TITOLO ORIGINALE: Per qualche dollaro in più
USCITA ITALIA: 18 dicembre 1965
REGIA: Sergio Leone
SCENEGGIATURA: Sergio Leone, Luciano Vincenzoni
GENERE: western
Un anno dopo il capolavoro che diede vita al filone degli spaghetti western, Sergio Leone torna dietro la macchina da presa, confezionando un racconto di cacciatori di taglie che, facendo propri i pro e rispettando in toto gli standard regolati dalla pellicola precedente, si configura come un’opera lucida e di passaggio verso ciò che sarà l’opera omnia del cinema leoniano. Interpretazioni ottime, una regia molto più ambiziosa ed una sceneggiatura di ampio respiro fanno di Per qualche dollaro in più il sequel perfetto di Per un pugno di dollari.
“Dove la vita non aveva più valore, la morte, a volte, aveva il suo prezzo. Questo è il motivo dietro l’apparizione dei cacciatori di taglie”. Nel 1965, un anno dopo il capolavoro che lo consacrò internazionalmente, Sergio Leone produce Per qualche dollaro in più, secondo capitolo della celebre trilogia del dollaro. Superato un periodo di blocco creativo - durante il quale il regista aveva preso in considerazione l’idea di girare un thriller o, addirittura, un film autobiografico - capì che, in quel determinato momento, il filone western era quello che lo stimolava maggiormente. Tornano dunque sul grande schermo i grandi Clint Eastwood e Gian Maria Volonté, anche se, questa volta, nei panni di personaggi leggermente differenti rispetto a quelli di Per un pugno di dollari. L’ambientazione è, come sempre, quella di frontiera del New Mexico, tuttavia il racconto si focalizza su tre figure peculiari e, per diverse ragioni, unite tra di loro.
Lo spettatore fa quindi la conoscenza de Il Monco (Eastwood), un cacciatore di taglie - soprannominato così poiché solito utilizzare soltanto la mano sinistra per avere la destra sempre a portata della pistola - che vaga di città in città, in cerca di bersagli che gli possano fruttare qualche dollaro (in più). Come lui, anche l’ex colonnello Douglas Mortimer (Van Cleef) - abile e raffinato tiratore - è alla ricerca di qualche bandito da acciuffare e consegnare alla giustizia. I due non sanno però che ben presto saranno costretti ad allearsi in nome di un obiettivo in comune. Suddetto obiettivo porta il nome di El Indio (Volonté), criminale non troppo sano di mente ma terribilmente astuto, recentemente evaso di prigione grazie all’aiuto dei suoi scagnozzi e misteriosamente legato al colonnello Mortimer.
Dopo l’inaspettato ed enorme successo di Per un pugno di dollari, a Leone venne riservato l’arduo compito di perfezionare e sviluppare in meglio la formula innovativa che, con la pellicola precedente, aveva rimpiazzato tutto ciò che di demodè permeava il genere western. Anche solo vedendo i minuti iniziali di Per qualche dollaro in più, è subito possibile notare però come il regista abbia trovato una crasi perfetta tra radici e sviluppo. Infatti, già dai titoli di testa, è possibile riconoscere quell’atmosfera e tutti quegli elementi che hanno reso Per un pugno di dollari un’opera iconica e rivoluzionaria. Questo mix, già ben rodato, viene poi unito ad una trattazione tematica ed un intreccio estremamente più vasti ed epici, provocando, in modo parallelo, un distacco ed un’elevazione rispetto alle potenzialità del primo capitolo. Inoltre, con Per qualche dollaro in più, la regia di Leone, pur mantenendo i suoi tratti caratteristici e fondamentali, si fa decisamente più ambiziosa.
- Diecimila, dodicimila. Quindici, diciannove, ventuno, venticinque. [si gira, per abbattere Groggy, ancora vivo] - E quattro ventinove. [Al rumore dei colpi, interviene il colonnello Mortimer] - Che succede, ragazzo? - Ah, niente, vecchio: non mi tornavano i conti. Ne mancava uno…
Il Monco (Clint Eastwood) e Douglas Mortimer (Lee Van Cleef)
Rifanno così la propria apparizione il continuo e classico gioco di proporzioni (soprattutto, nei momenti antecedenti una sparatoria), inquadrature aperte e arieggiate accostate a close-up claustrofobici, espressivi ed inquieti e sequenze frenetiche dal ritmo e movimenti di macchina perfetti. Questa crescita ed evoluzione si palesa, sempre a livello tecnico, anche nella fotografia di Massimo Dallamano, nella colonna sonora di Ennio Morricone - che, nelle sequenze incentrate sull’orologio di Indio, raggiunge alcune delle vette più alte della sua carriera - e nel montaggio - alternato, parallelo e lineare -, armonioso e millimetrico.
Ciò nonostante, il vero fiore all'occhiello della produzione - così come nel caso di Per un pugno di dollari - è e rimane la sceneggiatura che, come accennato sopra, viene arricchita con un racconto dalle molteplici sfaccettature ed estremamente più complesso. Difatti, se, nel primo capitolo, la progressione e strutturazione della trama erano estremamente lineari e tradizionali, in Per qualche dollaro in più intreccio e gestione dei personaggi si complicano sensibilmente. Per quanto riguarda il primo aspetto, nella stesura della sceneggiatura, Leone - insieme a Luciano Vincenzoni - usufruisce a più riprese del flashback, grazie a cui mette in scena un coup de théâtre inaspettato per l’epoca. Invece, dal punto di vista della costruzione dei personaggi e della tensione narrativa, il cineasta si serve ripetutamente del McGuffin, tecnica che Hitchcock porterà alla sua massima espressione, un paio d’anni più tardi, con Psycho. Il McGuffin in questione è, per l’appunto, il già citato e noto orologio di El Indio, divenuto una vera e propria icona della pellicola. Grazie a questo stratagemma, Leone riesce, fin da subito, ad infondere personalità e mistero al suo villain principale, interiormente e psicologicamente più dinamico e multiforme del già ottimo Ramon. Questa complessità nella scrittura viene adottata anche dai due anti-eroi comprimari, in particolare dal colonnello Mortimer che, per buona parte del film, riesce persino a rubare la scena a Monco e Indio - merito anche e soprattutto dell’ottima e corvina interpretazione di Van Cleef.
Temi come la vendetta e il valore della vita e della morte sono fattori fondamentali nel mosaico di Per qualche dollaro in più, da molti considerato il film più debole della trilogia leoniana, ma che, al contrario, si mostra al pubblico come una continuazione consapevole e lucida che, facendo suoi i pregi e rispettando in toto gli standard imposti da Per un pugno di dollari, porta il tutto ad una dimensione più epica e di ampio respiro. Ambientazioni, personaggi, intreccio, tecnica, tutto sembra puntare all’evoluzione e crescita creativa e stilistica che porteranno Sergio Leone a produrre, solo un anno più tardi, il suo capolavoro assoluto: Il buono, il brutto, il cattivo.