TITOLO ORIGINALE: Il buono, il brutto, il cattivo
USCITA ITALIA: 23 dicembre 1966
REGIA: Sergio Leone
SCENEGGIATURA: Sergio Leone, Luciano Vincenzoni, Age & Scarpelli, Sergio Donati
GENERE: western
Tre uomini dal passato misterioso si mettono in viaggio per ritrovare un tesoro perduto dal valore di 200.000 dollari sullo sfondo della guerra di Secessione americana. Con Il buono, il brutto, il cattivo, si chiude la famosa trilogia del dollaro leoniana. Il cineasta capitolino firma un capolavoro immortale e memorabile che ha fatto e continuerà a fare scuola. Una regia mai convenzionale e dalle forti volontà iconologiche e comunicative, una sceneggiatura che abbraccia tutti i temi trattati nei due film precedenti con l’aggiunta di una trattazione sorprendentemente lucida della guerra e della sua inutilità, interpretazioni magistrali, un montaggio sincronico ed una colonna sonora che compete con la macchina da presa per iconicità.
Sulla scia del successo di Per qualche dollaro in più - séguito a sua volta di Per un pugno di dollari -, solo un anno dopo (1966), esce nei cinema Il buono, il brutto, il cattivo. Per evitare di cadere nel ridondante, replicando situazioni già viste e soluzione già utilizzate nelle due precedenti pellicole, Sergio Leone decide di aumentare - così com'era successo per Per qualche dollaro in più - il numero di protagonisti, da due a tre. Non soddisfatto, il cineasta sceglie inoltre di ambientare la vicenda in piena Guerra Civile, conferendo al racconto un respiro più epico e mitico. Ultimo capitolo della nota trilogia del dollaro leoniana e riconosciuto universalmente, fin da subito, come uno dei massimi apici del genere spaghetti western, Il buono, il brutto, il cattivo segue le orme di tre uomini dal passato - come sempre - oscuro e misterioso che, in seguito ad una serie di eventi fortuiti, arrivano ad avere un obiettivo comune: il ritrovamento di un tesoro in oro dal valore di 200.000 dollari. Facciamo quindi la conoscenza del Biondo/Buono, un cacciatore di taglie e pistolero solitario abbastanza ambiguo, di Tuco Ramirez/Brutto, un bandito spiritoso e maldestro costantemente braccato dalla giustizia, e di Sentenza/Cattivo, un sergente dell’esercito unionista senza scrupoli che, a volte, preferisce sporcarsi le mani, vestendo i panni di un sicario estremamente abile ed ostinato.
Con Il buono, il brutto, il cattivo, Sergio Leone arriva decisamente alla piena maturazione della sua tecnica, poetica ed estetica registica, dando origine ad una delle prove più solide e magistrali della sua intera filmografia. Pur superando in pieno l’acerbezza di Per un pugno di dollari, il cineasta, nella regia del film, ne recupera diversi elementi e crismi tipici - come l’ormai tradizionale e teso gioco di sguardi, su cui basa gran parte dei frammenti più tesi ed adrenalinici -, elevandoli alla loro massima potenza. Inquadrature mai convenzionali, strutturalmente azzardate, nervose ed esplosive, sequenze in cui la narrazione è totalmente affidata ad una coesione e sintonia sbalorditiva tra regia, montaggio, interpretazioni e colonna sonora e momenti ansiogeni ed inquieti, nonostante il silenzio irreale, sono la base di una visione registica dalle forti volontà iconologiche e comunicative.
Vedi, il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica e chi scava. Tu scavi.
Il Biondo (Clint Eastwood)
Il triello finale, la mastodontica battaglia tra nordisti e sudisti (impensabile anche solo in Per qualche dollaro in più), il ritrovamento della diligenza nel deserto, il pestaggio di Tuco sono tutti indici, oltre che di un budget molto più generoso, di una monumentalità ed iconicità che trascendono il passare degli anni, dei decenni, delle epoche. A livello tecnico, non sono da meno neanche la fotografia di Tonino Delli Colli - dai toni equilibrati ed armonici -, il montaggio preciso e sincronico, il trucco che, soprattutto nella sequenza del deserto, raggiunge vette di assoluta realisticità, e l’eterna e perfetta colonna sonora di Ennio Morricone - una costante che accompagna lo spettatore per tutta la visione e che, negli ultimi venti minuti, si avvicina alla regia per epicità e grandezza.
Come sopra, da un punto di vista narrativo, Leone, insieme a Luciano Vincenzoni, pensa in grande, facendo de Il buono, il brutto, il cattivo una gigantesca epopea western che abbraccia tutti i diversi nuclei tematici già affrontati dal cineasta nei due film antecedenti e molto altro ancora. Si passa quindi da tematiche più classiche come la vendetta e il valore della vita ad argomenti inaspettati ma estremamente coerenti e ben inseriti nel mosaico narrativo dell’opera. Infatti, scegliendo di inserire i propri protagonisti in un contesto bellico, Leone, oltre ad elevare il racconto su tutt’altro piano, dandogli maggior respiro, favorisce, per l’appunto, una trattazione, tra denuncia aperta e satira demistificante, sorprendentemente lucida sia dell’inutilità e della brutalità della guerra sia della storia stessa degli Stati Uniti d’America. In più, questa scelta narrativa ha benefici positivi sulla caratterizzazione dei personaggi, in particolare, su quella del Biondo che - pur rischiando di apparire ipocrita e sleale, essendo egli un pistolero -, di fronte all'orrore dei combattimenti, non può astenersi dal denotarne la completa futilità. Questa complessità tematica è bilanciata, in parallelo, da una profondità maggiore nella gestione del racconto: due storyline con fini e toni differenti confluiscono, mediante un intreccio chirurgico e meticoloso, in un climax largamente atteso e preventivabile che, da un punto di vista di memorabilità, scrittura dei dialoghi, ritmo e tensione, ha fatto letteralmente la storia del cinema.
I dollari sono, rispettando fedelmente il titolo della trilogia, anche qui il motore dell’azione e del fare per essere dei personaggi che, specialmente all'interno di questo ultimo capitolo, dimostrano di essere frutto di una scrittura eccellente, attenta e versatile - passa dal thriller alla commedia con una facilità disarmante. Il lavoro iniziato dalla sceneggiatura viene ultimato, in ultima battuta, da un tris di interpretazioni veramente fenomenale - un Clint Eastwood solidissimo, un algido e minaccioso Lee Van Cleef e un Eli Wallach tremendamente umano e viscerale, il protagonista spirituale del film - che ha contribuito in larga parte alla resa iconica di queste figure. L’aspetto sbalorditivo delle prove attoriali di Eastwood e Van Cleef - presenti anche in Per qualche dollaro in più - è l’abilità di trasformazione e adattamento al personaggio che stanno interpretando, rendendolo in tutto e per tutto diverso a quello precedente.
Il buono, il brutto, il cattivo è un film che non ha sicuramente bisogno di presentazioni o complimenti di sorta, perché sa difendersi benissimo da sé. Un’opera divenuta parte integrante del nostro immaginario comune - anche e soprattutto per i venti minuti conclusivi -, di qualsiasi manuale di storia del cinema che si rispetti e dei cuori di appassionati e non del genere western. Non solo uno spaghetti western, ma lo spaghetti western per eccellenza. Una pellicola semplicemente immortale che ha fatto e continuerà, ancora per molto tempo, a far scuola, ispirando ed influenzando generazioni di nuovi volti della nona arte. Un triello di emozioni, tensione, lezioni di cinema che mai ci stancheremo di rispolverare.