TITOLO ORIGINALE: Priscilla
USCITA ITALIA: 2023
USCITA USA: 27 ottobre 2023
REGIA: Sofia Coppola
SCENEGGIATURA: Sofia Coppola
CON: Jacob Elordi, Cailee Spaeny, Jorja Cadence
GENERE: biografico, drammatico, musicale, sentimentale
DURATA: 110 min
In concorso alla 80ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia
A poco più di un anno dall'Elvis di Baz Luhrmann, Sofia Coppola torna al Re del Rock o, meglio, alla storia della sua storica compagna in Priscilla. Malgrado qualche buona idea ed intuizione di partenza, la pellicola si arena ben presto su un'estetica fin troppo televisiva, interpretazioni non proprio brillanti e qualche risvolto innocuo di sceneggiatura e messa in scena.
Ci vuole un grande coraggio anche solo per pensare di fare un film che, pur non avendo a che fare direttamente con la figura di Elvis Presley, lo riguardi da vicino, dopo l’iconico Elvis di Baz Luhrmann e l’interpretazione quasi esoterica e posseduta di un iper mimetico Austin Butler. Ma se c’è una persona ed un’artista che avrebbe potuto quantomeno provarci, è Sofia Coppola, che, al di là di tutto, ha sempre dimostrato grande determinazione, fermezza e forza nell’esprimere la propria parimenti forte e spesso radicale visione autoriale.
Dopo i poco brillanti L’inganno e On the Rocks, eccola allora confrontarsi, in Priscilla, con una figura ed una storia, quelle della compagna di vita del Re del Rock, che sembrano fatte su misura per la propria sensibilità, i suoi interessi di creativa, e i temi cardine della propria filmografia. A tal punto che sorprende e, per certi versi, delude constatare invece quanto poco impegno, cuore e dedizione sembra aver speso nel raccontarle, questa donna e la sua storia. Il che è un peccato, in primo luogo, perché quantomeno nelle sue premesse di base e nei suoi primissimi movimenti, Priscilla inanella una serie di intuizioni, idee e scelte registiche effettivamente interessanti, equilibrate, raffinate.
Com’è, ad esempio, quella di Jacob Elordi nei panni di un mito della musica e del Novecento o, comunque, di un personaggio dal segno iconologico marcatissimo, di fatto indelebile. Questo perché l’Elvis immaginato da Coppola deve essere quanto più lontano dalla straordinarietà e dalle possibilità agiografiche che, al contrario, nel biopic di Luhrmann si palesano fin da subito. Alla regista non interessa l’artista, il cantante, l’attore o l’icona, ma l’uomo, spogliato di tutto. Un uomo dotato, sì, di una bellezza peculiare, ma abbastanza egocentrico ed arrogante, non particolarmente intelligente, infantile, soffocante, morboso, sfuggente. Un uomo con dei difetti insomma, e che quindi può essere interpretato da chiunque, pure da un attore che non gli somiglia particolarmente. La scelta dell'attore di Euphoria serve poi a Priscilla per imbastire ed avanzare un discorso ed un dialogo estetico - come sopra, in principio molto stimolante - con la serialità televisiva e il filone teen drama di cui la giovane star è appunto uno dei rappresentanti di spicco.
A questo, si aggiungono poi tutta una serie di piccoli dettagli, la curiosa, quasi totale assenza di canzoni di Elvis nella colonna sonora, la commistione con la fiaba (una fiaba molto kitsch), variazioni salubri rispetto ai coevi ritratti femminili, oltre ad un’onestà nella rappresentazione che potrebbe convincere anche i più scettici. Tutti elementi, orchestrati da Coppola con una regia ponderata, controllata, precisa.
Peccato che, specie a causa di una sceneggiatura (scritta dalla stessa regista) non proprio al passo con le ambizioni del progetto, la pellicola, superate le fasi iniziali, non decolla e non cresce mai più fino ai titoli di coda. Quelle promettenti intuizioni non trovano infatti ulteriore respiro nello sviluppo e nell’osservazione del rapporto intimo e privato di Elvis e Priscilla. Anzi, la pellicola si rinchiude (per mancanza di inventiva? per budget? per spuntate intenzioni autoriali?) in un susseguirsi ridondante, raffazzonato e tedioso di situazioni, in un Kammerspiel che manca di gusto, tempo ed emozione, fra le quattro mura del maniero di Graceland, a Memphis, in cui la nostra è rinchiusa alla stregua di quanto accade alle mogli di Barbablù. Non bastasse, a lungo andare Jacob Elordi perde qualsiasi fronzolo di lettura ulteriore e profonda. Cailee Spaeny, dal canto suo, si dimostra fin da subito piattissima ed inespressiva nel suo approccio ad un personaggio che avrebbe meritato un destino senz’altro migliore.
Allo stesso tempo, quell’impostazione televisiva di cui sopra finisce per soffocare le possibilità della pellicola, la quale si dimostra sempre più dimessa e facile nelle soluzioni visivo-fotografiche, arrivando per giunta ad autosabotarsi: riprendendo pari pari la fotografia di una sequenza ed un momento del film di Luhrmann, spingendosi in parallelismo con la già citata Euphoria, e chiudendo infine con quello che dovrebbe essere un momento catartico di libertà ed emancipazione, ma che - forse anche a causa del coinvolgimento della stessa Priscilla Presley nella produzione - non solo è cerchiobottista al limite della barzelletta, ma è del tutto innocuo.
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