TITOLO ORIGINALE: Come può uno scoglio
USCITA ITALIA: 28 dicembre 2023
REGIA: Gennaro Nunziante
SCENEGGIATURA: Pio d'Antini, Amedeo Grieco, Gennaro Nunziante
CON: Amedeo Grieco, Pio d'Antini, Francesca Valtorta, Nicola Rignanese
GENERE: commedia
DURATA: 90 min
Quarta proposta comica natalizia del 2023, Come può uno scoglio di Gennaro Nunziante, terzo lungometraggio con protagonista Pio e Amedeo, è un film che, sotto la solita allure anticonformista e politicamente scorretta, cela un'anima gentile e molto dolce. Che, malgrado tutti i buoni propositi, nulla può contro il suo essere di fatto la copia della copia della copia di prodotti a lui coevi, ed una irresoluzione di fondo, tra discorso e fatto filmico.
Che la commedia italiana (e, va da sé, il nostro cinema popolare) fosse e sia tuttora in forte crisi, non ci voleva certo Come può uno scoglio per capirlo. Quello che fanno Pio e Amedeo è infatti limitarsi a battere, per l’ennesima volta, il percorso che ha reso la nostra produzione comica - rimanendo in tema - al pari di una continua, indolente marea che si espande ed immediatamente si ritira, lambendo e bagnando le coste del cinema italiano, con la sola eccezione di qualche sporadica burrasca che arriva e riesce a sparigliare felicemente le acque. Ma al contempo, è anche vero che il terzo lungometraggio con protagonista il duo foggiano rende perfettamente l’idea di quale sia la rovinosa e tragicomica dimensione di una china che i più disillusi definiscono irreversibile.
Come può uno scoglio vede invero la luce della sala e del grande schermo in quasi contemporanea con Succede anche nelle migliori famiglie di e con Alessandro Siani e l’ultimissimo 50 km all'ora di e con Fabio De Luigi, e - pur parendo inverosimile anche solo a scriversi - si rivela di fatto una crasi di entrambe queste pellicole. Laddove, del ruspante ed amabile Thelma & Louise emiliano-romagnolo (e al maschile), ritrova e ripresenta allora l’elemento del viaggio e, dunque, del road movie più sketchistico (che del resto è tipico di tanto cinema del nostro paese), dell’ultima fatic(acci)a (nostra) del comico napoletano arriva addirittura a ricalcare per filo e per segno certe dinamiche, caratterizzazioni e gag. Ecco: vedere questi tre film in modo quasi coevo permette una visione disarmante e, in ultima analisi, forse davvero terminale o, meglio, geriatrica, della nostra commedia nazionalpopolare.
Una produzione che non è nemmeno più la bieca applicazione di una formula rodata ed esplorata in lungo e in largo, bensì ormai la copia della copia della copia della copia di sé stessa. Polverosa alla stregua della freddura o della barzelletta più inflazionata e perciò facilmente detestabile. Giunta ad un tale punto di saturazione dell’offerta ché quasi la risata pare un optional. Ovviamente, fra i tre titoli da noi citati ci sono diversi gradi di separazione e di qualità, di modi più o meno nobili e dignitosi di pensare la leggerezza e l’intrattenimento (ilare e ridanciano) per il grande pubblico, ma ciò crediamo non depotenzi affatto (anzi!) la validità delle nostre posizioni.
Tornando però nel merito di Come può uno scoglio - che, a partire dalla mano registica e dalla sensibilità di un professionista come Gennaro Nunziante, non è (e mai potrà essere) equiparabile all’orfana bruttezza di Succede anche nelle migliori famiglie -, è d’uopo sottolineare che, subito dopo la duplicazione sistematica, esso trova il suo limite maggiore nella contraddittorietà di parole e fatti. Più precisamente, in una irresoluzione di fondo tra il messaggio, il discorso, la morale(tta) che vorrebbe impartire e il modo, le maniere filmiche con cui intende portare a termine questa precisa funzione.
Perciò nella storia dello strano incontro tra uno scaltro delinquentello pugliese da quattro soldi, con un passato abbastanza drammatico, un’esplicita ma ingenua collusione con la mafia, ma bonario e dal cuore gentile (Amedeo), ed un avvocato veneto, incapace ed inetto, borghese (Pio), che vive una vita che gli sta stretta come stretti gli stanno i vestiti, che altri hanno fabbricato per lui a sua insaputa, ha sposato una donna per convenienza d’altri e sta correndo per la carica di sindaco di Treviso cosicché tanti suoi infidi soci, consulenti, amici e parenti possano fare i loro comodi; coesistono (senza, beninteso, trovare soluzione) da un lato un’anima progressista, di superamento di vecchi valori apparentemente inscalfibili, che vorrebbe essere dirompente, punk, esagerata, ma è in fondo gentile, mentre dall’altro un ripiegare ed adagiarsi su un conservatorismo e tradizionalismo filmico, di gusto o, anche solo, di idea di comicità.
A tal punto che sorprende leggere o scoprire che, a produrre Come può uno scoglio, sia stato tra gli altri quel Lorenzo Mieli, il quale ha regalato possibili vie di un possibile, nuovo cinema italiano (ed “italicamente internazionale”), ma che qui, come nel caso di Belli ciao (il precedente lavoro del duo), sembra invece ripescare il proprio retaggio cinepanettonesco e della golden age di Fausto Brizzi. Oppure che, a distribuirlo, sia quella Vision che, negli ultimi anni, ha fatto vanto di tutt’altra filosofia produttiva. Un film del genere non avrebbe di certo sfigurato nell’ultimo listino di Medusa, che non solo ha riportato in vita (letteralmente) I soliti Idioti, ma pure una concezione di intrattenimento popolare da anni oltre la data di scadenza. Ciò detto, il perno attorno a cui è ruotato il lavoro di Mieli & co. sarà magari stata la promessa di una via alternativa alla commedia. Promessa, che tuttavia si è trasformata ben presto in qualcos’altro: nella solita quota irruente, anti-sistema, politicamente scorretta, consona all’ideale che, sin dagli albori, il duo foggiano ha cavalcato e consolidato (con trasmissioni televisive come Felicissima sera) agli occhi generalisti. Ma che, ogni volta e anche nel caso di quest’ultimo loro lungometraggio, vale, offusca, indebolisce, se non demolisce dalle fondamenta una sensibilità talora delicata, davvero distintiva e, proprio per questo, inedita nel panorama nostrano.
Incapace così di distaccarsi dai cari, vecchi schemi della comicità al cinema (non perseguendo fino in fondo una sopita inclinazione musical), e privato del proprio senso autentico, della sua vocazione recondita e malcelata, Come può uno scoglio si mostra nelle vesti di una pellicola né dolce da diventare del tutto amabile, né spietata a tal punto da essere davvero provocatoria. Una pellicola ed una commedia, insomma, innocue, insipide, da apprezzare giusto per i modi in cui Pio e Amedeo cercano di donare memorabilità e divertimento ad un copione fallato dapprincipio e privo di mordente. Oppure, per riconoscere, a loro due, a Nunziante e ad un eventuale consulente ad hoc, gli ottimi gusti in fatto di musica.
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