TITOLO ORIGINALE: Creed III
USCITA ITALIA: 2 marzo 2023
USCITA USA: 3 marzo 2023
REGIA: Michael B. Jordan
SCENEGGIATURA: Keenan Coogler, Zach Baylin
GENERE: sportivo, drammatico
DURATA: 116 min
L'attore Michael B. Jordan esordisce dietro la macchina da presa nel capitolo (si spera) conclusivo dello spin-off sequel della saga di Rocky. Creed III racconta l'ennesima storia di un passato che torna a bussare alla porta di Creed e ora anche della sua famiglia. Ma tutto non è solo prevedibile, ma è coscienza degli spettatori ancor prima di abbandonarsi sulla poltroncina. E la regia piattissima, oppressa dall’apparenza, dalla patina, da ralenti che neppure Zack Snyder, da un concezione estetica predigerita, da fast food, non fa nulla per vivificare un po' il tutto.
La serie di Creed - via di mezzo tra uno spin-off, un sequel ed un reboot, nonché costola dell’amatissima e celebrata saga di Rocky che, malgrado le interferenze del mito e dell’icona di Sylvester Stallone, è comunque riuscita a conservare una propria identità ed uno stile ben precisi - si è sempre incentrata sul ritorno di fantasmi del passato. È sempre, indefessamente, ruotata attorno ad un assunto fondamentale, che ci viene ribadito e chiarito ancor più esplicitamente proprio in questo terzo (e forse ultimo) capitolo: guardare al passato è un gesto faticoso e dolorosissimo, fisicamente - combattendolo con le unghie e con i denti sul ring -, ma anche psicologicamente ed emotivamente.
Nel primo film, quello diretto da un da poco emerso Ryan Coogler pre-Black Panther, il più bello dei tre, ad aleggiare era il fantasma, l’ombra e l’onta del successo, della carriera e della grandezza del padre Apollo Creed rispetto alle speranze e al futuro da pugile professionista del figlio illegittimo Adonis, così come il fantasma di un Rocky Balboa che riacquistava concretezza, umanità e sofferenza per indirizzare e lasciare ufficialmente il testimone all’erede del suo più grande rivale e amico. Nel secondo film, che è invece un’ucronia sui generis, solo trasfigurata e trasportata temporalmente, dei fatti di Rocky IV, c’è l’ingombrante spettro di Ivan Drago e del ruolo che ebbe nell’ingloriosa e violenta morte dell’inconosciuto padre.
In questo terzo film - che segna l’esordio dietro la macchina da presa del volto rappresentativo della serie, Michael B. Jordan -, a tornare a far visita e stravolgere la placida e serena quotidianità di Adonis, quest'ultimo ormai ritiratosi dai combattimenti, ora proprietario di un’accademia tutta sua ed impegnato in qualità di promoter, e della sua neonata famiglia, sarà invece un fantasma proveniente dalla vita di strada del giovane Creed Jr.. Ossia l’amico ed ex prodigio del pugilato Damian "Dame" Anderson che, appena uscito dal carcere dopo quasi vent’anni di pena, riporta i pensieri e la mente del compagno di orfanotrofio ad un fattaccio di sangue di cui questi si è preso, o meglio, ha deciso di testa sua di prendersi la piena responsabilità e ne ha pagato le conseguenze.
Lo sviluppo di tali premesse è uno di quelli che si scrive da sé, col pilota automatico inserito, facendo sosta in tutti i più elementari e proverbiali passaggi obbligati. Damian tenterà di far leva sul senso di colpa di Adonis per ottenere qualcosa e, quando la otterrà (con un’esecuzione ed uno stile di combattimento discutibili e non proprio pulitissimi), volterà le spalle all’amico ex-campione del mondo e svelerà le sue carte, oltre che la sua reale natura. Al giovane Creed toccherà quindi riconquistarsi ciò che Damian gli ha preso e vuole prendersi, il frutto del suo risentimento, irritazione ed acrimonia, nel modo che conosce meglio: sfidandolo ad un incontro a suon di pugni, parate e montanti.
Qualora steste gridando allo scandalo e allo spoiler - dal momento che quanto avete appena letto sono praticamente tutte e due le ore di Creed III - sappiate che nulla di ciò che abbiamo scritto nelle righe sopra è qualcosa che non avessero già svelato e raccontato i responsabili del reparto marketing. Che si punti ad uno showdown, ad uno scontro faccia a faccia tra vecchi amici diventati rivali perché sì, è quanto di epidermico e superficiale si possa dire ed attendere dal film di Michael B. Jordan.
Ciò che viceversa lascia sbigottiti è il fatto che Creed III non proponga davvero null’altro al di fuori di questo. Ogni passo, ogni pugno, ogni ripresa, la sorte e il risultato di ogni match che vediamo a schermo non solo è prevedibile, ma è già coscienza dello spettatore ancor prima di abbandonarsi sulla poltroncina. Il che è del tutto diverso e ben peggiore di quanto ci si potesse immaginare rispetto alle premesse produttive, a tutti i problemi legati alla questione dei diritti e del mancato coinvolgimento di Sylvester Stallone nel progetto, alla scelta di fare di questo film il debutto vero e proprio dell'attore alla regia cinematografica, o anche solo a quella di affidare la sceneggiatura della pellicola al fratello del regista del primo capitolo, Keenan Coogler, e ad un ex scenografo, Zach Baylin, già firmatario di un altro orribile lavoro come King Richard. Peggiore perché scialbo e non propriamente brutto.
In quanto a Stallone, è meglio levarsi subito dall’incombenza: pur essendo (quasi) narrativamente e spiritualmente coerente, la sua assenza si fa sentire eccome, il suo mancato calore paterno e la sua sincerità interpretativa gettano Creed III nel baratro di una glacialità e di un patetismo ruffiano (storia familiare inclusa, con tanto di sordomutismo e malattia irreversibile) che rendono la visione a dir poco estenuante.
E non c’è davvero nulla di memorabile o quantomeno interessante in queste due ore, approssimative sia in termini di scrittura, sia dal punto di vista del montaggio; in questo dramma dalle tinte e dall’ispirazione shakespeariana, che sembra un miscuglio informe, coatto, pigro, afasico, sciapo e sbiadito, indecente ed intollerabile nel 2023, tra Black Panther (che si emula narrativamente sino ai limiti del plagio), e quindi l’estetica e lo stile più serioso di Ryan Coogler, ed un qualsiasi film sulla boxe, virato tuttavia attraverso la lente del cinecomics di marvelliana fattura, ma anche lo shonen da Dragonball in giù.
Avete letto bene: per stessa ammissione di Michael B. Jordan, Creed III condivide una strana parentela e si ispira palesemente all’estetica dei combattimenti di manga ed anime (ma anche, crediamo noi, ai racconti supereroistici di cui lo stesso attore è stato un volto caratteristico nel suo decorso più o meno recente). A tal punto che, durante il match definitivo tra Adonis e Damian, il regista sceglie di svuotare lo stadio di tutto il pubblico, diffondere ovunque fumo nero, far comparire sbarre (quasi i due fossero rinchiusi in una prigione esistenziale); insomma, dar vita ad uno psicodramma realizzato tuttavia con una CGI disastrosa, dove ogni movimento e risposta del corpo agli sforzi e alla fatica del combattimento vengono enfatizzati riprendendo appunto il segno tipico degli “amici orientali”.
È questa, seppur tanto ingenua ed infantile da far quasi tenerezza, l’unica scelta forte di una regia, quella di Michael B. Jordan, che appiattisce tutto, viene oppressa dall’apparenza, dalla patina, da ralenti che neppure Zack Snyder, da un concezione estetica predigerita, da fast food, imprigiona e soffoca le interpretazioni in primi piani di rara inespressività, e porta lo standard della saga di Rocky ad un livello di indolenza ed abulia mai visto prima - nemmeno nei capitoli meno indovinati come il secondo e il quinto -, regalandoci inoltre il peggior combattimento del franchise.
Autocommiserativo, stantio, insapore, eufemisticamente banale e testosteronico, privo di cuore, sudore, sangue, tensione, artificioso ed anti-climatico: è forse giunta davvero l’ora di appendere i guantoni al chiodo e lasciare che si spenga definitivamente la scintilla nell’occhio della tigre? Senz'altro no, ma sarebbe meglio.
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