TITOLO ORIGINALE: ...altrimenti ci arrabbiamo!
USCITA ITALIA: 23 marzo 2022
REGIA: YouNuts!
SCENEGGIATURA: Vicenzo Alfieri, Giancarlo Fontana, Tommaso Renzoni, Giuseppe G. Stasi
GENERE: commedia, azione
Dopo l'esperienza vanziniana di Sotto il sole di Riccione, i videoclipper Antonio Usbergo e Niccolò Celaia, in arte YouNuts, si cimentano in un omaggio/sequel del cult movie anni '70 con protagonisti i mitici Bud Spencer e Terence Hill. Il risultato finale è un film inutilmente complicato che non riesce a (man)tenere i proverbiali due piedi in una scarpa, da un lato, cercando di canonizzare una pellicola che intendeva la trama come un mero pretesto per gags e situazioni rocambolesche, dall'altro confezionando un tributo insieme (s)corretto e sgonfio del film originale. Una pellicola che coinvolge non tanto per le sue scelte registiche e le sue trovate (anzi riprese, per la maggior parte, dal modello), quanto piuttosto per l'intenzione dei suoi interpreti, su cui primeggia un Edoardo Pesce da ricordare.
È una bestia strana, Altrimenti ci arrabbiamo! di Antonio Usbergo e Niccolò Celaia (classe 1986, in arte YouNuts, giovani punti di riferimento del mondo del videoclipping, già registi della commedia estiva Netflix di derivazione vanziniana, Sotto il sole di Riccione). Un’operazione nostalgica produttivamente ambigua, indecisa e, per certi versi, discutibile. Da un lato, ci troviamo di fronte invero ad un tentativo di canonizzazione (e sequelizzazione) del cult movie datato 1974 con protagonisti i mitici Bud Spencer e Terence Hill. Uno sforzo che chi scrive ritiene abbastanza inconcludente, se non del tutto inutile, dal momento che il riferimento è ad un film la cui trama altro non era che un pretesto per dar luogo a catene infinite e goderecce di pugni, cazzotti, calci; alle gag esilaranti a cui questa coppia di grandi maschere del cinema italiano ci ha sempre abituato.
Dall’altro invece, Altrimenti ci arrabbiamo! (2022) è ciò che tutti si aspettavano (e alcuni temevano), ovvero l'ennesima manovra di capitalizzazione sulla nostalgia e i ricordi di migliaia di spettatori. Sia chiaro, nulla di eccessivamente riprovevole od oltraggioso, niente a che fare con il vociare indignato e arrabbiato del popolo di Internet, anzi il segno di un’industria che - con una piccola spinta da parte di Netflix - inizia a comprendere ed introiettare le tendenze d’oltreoceano e le propone o, meglio, tenta di farlo qui da noi, sfruttando le nostre icone, le nostre amatissime leggende. Con tutto ciò che, come sopra, ne consegue in termini di reazioni social.
Ciò nonostante, laddove totalmente innocua ed industrialmente comprensibile sulla carta, all’atto pratico, l'impresa di Lucky Red, Compagnia Leone, Netflix e RTI si rivela essere niente più che un’inutile complicazione.
Premettendo che praticamente tutto (il look e la fisicità dei due protagonisti, le musiche, le situazioni, gli sketch, la scrittura dei villain, addirittura alcune inquadrature) in Altrimenti ci arrabbiamo! è, come ovvio che sia, desunto e ripreso dal film originale, a cosa potrà mai condurre il voler tracciare un ponte narrativamente motivato tra passato e presente, se non, appunto, un’inutile complicazione?
C'era proprio bisogno che Carezza (Edoardo Pesce) e Sorriso (Alessandro Roia) - pur assomigliando rispettivamente, per palesi fini di marketing, a Spencer e Hill - fossero i figli del Ben, alias Bud Spencer, della pellicola originale, quando gli aspetti di vicinanza, legame e omaggio sono già di base definiti e testimoniati dal dialogo dichiarato (talora al limite del plagio) che questo sequel/remake intrattiene con quella stessa pellicola?
Sì, avete capito bene, Altrimenti ci arrabbiamo degli YouNuts segue, in realtà, le vicissitudini dei figli di uno dei due protagonisti del cult movie di Marcello Fondato, innescate, neanche a dirlo, da “una dune buggy del 1974 rossa con la cappottina gialla”, la quale diventa oggetto di contesa prima tra i due fratelli, poi tra i due e Torsillo (Christian De Sica), potente boss malavitoso che desidera mettere le mani sull’appezzamento di terra appartenente ad un gruppo circense, capeggiato a sua volta dall’astuta Miriam (Alessandra Mastronardi), per costruirci sopra un grattacielo.
Come anticipato sopra, malgrado qualche piccola modifica (come, ad esempio, il luna park sostituito da un ambiente circense diviso tra una scenografia brillante, accesa, estrosa, e personaggi sporchi, rozzi, ma pure bizzarri ed eccentrici; oppure il rapporto che lega i villain, che, da dottore-paziente, diventa padre-figlio), in termini prettamente narrativi e referenziali, Altrimenti ci arrabbiamo! persegue e ricalca, in buona parte, la strada percorsa dal film originale.
Quello in cui il film degli YouNuts differisce dal modello è prevedibilmente il modo in cui il duo registico capitolino si approccia, (re)immagina e restituisce i marchi di fabbrica, i luoghi comuni, i tratti caratteristici di una produzione e di una filmografia, figlie della deriva più umoristica, burlesca, pecoreccia e (ancor più) stracciona del filone spaghetti western, che, in seguito ai seminali Dio perdona... io no! (1967), Lo chiamavano Trinità (1970) e …continuavano a chiamarlo Trinità (1971), hanno trasfigurato e trasportato quegli stessi stilemi ad ambientazioni e storie invece più contemporanee, urbane, criminose. Ciò detto, le pellicole con protagonisti Bud Spencer e Terence Hill erano e sono tuttora infarciti di momenti che, ad un primo sguardo, possono pure apparire derivativi, spogli e sgangherati, ma che, al contrario, racchiudono in sé uno smisurato vocabolario di richiami, influenze e lezioni di cinema che poi ne hanno fatto la fortuna.
Ebbene, tutto questo, Usbergo e Celaia, lo (ri)mettono in scena nella maniera insieme più corretta ed improduttiva che esista. Nel cercare infatti di ricreare quell’atmosfera, quella vis comica, quella fisicità sfrenata e malleabile, quel ritmo scanzonato e picaresco, il duo registico dà forma ad uno sforzo magari lodevole di ridare linfa, anche solo per 90 minuti, ad un cinema che oggi (purtroppo) non si fa più, rispettoso e amante della materia originale, ma che, ciononostante e malgrado la generale allure trasandata, risulta, in fin dei conti - anche nelle (ri)rifrazioni leoniane visive e musicali -, sempre troppo manierato, pulito, scolastico, prudente, messo in crisi inoltre dall’esigenza di un’impronta personale, consapevole e matura rispetto a ciò che si è chiamati a “rifare”.
Peccato soltanto che questa esigenza finisca per appesantire tutto il film con scelte registiche non sempre azzeccate, che spesso si rivelano essere meri esercizi di stile il cui unico effetto - come nel caso di quelle fastidiosissime transizioni fumettistiche - è spezzare il coinvolgimento della visione. Tutt'al più che questo coinvolgimento non è poi tanto merito di un’effettiva o piena riuscita del prodotto - che anzi si attesta sui livelli di una generale godibilità -, quanto piuttosto dei suoi attori.
Un Christian De Sica in un continuo rispolvero del repertorio “cinepanettonesco” basta a fare di Torsillo un villain funzionale. Più gradevole ed impegnata è invece Alessandra Mastronardi, nel ruolo di un’interessante femme fatale che avremmo voluto fosse più valorizzata.
Sorprende infine constatare come le due più grandi incognite della produzione - i succedanei della coppia per antonomasia del cinema nostrano e, per certi versi, della storia del cinema tutta - si rivelino essere viceversa le ruote più oliate della carriola. E se Alessandro Roia, pur regalando qualche bel momento, si trova in grande difficoltà a vestire l’espressività magnetica e volpina e la fisicità atletica e scattante di Terence Hill, Edoardo Pesce è, a tutti gli effetti, la vera rivelazione del film. Non solo la sua interpretazione testimonia invero una grande conoscenza e studio del “personaggio Bud Spencer”, con la sua espressività minimale e quel tratto sintetico, essenziale, tipicamente cartoonesco che ne ha sempre contraddistinto fisico e fisionomia, presenza scenica e conseguente successo; ma egli è probabilmente anche colui che (e si vede) più si è divertito a riportare in vita questo immaginario oggi impossibile.
Ciò nonostante, Edoardo Pesce e il suo fisic du role - le uniche note davvero positive e soddisfacenti della pellicola - non impediscono comunque ad Altrimenti ci arrabbiamo! di percorrere la rotta che molti, prima della sua uscita, avevano già tracciato al posto suo. Se non proprio quella verso il completo fallimento [non stiamo certo qui a dirvi che "erano meglio le botte di una volta"], quella di (ancora) un’inutile complicazione che finisce indirettamente per ribadire l’incapacità, da parte del cinema italiano, di parlare e risultare attraente ad una fetta di pubblico che abbia meno di trenta, quarant’anni. O anche più.
Sei d’accordo con la nostra recensione? Se sì, lascia un like e condividi l’articolo con chi vuoi.
In più, per non perdere nessun’altra pubblicazione, assicurati di seguirci sulle nostre pagine social e di iscriverti alla nostra newsletter.