TITOLO ORIGINALE: Five Nights at Freddy's
USCITA ITALIA: 2 novembre 2023
USCITA USA: 27 ottobre 2023
REGIA: Emma Tammi
SCENEGGIATURA: Scott Cawthon, Emma Tammi, Seth Cuddeback
CON: Josh Hutcherson, Piper Rubio, Elizabeth Lail, Matthew Lillard, Mary Stuart Masterson
GENERE: horror, thriller
DURATA: 110 min
Traducendo per il grande schermo il fenomeno horror videoludico creato da Scott Cawthon, con Five Nights at Freddy's il produttore Jason Blum e la regista e sceneggiatrice Emma Tammi sfornano un insospettabile horror per famiglie che soddisferà molto probabilmente più un pubblico di famiglie e pre-adolescenti, che non il target a cui sarebbe naturalmente rivolto. Una pellicola che non spaventa, non diverte, né tantomeno stimola lo spettatore. Innocua, insomma.
Sul poster si può leggere “vietato ai minori di 14 anni”, ma in realtà - ve ne renderete conto vedendolo - con Five Nights at Freddy’s il produttore Jason Blum (e la sua casa), il game designer Scott Cawthon e la regista e sceneggiatrice Emma Tammi (qui al suo quarto lungometraggio) hanno sfornato un insospettabile, ma eccellente horror per famiglie.
È vero, sembra strano a dirsi, soprattutto considerando che parliamo dell’adattamento cinematografico di un videogioco e che pertanto dovrebbe appellarsi ai fan e ad un target che oscilla tra adolescenti e adulti. Ciò nondimeno - complice un controllo non propriamente ferreo di chi entra effettivamente in sala o, più genericamente, un’aderenza non proprio impeccabile a quello stesso divieto - quella di quattro robottoni posseduti da bambini che infestano un pizza place fatiscente è la perfetta storiella di inquietudine, spaventi, piccoli brividi per un pubblico, appunto, di famiglie e di spettatori in età pre-puberale. Quasi un entry point (un punto d’accesso) per questi ultimi grazie a cui iniziare ad approcciarsi al genere horror.
D'altro canto, l’avventura co-scritta (insieme al già citato Cawthon, inventore del gioco, e a Seth Cuddeback) e diretta da Emma Tammi riserva ben poche sorprese e soddisfazioni per chiunque non rientri nella fascia di pubblico appena annoverata. Il racconto di Mike - outsider, quello che gli americani definirebbero loser, un ragazzo pieno di nevrosi e afflitto da un trauma irrisolto che risale all’infanzia -, del suo impiego tutt’altro che promettente come sorvegliante notturno alla summenzionata pizzeria per bambini Freddy Fazbear's, e del suo senso di inadeguatezza nel rapporto e nella custodia della sorellina; procede e va a comporsi infatti con la stessa ridondanza, lo stesso atteggiamento routinario e la stessa noia che si potrebbe provare nello svolgere realmente un servizio di vigilanza. O, se preferite, con l'approccio svogliato con cui il nostro presta attenzione ai video delle telecamere a circuito chiuso.
I pochi(ssimi) jumpscares presenti sono allora tutti estremamente prevedibili, quando non, addirittura, mal montati, la violenza grafica è limitata a qualche passaggio a dir poco fulmineo e, per il resto, sottintesa, relegata al fuoricampo (sempre nella logica e a beneficio dell’idea di un family horror), mentre la tensione che si dovrebbe percepire anche solo varcando la soglia ed immergendosi nell’atmosfera polverosamente retrò di Freddy Fazbear's è minata da alcune scelte discutibili di messa in scena, e più nel profondo dall’incapacità di Tammi & co. di trasporre per il grande schermo la mitopoiesi dell’universo videoludico - divenuta oggetto di culto, analisi e comunione, un peritesto larger-than-life su cui, negli anni, si è tanto speculato e fantasticato - e, in tal senso, di cogliere, valorizzare e restituire l’iconismo e il turbamento innati di Freddy e di tutti i suoi sanguinari compari animatronics che hanno infestato i sogni di migliaia e migliaia di gamers e fan.
I quali, fatto salvo di qualche riferimento più o meno subliminale, tantomeno sperimenteranno e godranno di una qualsivoglia forma di gradimento, piacere o comunque pienezza nell’assistere ai loro idoli da incubo riprendere vita sul grande schermo. Specie considerato che quella che, per molti e per chi scrive, avrebbe potuto essere la giustificazione, il valore aggiunto della trasposizione - ossia il risvolto drammatico, il tentativo di introspezione psicologica nel trauma e nella rivalsa del nostro Mike - di fatto non vi si avvicina neanche per sogno. Al contrario, esso non vivifica, né arricchisce la sostanza e il discorso del film, e viene risolto, in sede di scrittura, nella maniera più blanda possibile e con twist magari grammaticalmente corretti ed efficaci, ma, a ripensarci, davvero telefonati.
Quel poco, di comunque valido ed efficace, che rimane sono allora la scenografia di Claire Sanchez, già pronta per essere riutilizzata in una prossima attrazione a tema o in un ristorante agli Universal Studios, la colonna sonora dalle sonorità ottantine di John Andrew Gush, Taylor Newton Stewart e The Living Tombstone, e, in particolare, le interpretazioni di un Josh Hutcherson naturalmente fragile ed amabilissimo che punta ad una rinascita di carriera (e forse l’ha pure trovata) e di un Matthew Lillard nientemeno che perfetto.
Nonostante tutto questo però, forte di un budget che riconferma lo spiccato spirito aziendale e la formula di Blumhouse e, senza ombra di dubbio, il dirompente carattere virale del testo originario, Five Nights at Freddy’s, dati alla mano, è già un fenomeno di culto, è già un franchise che, salvo imprevisti, ci terrà compagnia per moltissimo tempo. Di conseguenza, risulta purtroppo un puro esercizio di convenzionale, banale e pleonastico chiedersi cos’è e com’è l’horror di Emma Tammi. E la risposta sarebbe una pellicola che non spaventa, non diverte, né tantomeno stimola, avanzando un qualche tipo di sottotesto come nel caso del quasi coevo e collega M3gan. Innocua, insomma. Un burattino di cui (solo) per alcuni è facilissimo scorgere i fili e l’andamento meccanico e claudicante. Semmai la domanda da porsi è come, perché e dove far risalire il successo di questo vecchio, nuovo universo, quali siano le cause e quale sia il contesto che ne ha favorito questa sua fortuna, e cosa potrà mai uscire di nuovo dalla cucina di Freddy Fazbear’s.
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