contrabbando di sigarette e liquore ed una nuova contraffazione, tra l’analogico del cuore e del sentimento e il digitale dello sguardo e del ricordo (re)incarnato.
L’officiante, la ragione, la stella polare di questa ennesima consacrazione di un vero talento italiano è, ça va sans dire, la musica: dai più grandi successi degli anni ‘70-’80-’90 all’ottima colonna sonora originale composta da Michele Braga. Ciò nondimeno, il vero fiore all’occhiello e principale nota di merito di Mixed by Erry sono la giustezza e la bravura dei suoi attori, specie di quelli nuovi e più sconosciuti, come lo splendido trio protagonista (Luigi D'Oriano, Giuseppe Arena ed Emanuele Palumbo), unito vicendevolmente da una chimica che appare davvero inscalfibile, ma anche di un Francesco Di Leva che riesce a non far cadere nel macchiettistico, ma anzi donare personalità ad un personaggio dal tratto molto accentuato come l’Ispettore Fortunato Ricciardi, o ancora di un Fabrizio Gifuni camaleontico ed assolutamente eccezionale in un ruolo tra Volonté e il Dogui, tra Berlusconi e un più elegante e contenuto milanese imbruttito.
Giunti a questo punto, il fatto che tutto il segmento dell’ascesa e della nascita sia più entusiasmante, coinvolgente e compatto dei due atti successivi o che, a differenza dei quattro precedenti film di Sibilia, i protagonisti paiano quasi più spettatori di ciò che gli sta succedendo, che non attori ed attanti veri e propri, è un esercizio critico abbastanza compilativo e pleonastico. Sarebbe come fermare la musica, la cui potenza è sintetizzata in una sequenza (quella della compilation per Francesca) tanto semplice quanto efficace e romanticissima.
Così come romantico ed ugualmente naif - e, proprio per questo, del tutto in linea con lo spirito del film - è produrre un’opera di questo tipo, che parla di un argomento come quello della pirateria, in un momento in cui la circolazione libera ed incontrollata di prodotto culturale e d’intrattenimento sta cambiando radicalmente la fruizione e la concezione del prodotto audiovisivo. Un po’ come combattere contro i mulini a vento con una chimera, una fantasia, un sogno ad occhi aperti inversamente proporzionale.
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