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PER UN PUGNO DI DOLLARI, UN CULT CHE COLPISCE AL CUORE

SCHEDA

TITOLO ORIGINALE: Per un pugno di dollari
USCITA ITALIA: 12 settembre 1964
REGIA: Sergio Leone
SCENEGGIATURA: Sergio Leone, Duccio Tessari, Fernando Di Leo
GENERE: western

VOTO: 9.5

RECENSIONE:

Bob Robertson alias Sergio Leone dirige un cult di altri tempi che, con l’intento di rivitalizzare un genere considerato ormai stantio, diede il via ad un filone totalmente nuovo. Una regia acerba ma notevole, concentrata sul potenziamento e sull’enfatizzazione dell’espressività degli interpreti e della tensione narrativa, ed una sceneggiatura ben orchestrata e dal ritmo impeccabile seguono le orme dell’Uomo senza nome/Clint Eastwood in un west di frontiera atipico. Completato da una fotografia autentica, un montaggio rigoroso ed una colonna sonora leggendaria, Per un pugno di dollari è un capolavoro immortale, un ricettacolo di sequenze e momenti memorabili, una fonte di ispirazione per generazioni di registi, uno dei primi grandi film di genere italiani.

Un tema musicale che porta con sé la firma indistinguibile del maestro Ennio Morricone, sfondi rossi e neri su cui si alternano, prima una serie di cerchi di fumo, poi alcuni cowboy che galoppano ed una grandine di colpi sparati da pistole e fucili: si apre così - con una sequenza tanto flagrante quanto iconica - Per un pugno di dollari, secondo film da regista di Sergio Leone, nonché capostipite principale del filone degli spaghetti western (o western all’italiana) e primo della cosiddetta trilogia del dollaro.

Per un pugno di dollari

Remake de La sfida del samurai di Akira Kurosawa, la pellicola vede come protagonista un Clint Eastwood appena trentaquattrenne nei panni di Joe, pistolero solitario noto anche con lo pseudonimo di Uomo senza nome. Questi, dopo un lungo peregrinare, giunge alle porte di San Miguel, cittadina al confine tra Stati Uniti e Messico. Recatosi alla locanda, Joe viene a sapere da Silvanito - proprietario della suddetta - che la città è soggetta alla lotta di potere e affari tra due famiglie criminali: quella dei fratelli Rojo e quella dei Baxter. Incuriosito da questo gioco di tensioni - in cui vede una possibilità di arricchirsi -, Joe decide di offrire i suoi servigi da pistolero a entrambe le fazioni per un pugno di dollari. Queste sue mire di guadagno verranno però ostacolate da un triangolo amoroso che, coinvolgendo direttamente una giovane madre del luogo e Ramon - uno dei fratelli Rojo -, stravolgerà completamente i labili equilibri del paese.

Per un pugno di dollari

Nel 1964 (anno di uscita del film), il western per eccellenza - quello di John Ford, per intenderci - stava vivendo un periodo di declino creativo e commerciale. Il filone era, da tempo, completamente immerso in un ciclo di ripetitività, omologazione e prevedibilità che faceva storcere il naso a gran parte degli spettatori. Perciò, il fatto che Sergio Leone - personalità registica ancora sconosciuta all’epoca - stesse dirigendo un western “all’italiana”, inizialmente non alzò il polverone che molti si potrebbero aspettare, anzi, la quasi totalità dei produttori riteneva la produzione un flop assicurato. Malgrado ciò, una volta uscito, Per un pugno di dollari provocò una drastica ed inaspettata inversione di tendenza, generando uno dei maggiori incassi del tempo (attualmente è il terzo film italiano più visto di sempre).

Per un pugno di dollari

Posto ciò, è lecito chiedersi a cosa sia dovuto tutto questo successo di pubblico e, solo in un secondo momento, di critica. Sergio Leone ha puntato sul cavallo giusto, facendo le giuste scelte, oppure ha confezionato un prodotto ragionato e progettato per cambiare e scuotere la ridondante tradizione che imperava nel western tra gli anni 50 e 60? Ragionando con il senno di poi, potrebbe chiaramente trattarsi di un’unione di entrambi i fattori. E’ certamente indubbio però che Leone abbia pensato a Per un pugno di dollari (così come all'intera trilogia del dollaro) con il palese intento di rivoluzionare il vecchio, dando origine a qualcosa di nuovo: il sopracitato spaghetti western - che, qualche anno più tardi, vivrà la stessa fase di declino del western classico con pellicole scadenti e profondamente dimenticabili.

Beh, che ti succede, Ramòn? Ti trema la mano, o forse hai paura? Al cuore, Ramòn, al cuore! Se vuoi uccidere un uomo, devi colpirlo al cuore, sono parole tue, no? Al cuore, Ramòn, al cuore altrimenti non riuscirai a fermarmi!

Uomo senza nome (Clint Eastwood)

Tornando con la mente al 1964, l’operazione di Leone fu indubbiamente innovativa e pionieristica. Nella stesura della sceneggiatura, il cineasta - insieme a Duccio Tessari e Fernando Di Leo - andò ad apporre alcune modifiche peculiari alla classicità del genere - rendendo il tutto molto più duro, crudo e sanguinario, lontano anni luce dalla fissità e stilizzazione delle radici del filone. Per prima cosa, eliminò o, comunque, relegò la figura femminile ad un ruolo marginale nell'economia del racconto. Dopodiché compì un’operazione simile sullo stesso protagonista, il quale, a differenza di un tipico John Wayne, è tutto fuorché un eroe senza macchia e senza paura - in diverse situazioni, preferisce aggirare il pericolo con inganni e trucchi piuttosto che affrontarlo a muso duro. Questa sua imprevedibilità di azione e comportamento ha, come conseguenza principale, la creazione di una tensione e sorpresa costante - estesa poi all'intero intreccio.

Per un pugno di dollari

Questa azione di ribaltamento di crismi e tensione perenne viene enfatizzata, in secondo luogo, da una regia ancora acerba se confrontata a lavori successivi del regista come Il buono, il brutto e il cattivo, ma comunque notevole per un’opera seconda. La mano registica di Leone presenta, tra i maggiori pregi, l’elevazione espressiva - mediante primi piani mozzafiato - sia di attori talentuosi e comunicativi come Gian Maria Volonté (che, in carisma, a volte supera quasi Joe) sia di interpreti mono-espressivi come Clint Eastwood. A sua volta, uno dei fulcri tematici sopracitati - l’equilibrio, per l’appunto - viene ripreso, a sua volta, da messa in scena, regia e montaggio che, basando gran parte della tensione su un ripetuto e nervoso gioco di sguardi, danno vita ad intere sequenze in cui spesso le sole immagini valgono più di mille parole. Questo mix - così armonioso e ben orchestrato da essere ritmicamente perfetto - viene completato infine da una fotografia schietta e autentica e da una colonna sonora divenuta leggenda.

Un ricettacolo di momenti entrati di diritto nella storia del cinema mondiale. Fonte d’ispirazione per generazioni di grandi registi tra cui Quentin Tarantino, Martin Scorsese, Robert Zemeckis. Uno dei più grandi film di genere del cinema italiano. Un vero e proprio rivitalizzatore del genere western. Tante cose si possono dire a riguardo, ma una cosa è innegabile: quando si parla di Per un pugno di dollari, ci si sta riferendo ad un reale, immortale ed appassionante capolavoro.

PRO:

  • Regia notevole per un’opera seconda, caratterizzata da primi piani mozzafiato
  • Sceneggiatura ben orchestrata, solida e rivoluzionaria, dalla tensione e sorpresa crescente
  • Ritmo impeccabile
  • Clint Eastwood iconico, pure con la sua monoespressività
  • Gian Maria Volonté carismatico, a volte anche più di Eastwood
  • Colonna sonora leggendaria
  • Montaggio rigoroso
  • Messa in scena espressiva
  • Fotografia autentica

CONTRO:

  • Ancora acerbo rispetto ai due film della trilogia o a opere successive di Leone, anche e soprattutto per causa produttive
Pubblicato da Nicolò Baraccani il 10 Luglio 2020
Categorie
  • Cinema
Tag
  • 1964
  • Clint Eastwood
  • CULT
  • Gian Maria Volonté
  • Sergio Leone
  • Trilogia del dollaro
  • WESTERN
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