TITOLO ORIGINALE: Santocielo
USCITA ITALIA: 14 dicembre 2023
REGIA: Francesco Amato
SCENEGGIATURA: Ficarra e Picone, Francesco Amato, Davide Lantieri, Fabrizio Testini
CON: Salvo Ficarra, Valentino Picone, Barbara Ronchi, Maria Chiara Giannetta, Giovanni Storti
GENERE: commedia, fantastico
DURATA: 120 min
Seguito ideale e logico de Il primo Natale, Santocielo di Francesco Amato con Ficarra e Picone è l’esempio lampante di com’è possibile trasformare una premessa comunque interessante e con intenzioni quantomeno irriverenti, caustici, nella parabola più inconsistente possibile. Una pellicola fallimentare sia sul fronte della commedia, sia su quello della satira, che gira a vuoto come i suoi due svogliati protagonisti.
Santocielo è il titolo del nuovo film con protagonisti (Salvo) Ficarra e (Valentino) Picone, una delle coppie comiche più note ed amate del cinema e dello spettacolo italiani. È l’esclamazione che il duo - co-firmatario della sceneggiatura assieme a Francesco Amato, Davide Lantieri e Fabrizio Testini - vuole che facciamo e facciate nello scoprire quale sia la sinossi (e la provocazione) alla base del racconto: la storia di un angelo impiegato all’ufficio smistamento preghiere, un po’ inetto e naif, oltre che biondo-crinito, di nome Aristide (Picone), che viene inviato su un pianeta terra sempre più disumano e cinico (forse un riflesso dello stesso regno dei cieli?) per ingravidare una giovane prescelta ed annunciare così l’arrivo di un nuovo Messia, ma che, per una serie di coincidenze, in un gesto di estrema, ma distratta protezione, finisce per toccare il ventre di Nicola (Ficarra), il vicepreside narcisista, maschilista, perbenista di una scuola cattolica, in (lenta) rotta di separazione con la moglie.
Santocielo è però anche la reazione che molto probabilmente vi sorgerà spontanea una volta terminate queste due ore di - bisogna riconoscerlo - nulla cosmico. Non è infatti né l’opera del demonio, né una paradisiaca e dolce favola natalizia, la pellicola diretta da Francesco Amato (già regista dell’insolito 18 regali). Bensì, l’esempio lampante di com’è possibile trasformare una premessa comunque interessante e con intenzioni quantomeno irriverenti, caustici, nella parabola più inconsistente possibile. In una burletta preconfezionata e tutto sommato innocua, in un’operazione che non riesce a far convivere le sue pretese commerciali e questo suo slancio satirico e che, in tal senso, non scontenta nessuno (o quasi, qualche ultracattolico si è sentito toccato eccome!), ma neppure sa accontentare.
Non soddisferà chi si aspetta un prodotto quantomeno valido sotto il profilo della commedia, del divertimento, del ritmo, il quale si ritroverà a ridere in sala per un paio di situazioni assurde, per qualche gag un po’ più ispirata rispetto ad un contorno aridissimo, anonimo e mal montato, ma più per imbarazzo che per altro. E, allo stesso tempo, infrangerà le speranze di coloro che invece sperano magari di ritrovare in scrittura l’impronta lucida, intelligente, brillante, inarrestabile ed esuberante de Il 7 e l'8 o de L’ora legale - che sono ancora oggi i tentativi migliori dei due comici palermitani.
Allora, non è forse un caso che, per temi e conclusioni, Santocielo sia di fatto il seguito ideale e logico de Il primo Natale, la loro precedente opera da registi. Difatti, ritrova e scardina il tema della fede e della dottrina cattolica per parlare dell’Italia di oggi, del nostro zeitgeist. E quindi, degli anacronismi, delle brutture e mostruosità (specie quando diventiamo un io collettivo, indeciso, lamentoso, arrabbiato, distruttivo, cannibalistico), dei rigurgiti reazionari e passatisti, dell’immobilismo generalizzato, e dell’incancrenita aderenza all’istituzione e ai dettami della Chiesa romana: antidoti incontestati (ergo, senza no-vax) ad un progressismo e ad un cambiamento (leggasi, in questo caso, cancel culture, e fluidità, espressione ed identità di genere) che sono comunque necessari, per quanto disarmanti possano apparire agli occhi di molti, e nei quali risiede forse la forma pura, grezza, vera e insieme nuova, moderna, autonoma dei valori fondanti di quel che poi è diventato dogmi, teologia e cieco fanatismo.
Ma anche, soprattutto, o più semplicemente, perché descrive la stessa traiettoria difettosa, perché “mostra le stimmate” de Il primo Natale. In primis, esaurendo qualsiasi speranza di credibilità in alcune scelte di dubbio gusto. Il riferimento è a tutta l’ideazione e composizione estetica del paradiso che pare uscito dritto dallo storico spot Lavazza con Bonolis e Laurenti, e che neppure un Giovanni Storti indisposto, ingabbiato nello stereotipo di sé stesso, né tantomeno la presenza del Carlo Luca De Ruggieri di Boris possono riportare nelle grazie di Dio. Poi, girando a vuoto senza verve, idee o un'ispirazione almeno pari all'ambizione, infarcendo una durata senz'altro esosa con una sottotrama romantica pro-forma, attento ad evitare anche il minimo dettaglio spinoso e virtualmente controverso. Fino ad un terzo atto, governato dall’isteria di massa, che dovrebbe essere palcoscenico del ribaltamento massimo (la modernità di pensiero e approccio di un villaggetto sperso tra le colline) e, di conseguenza, condurre al massimo della sorpresa e delle promesse del soggetto, ma che al contrario ripiega sul più accomodante (e, va da sé, meno urticante per la mentalità italiana) dei finali, solleticando ma mai imboccando la possibilità dell’aborto e di fatto rivelando un progressismo a zone, se non di facciata; limitandosi a chiudere tutti gli intrecci e i discorsi in maniera compilativa, svogliata, intorpidita.
Com’è del resto la recitazione e l’alchimia degli stessi Ficarra e Picone, che a tratti sembrano muoversi su schermo alla stregua di doppi digitali creati da un’intelligenza artificiale ed animati secondo un calcolo algoritmico, per (auto)sabotare precipuamente quella che pareva essere una nuova primavera della loro carriera di attori ed autori di sé stessi. Dopo Santocielo, invero, lo stupore e l’imprevista irruzione de La stranezza nel panorama italiano - figurarsi la precisione de L’ora legale! - paiono niente più che un abbaglio. Una preghiera inascoltata. Un caso isolato. Un miracolo irripetibile.
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