TITOLO ORIGINALE: Chaos Walking
USCITA ITALIA: 8 giugno 2021
USCITA USA: 5 marzo 2021
REGIA: Doug Liman
SCENEGGIATURA: Patrick Ness, Christopher Ford
GENERE: avventura, fantascienza, azione, fantastico
PIATTAFORMA: Amazon Prime Video
Nel 2257 d.C. in un pianeta alieno, ma estremamente simile alla Terra, chiamato Nuovo Mondo, in cui il genere umano ha messo nuove radici, Chaos Walking pone al centro delle proprie vicende il rumore, una condizione perenne che insedia tutti i coloni-uomini, permettendo a ciascuno di sentire e vedere i pensieri propri e degli altri. Sopravvissuto è solo il genere maschile, poiché tutte le donne sono state brutalmente uccise tanto tempo prima, quando i coloni ingaggiarono battaglia con i Spackle, una specie umanoide nativa del luogo.
Doug Liman confeziona l'adattamento cinematografico del primo capitolo dell'omonima trilogia young adult post-apocalittica, scritta ed ideata da Patrick Ness. Chaos Walking è il prodotto finale e finito di una produzione fatta di (pochi) alti e (molti) bassi risalente al 2016 e terminata solo nel maggio 2019, a seguito di una serie di reshoots, chiesti a gran voce dai produttori dopo alcuni screen test non proprio soddisfacenti. E le tracce di questa lavorazione problematica ed incostante si notano tutte. Infatti, una volta esaurito il lavoro di un comparto tecnico nella media, la pellicola è chiamata a confrontarsi con una sceneggiatura che deprezza un soggetto interessantissimo, verbosa, ridondante e profondamente letteraria; con una caratterizzazione dei personaggi che va addirittura ad inficiare la stessa chimica tra gli attori; e con interpretazioni espressivamente spicciole (Tom Holland e Daisy Ridley inclusi). Avete capito bene: non solo Chaos Walking rientra perfettamente in quella cerchia di film dalle premesse promettenti e dallo sviluppo arido, ma è forse uno dei più brutti che chi scrive abbia avuto il (dis)piacere di vedere quest’anno.
Il rumore di un uomo è il pensiero non filtrato, e senza un filtro un uomo è giusto Chaos Walking.
Con questa citazione di un “anonimo colono del Nuovo Mondo” - di cui poco dopo rimangono impresse ed evidenti su schermo solo la seconda e le ultime due parole - si apre Chaos Walking, dodicesimo lungometraggio di Doug Liman [regista dalla filmografia incostante, meglio noto per opere sufficienti o più che buone, quali The Bourne Identity, Edge of Tomorrow e Barry Seal - Una storia americana, e per altre più discutibili come il cultissimo Mr. & Mrs. Smith] e adattamento cinematografico del primo capitolo (Chaos - La fuga) della trilogia omonima scritta da Patrick Ness, qui impegnato come sceneggiatore insieme a Christopher Ford.
Ambientato nel 2257 d.C. in questo fantomatico Nuovo Mondo, pianeta alieno, ma ciononostante molto simile alla Terra, in cui il genere umano ha messo nuove radici, Chaos Walking pone al centro delle proprie vicende il rumore, una condizione perenne che insedia tutti i coloni-uomini (attenzione!), permettendo a ciascuno di sentire e vedere i pensieri propri e degli altri. E le donne? Che fine hanno fatto? È presto detto: la storia narra infatti che, tanto tempo prima (ancor prima del 2257), i coloni ingaggiarono battaglia con i Spackle, una specie umanoide nativa del luogo, e che, durante questa guerra, tutte le donne vennero brutalmente uccise, mentre solo metà degli uomini riuscì a sopravvivere.
È sulla base di queste premesse (estremamente interessanti e potenzialmente avvincenti, bisogna ammetterlo) che il film di Doug Liman trova uno dei suoi due protagonisti: Todd Hewitt (Tom Holland), ragazzo tra i più giovani della popolazione di coloni, che, essendo poco più di un infante quando ebbe luogo il massacro, in vita sua non ha mai visto una donna o ragazza in carne ed ossa (della madre invero possiede solo ricordi sbiaditi ed un diario). Rimarrà perciò profondamente sconcertato e turbato quando, un giorno, farà la conoscenza di Viola Eade (Daisy Ridley), giovane ragazza (unica) sopravvissuta allo schianto di una nave da ricognizione proveniente dallo spazio ed inviata nel Nuovo Mondo per indagare su quanto avvenuto ai coloni.
La notizia dell’incidente e della ricomparsa di una donna non passa certo sotto i riflettori e ben presto diventa oggetto di una feroce caccia da parte degli uomini del sindaco Prentiss (Mads Mikkelsen), capo della colonia. Todd e Viola dovranno così fare squadra ed intraprendere un lungo viaggio verso l'avamposto (nemico) di Farbranch, dove possibilmente quest’ultima potrà mandare un messaggio di soccorso alla nave madre…
Come suggerito dall’animazione della citazione iniziale, tra il rumore e Chaos Walking vi è un legame profondo. E non solo a livello narrativo e di messa in scena, ma anche e soprattutto in termini qualitativi. Di conseguenza, il rumore è, sì, Chaos Walking, ma, al contempo, Chaos Walking è (quasi esclusivamente) il rumore. Difatti, è quest'ultimo l'elemento forse più convincente, singolare e funzionante della pellicola di Doug Liman e, parimenti, anche l’unico con cui la produzione non ha nulla a che fare, dal momento che è tutto merito dell’ingegno del già citato Patrick Ness, papà, a tutti gli effetti, di questo nuovo universo narrativo.
Avete capito bene: non solo Chaos Walking rientra perfettamente in quella cerchia di film dalle premesse promettenti e dallo sviluppo arido, ma è forse uno dei più brutti che chi scrive abbia avuto il (dis)piacere di vedere quest’anno, insieme a (guarda caso) Cherry dei fratelli Russo, sempre con Tom Holland protagonista.
Un Tom Holland, quello di Chaos Walking, che - ovviamente limitandosi all’ambito extra-cinecomics - Liman sa gestire, dirigere e comprendere molto meglio dei Russo, ma non abbastanza da renderlo un personaggio memorabile o quantomeno oggetto papabile di empatia da parte del pubblico. Dal canto suo, nell’interpretazione di Todd Hewitt l’ascendente star britannica non sembra infondere la stessa passione rispetto a quanto fatto invece nel junkie-war movie del duo registico di Infinity War ed Endgame.
Ad accompagnarlo in questa sua (e nostra) esplorazione di Nuovo Mondo, una Daisy Ridley che rivela tutta la sua (a nostro avviso) inabilità espressiva, “regalandoci” una prova apatica, indolente e sbiadita, nonché del tutto controproducente in relazione a quello che il racconto e la messa in scena, di lei, vorrebbero raccontare e proporre. Vale a dire l’immagine ormai canonica e consueta di un’eroina forte ed emancipata che preferisce salvare, più che farsi salvare dal giovane, atletico ed aitante, il quale, a sua volta, si mostra in tutta la sua ingenuità ed insicurezza - l’altro elemento azzeccato dalla macchina cinematografica di Liman.
Toni più lieti e positivi sono invece quelli rivolti a Mads Mikkelsen che, pur mantenendosi in una propria comfort zone ben visibile e precisa (quindi “facendo Mads Mikkelsen”), riesce comunque a schiacciare tutte le altre interpretazioni. Si attestano infine tra il nulla cosmico e l’indifferenza più assoluta Nick Jonas nei panni di Davy Prentiss Jr., il figlio del sindaco, e Cynthia Erivo come Hildy, sindaca di Farbranch.
Complice, ma pure causa, di prove attoriali sommariamente deludenti, una sceneggiatura in cui si sente drammaticamente l’influsso di Patrick Ness, intento a preservare e rispettare quanto meglio il contenuto della propria opera, purtroppo a discapito di un pathos e di un’epica del tutto assenti e mai veramente cinematografici e di una caratterizzazione dei personaggi che si mostra fin da subito in tutta la sua letterarietà, verbosità e ridondanza. Così come ridondante è la resa filmica del rumore, di cui viene ben espressa l’invadenza e l’oppressione ai danni dei coloni e degli uomini di Nuovo Mondo, ma che, in termini prettamente esperienziali, si tramuta in uno dei peggiori incubi dello spettatore, continuamente bombardato da voci sovrapposte, urli esacerbanti, fasci di luce ed effetti a schermo che si propagano senza tregua per ben un’ora e cinquanta.
110 minuti, quelli ottenuti da un montaggio nella norma, che, tuttavia, sembrano interminabili e la cui pesantezza è il diretto effetto di un intreccio estremamente irregolare che ora dedica pochissimo screentime ad un argomento potenzialmente intrigante, ora invece si dilunga su dettagli inutili e dialoghi dalle formule retoriche e dagli esiti scontati.
Ciò nonostante, il più grave peccato della sceneggiatura di Chaos Walking è proprio il deprezzamento e la svalutazione di un’idea di partenza estremamente forte, nonché potenziale fautrice di un racconto young adult post-apocalittico dal sapore inedito o, perlomeno, dal divertimento ed intrattenimento senza pretese. Al contrario, il duo Ness-Ford si accontenta di un calderone di tutti gli stilemi, costrutti e luoghi comuni del filone - da Hunger Games a Maze Runner (con cui si potrebbe stabilire il paragone più congruo) -, che, pur nella sua didascalicità ed ampollosità, riesce comunque a proporre e a raccontare male, dicasi anche in maniera frettolosa e superficiale, quello stesso mondo da noi così elogiato qualche riga sopra.
È quindi da un racconto così creativamente svogliato da non riuscire a sfiorare nemmeno lo status di “compitino”, che derivano poi tutti i vari problemi drammaturgici, compositivi ed immaginifici di Chaos Walking. Primo fra tutti, la caratterizzazione di gran parte dei personaggi: assolutamente mediocre e monotona. Non bastano pertanto la polivalenza semantica e i vari legami che il film intrattiene con la nostra attualità, il fatto che l’intreccio sia praticamente una gigantesca, forse la più dispersiva ed instabile, metafora della mascolinità tossica o che nella storia degli antenati di Viola si possa individuare una connessione con un tema quanto mai presente come quello dell’emigrazione/immigrazione; a sopperire all’insufficienza di uno sviluppo narrativo talmente poco approfondito da arrivare addirittura a minare la stessa chimica tra i due attori protagonisti (di fatto assente).
Quella di Chaos Walking è la storia di un progetto nato morto e di un disastro già annunciato (solo dal budget, esorbitante, di circa 125 milioni di dollari). Basti vedere quanto travagliata è stata la sua produzione fin dalla stessa sceneggiatura, la cui prima stesura è nientepopodimeno che di Charlie Kaufman, risale al 2016 e, da allora, è passata tra molte mani [Jamie Linden, Lindsey Beer, John Lee Hancock] fino ad arrivare a quelle del duo Ness-Ford. Inoltre, come non bastasse, in seguito a screen test non proprio soddisfacenti, la produzione fissò delle riprese aggiuntive tra fine 2018 ed inizio 2019, che, a causa degli impegni di Tom Holland e Daisy Ridley, vennero effettuate (in ritardo) solo nel maggio 2019, tuttavia, non per mano del già citato Liman, bensì di Fede Álvarez.
Capite anche voi che, date le circostanze (salvo miracoli), il risultato finale non avrebbe potuto essere niente più che un buon film d’intrattenimento. Purtroppo, queste nostre aspettative erano anche troppo rosee rispetto all'elaborato definitivo. Infatti, se la messa in scena, la fotografia (umida e bagnaticcia) di Ben Seresin e la regia di Liman - eccezion fatta per un po’ di confusione in alcune delle sequenze più frenetiche - potrebbero pure salvarsi, è una volta esaurito il loro lavoro che Chaos Walking è chiamato a confrontarsi con la propria bruttezza.
Una mediocrità che ci costringe (neanche troppo a malincuore) a definire la pellicola di Doug Liman tutt’al più una bieca operazione commerciale per sfruttare lo stardom e la nomea acquisita dai suoi due attori principali (Holland con Spider-Man, Ridley con la nuova trilogia di Star Wars) e così dare inizio ad un nuovo canone cinematografico. Certo è che se l’intento di tutto Chaos Walking era solo mostrare il didietro di Tom Holland (che, al di fuori della Marvel, sta collezionando solo fallimenti), ci si poteva “adoperare” anche un po’ meno. To be continued... (speriamo proprio di no)
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