TITOLO ORIGINALE: Notte fantasma
USCITA ITALIA: 17 novembre 2022
REGIA: Fulvio Risuleo
SCENEGGIATURA: Fulvio Risuleo
GENERE: drammatico, thriller, noir
DURATA: 83 min
Presentato nella sezione Orizzonti Extra della 79ª edizione del festival del cinema di Venezia
Terzo lungometraggio di Fulvio Risuleo, Notte fantasma racconta di una notte come un'altra in una Roma notturna, inestricabile, opprimente, mai così mortifera, popolata da anime sole che fortunosamente si trovano, si incontrano, si legano - o meglio, si ammanettano - per farsi compagnia nel viaggio verso una morte onnipresente intorno a loro, che appare inevitabile. Dall'incontro tra due di queste anime prende il via un film di automobile che diventa una jam session alienante, un confronto (anche generazionale) tra un figlio di immigrati ed un poliziotto e tra due attori meravigliosi, ma diametralmente opposti. Il risultato finale è un film che raggiunge latitudini inaspettate, che usa il genere per fare altro, che non racconta, ma suggerisce, che finalmente sa lavorare in maniera eccelsa con le atmosfere, l’immaginario, gli spazi e la gestualità degli attori.
Una Roma evanescente, fantasmatica, appannata, soffocante, preda di luci violente come quelle dei neon, o di inquietanti chiaroscuri quando ci si avvicina viceversa al centro storico ed insieme ad un’illuminazione solo formalmente più morbida, dolce e soffusa. Una Roma notturna, labirintica, disorientante, costruita eppure geograficamente fedele. Una Roma particolare, strana, decentrata, dislocata, diversa da ciò a cui ci hanno abituati anni e anni di cinema e TV, popolata, più che dalle solite guardie e dagli irriducibili ladri, da anime sole che, in una notte come un’altra, si trovano, si incontrano, si legano fortunosamente, ma non certo fortunatamente. Una Città Eterna mai così mortifera, attraversata, sotto la superficie, da una forza, da un incantesimo, o forse da una maledizione, da una presenza, da un qualcosa di viscido, pericoloso, nero, nerissimo, da un controcampo impossibile, che allarga la sua morsa ed estende il proprio giogo a tutto e tutti i suoi abitanti. Una Città, appunto, in cui il confine tra vita e morte non è mai stato così sottile. In cui l’essere e il non essere più arrivano quasi a sfiorarsi.
Ebbene, è per le strade di questa Roma che girovaga, apparentemente a vuoto, Notte fantasma, road movie e terzo lungometraggio del regista capitolino, classe ‘91, Fulvio Risuleo. Ed è proprio su un ritardare l’inevitabile, un destino che appare irrevocabile ed un pensiero che pian piano si forma e si mostra con sempre maggior chiarezza nel volto e nei comportamenti (di depressione mista a follia e sregolatezza maniacali) di uno dei suoi due protagonisti, che si costruiscono gli 80 minuti del racconto di un arresto per possesso di droghe leggere che, come avviene nei grandi film di maestri o futuri tali, diventa qualcos’altro, qualcosa di più.
Diventa innanzitutto un film di automobile, con derivazioni ed ispirazioni noir, precipuamente d’atmosfera, in cui il regista dimostra una notevole capacità di sintesi estetica, stilistica e concettuale, riuscendo innanzitutto a persuadere, se non proprio a trascinare con forza lo spettatore all’interno dei toni, dei sentimenti, dei colori, dei sapori della propria visione e a non lasciarlo quasi mai andare.
E questo lo si deve, in particolar modo, ad una costruzione e progressione narrativa che sembra prenderci in contropiede ogniqualvolta si giunge ad un nuovo punto di svolta del racconto, capace di contraddire puntualmente ogni nostra aspettativa, quasi come se ci conoscesse, quasi si trattasse di una sorta di jam session costruita e preparata per sembrare tale, dall’effetto alienante, inafferrabile, inestricabile, elegantemente tratteggiata e puntellata dal sax di Francesco Rita, che a tratti sembra quasi rifarsi all’oscurità della tromba di un Chet Baker.
In tal senso, più che di una pellicola formalmente impeccabile o sempre ben accordata, con Notte fantasma si può parlare di un’esperienza generosa fatta per appagare, piacere e stimolare l'immaginazione e l'intrattenimento dello spettatore, senza però risultare per questo affettata o manierista.
Quello scritto e messo in scena da Risuleo diventa, in secondo luogo, un confronto (anche generazionale) tra due personaggi idealmente e politicamente contrapposti: un ragazzo di seconda generazione, figlio di immigrati egiziani ed indonesiani, un po’ sovrappeso, intimorito e fragilissimo, ed un poliziotto manesco, facinoroso, intriso di un irrisolvibile maschilismo tossico - che deve fare i conti con la vertiginosa devirilizzazione del mondo moderno - e di un atteggiamento smaccatamente razzista, reazionario; e tra due attori diametralmente opposti per storia, sensibilità e volto.
Un Edoardo Pesce meraviglioso, che torna a lavorare con Risuleo per la terza volta, compiendo una crasi tra il lato più spigoloso, coriaceo, rischioso, coatto (vedi Dogman o Christian) e quello invece più dolce, bonario, inaspettato (allora Il colpo del cane, ...altrimenti ci arrabbiamo!e Boris 4) della sua recitazione; e la rivelazione Yothin Clavenzani, ottimo nell’incarnare e riproporre la spontaneità e verità dei dialoghi e degli scambi del film, interpretano qui due personaggi che si distinguono ed emancipano dal ruolo in cui inizialmente parrebbero inscriversi, dallo status di meri portabandiera politici, di pedine al servizio di un discorso o, più semplicemente, di una storia, spingendosi ben più in là. Merito di una sceneggiatura capace di farne figure cosiddette “larger-than-life” e a suggerirne, senza mai risultare criptica né didascalica, le loro psicologie, complesse e credibili, unicamente attraverso l’azione.
Un concetto, quest’ultimo, alla base non solo del fumetto (che Risuleo ha ampiamente frequentato), ma anche e soprattutto di quello stesso cinema di genere che il giovane regista capitolino ibrida e pratica, peccando magari di derivazione in alcuni spunti visivi e scelte compositive, ma mai assecondandolo totalmente, e riuscendo perciò a mantenere una certa distanza, che diventa poi anche la sua cifra autoriale.
Sono impiegati bene (ma non benissimo) allora tutti gli strumenti tipici di filoni come il thriller metropolitano o il gangster movie di matrice scorsesiana. Meno convincente è invece il ripiego su una sorta di realismo magico e di simbolismo (un'imprecisione che accomuna il film in questione al quasi coevo e collega Princess di Roberto De Paolis). È inoltre rispettata l’idea di road movie non solo come spostamento geografico, ma come viaggio esistenziale, alla scoperta del lato più intimo e vulnerabile (purtroppo solo) di uno dei due personaggi, dell’abisso che questi conserva all’interno di sé e continua ad alimentare.
Tutto questo serve però a Risuleo per fare altro, per raggiungere altre latitudini. Che se non sono quelle dell’unico Il sorpasso oggi immaginabile, sono quantomeno quelle di un cinema italiano che non tenta a tutti i costi l’emulazione dei cugini d'oltreoceano, ma che anzi ne mutua sempre con misura le peculiarità (si pensi alla caratterizzazione dei personaggi e del rapporto tra di essi). Di un cinema che finalmente sa lavorare in maniera eccelsa con le atmosfere, l’immaginario, gli spazi e la gestualità degli attori, che legge il presente del paese da una prospettiva forse talora reticente, ma senz'altro originale e fortunatamente mai didattica, pretestuosa o provocatoria. Che sa cosa significhi e come funzioni il tempo cinematografico e sappia sempre quando è il momento giusto per fare quella o quell’altra cosa, ma soprattutto quando si è giunti alla fine della corsa.
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