TITOLO ORIGINALE: Gretel & Hansel
USCITA ITALIA: 19 agosto 2020
USCITA USA: 31 gennaio 2020
REGIA: Oz Perkins
SCENEGGIATURA: Oz Perkins, Rob Hayes
GENERE: horror, fantastico
Oz Perkins dirige una versione rivisitata ed aggiornata, in salsa horror, del classico racconto dei fratelli Grimm. Un comparto tecnico-estetico raffinato ed ottime interpretazioni tentano invano di riabilitare una sceneggiatura non all’altezza, caratterizzata da dialoghi dimenticabili, caratterizzazioni mediocri dei personaggi, sequenze inutili ed un sottotesto femminista mal contestualizzato, nonché vittima di jumpscares irritanti ed evidenti tagli in sede di montaggio.
I fratelli Grimm e le loro fiabe hanno donato, per anni, linfa vitale alle produzioni hollywoodiane e non solo. Su questo non ci sono dubbi. I racconti dei due autori tedeschi hanno dato origine ad opere di rara bellezza e valore storico come, per esempio, vari (ovviamente, rivisitati) classici Disney del calibro di Cenerentola e Biancaneve. Tuttavia, queste stesse storie sono state anche matrice di flop e scempi produttivi di cui, forse, è meglio non conservare più memoria. E’ questo il caso, per citarne alcuni, dei due capitoli di Biancaneve e il cacciatore, dell’infinito Into the Woods e, per arrivare finalmente all’argomento della recensione, del frenetico Hansel e Gretel - Cacciatori di streghe di Tommy Wirkola con Jeremy Renner e Gemma Arterton protagonisti. Se l’adattamento del 2013 di Wirkola poneva la classica fiaba dei due fratellini (ormai cresciuti all’interno del film) in un contesto puramente action, Gretel e Hansel - trasposizione del 2020 di Oz Perkins - trasla il tutto ad una dimensione maggiormente horrorifica.
La trama e gli aspetti e perni narrativi sono sempre gli stessi, pur con qualche leggero ritocco. Ritroviamo infatti i due fratelli persi nel bosco che, digiuni ed affamati, vengono attratti da una casa che promette loro cibo in abbondanza, dimora di una strega potente e malvagia. Ciò nonostante, se nel racconto dei Grimm i bambini vengono abbandonati nel bosco dai loro stessi genitori, nella pellicola di Perkins questi decidono di lasciare autonomamente la propria casa. Allo stesso modo, la famosa casetta di marzapane, in questa trasposizione, viene trasformata in una casa dall'architettura spigolosa e fin da subito minacciosa. Non soddisfatto, il cineasta muta anche l’obiettivo primario della strega, che passa dal cibarsi dei due ragazzini all'istruire Gretel nella padronanza delle arti oscure, così da renderla indipendente e detentrice del proprio destino.
Dietro la macchina da presa, il sopracitato Oz Perkins, figlio del più famoso Anthony, ispirato e consapevole, alla sua terza pellicola, dello status attuale del genere. Nella sua direzione, infatti, è evidente una chiara ispirazione all’esordiente, ma proficuo, Robert Eggers che, con soli due film all’attivo, è riuscito ad affermarsi come una delle figure registiche più promettenti degli ultimi anni. Per essere più precisi, dallo stile di quest’ultimo, Perkins si avvale della dimensione folkloristica e da fiaba nera di The VVitch, unendola alla tecnica e stile dell’ultimo The Lighthouse. Difatti, non considerando il prologo e flashback iniziale, Gretel e Hansel è stato completamente girato in formato 4:3, rendendo, di conseguenza, ogni singola inquadratura un piccolo quadro claustrofobico. Un altro paio di scelte stilistiche inusuali sono, senza dubbio, l’uso preponderante del grandangolo ed una differenziazione dell’approccio registico in base allo scenario - camera a mano nelle sequenze esterne e camera fissa in quelle interne -, a cui si sommano, in seconda battuta, una preferenza per tipologie di inquadratura quanto più espressive e vicine ai personaggi ed una valorizzazione delle altezze messe a disposizione dalla suggestiva e minacciosa ambientazione - tra alberi sinistri ed architetture spigolose e volutamente geometriche.
Peccato però che, pur avendo una visione registica valida e quanto meno insolita in campo horrorifico (se non per il già nominato Robert Eggers e per Ari Aster), alcune delle scelte poetiche succitate arrivino a minare sfortunatamente l’integrità di intere scene. Mi riferisco, in particolare, alla decisione di utilizzare la camera in mano nei frammenti in esterna (quelli con maggior movimento), che, invece di comunicare un simil-senso di tensione espressiva ed inquietudine dell’immagine, tramuta la scena in un pasticcio traballante che ne sacrifica immediatamente l’eventuale riuscita. La vera punta di diamante del comparto tecnico è però la fotografia di Galo Olivares che, seguendo la rotta imposta dalla regia, impone al proprio lavoro un cambio stilistico in base all'ambientazione - realistica e naturale nelle scene in esterni, artificiosa, teatrale e manierista in quelle in interni, con giochi di contrasto tra colori caldi e freddi che fanno letteralmente strabuzzare gli occhi. Purtroppo, l’atmosfera e tensione che iniziano a crearsi ed elevarsi con l’incedere dei minuti vengono successivamente infrante da una colonna sonora fuori luogo rispetto al contesto e all'argomento e montata quasi a casaccio e da una sceneggiatura, di certo, non al pari della portata di un comparto tecnico così ricercato e ben confezionato.
Essendo Gretel e Hansel, in tutto e per tutto, un horror con elementi soprannaturali ed esoterici, l’obiettivo ed intento originale della produzione sarebbe indubbiamente instillare spavento ed inquietudine nello spettatore mediante una tensione e climax crescenti. Dopo averlo visto, posso però affermare, con totale sicurezza, che l’opera di Perkins, da un punto di vista meramente narrativo, non riesce ad infondere tutte quelle sensazioni richieste ad un buono o ottimo film horror. Partendo dai personaggi principali - abbastanza irregolari e talvolta incoerenti nella loro costruzione, con decisioni e cambiamenti di pensiero fulminei -, passando per l’insufficiente tasso di violenza visiva e psicologica presente, spiegoni rallentanti ed un collegamento e fusione degli eventi tutt’altro che solida ed omogenea; fino ad arrivare al sottotesto di female empowerment alla Angela Carter, incarnato dal personaggio di Gretel, la sceneggiatura di Perkins e Hayes inquieta, ma non terrorizza lo spettatore quasi mai. Affidando praticamente quasi tutto il fardello horrorifico al comparto tecnico, alla potenza del sonoro e alla suggestione di ambientazioni, make-up ed effetti speciali, la scrittura di Gretel e Hansel, come ultimo, disperato tentativo, tenta di far saltare il pubblico sulla poltroncina mediante un paio di jumpscares che, oggi come oggi, non hanno neanche più così effetto.
Interpretazioni sommariamente molto buone - soprattutto quella minacciosa di Alice Krige nei panni della strega - da parte di tutto il cast si adoperano invano per riabilitare dialoghi abbastanza dimenticabili, un discorso sociale mal amalgamato e contestualizzato nel racconto dei fratelli Grimm e disperati ed infruttuosi tentativi di spaventare lo spettatore, in un film che, raggiungendo la piena sufficienza soltanto per l’evocativo comparto tecnico-estetico, sembra essere stato vittima di drastici tagli in sede di montaggio. Esiste sicuramente di peggio nel panorama attuale del genere, ma da qui a definire Gretel e Hansel un horror riuscito ce ne passa.