TITOLO ORIGINALE: Romantiche
USCITA ITALIA: 23 febbraio 2023
REGIA: Pilar Fogliati
SCENEGGIATURA: Pilar Fogliati, Giovanni Veronesi
GENERE: commedia, drammatico
DURATA: 108 min
La giovane promessa della commedia italiana Pilar Fogliati si fa in quattro per il suo esordio alla regia e alla sceneggiatura(!) cinematografica. Romantiche è il ritratto di quattro donne e quattro personalità antitetiche, uniche ed irriproducibili che la regista porta in vita non tanto attraverso la quantità, quanto piuttosto grazie alla qualità della sua impronta comica e dalla cura del dettaglio del mondo che va a costruire. Sintomo di una sensibilità riguardo alla percezione e ai meccanismi spettatoriali magari da affinare, ma già di disarmante maturità. Romantiche non è infatti una di quelle commedie che tenta di far ridere ad ogni stacco di montaggio, al contrario, è un film che sceglie bene le proprie gag, i momenti giusti in cui cercare ed infine ottenere il sorriso, la risata o anche qualcosa di più. Una via nuova e freschissima per il panorama italiano.
Interpretare, anzi trasformarsi, trasfigurarsi, tramutarsi in più personaggi nello stesso film. Lo faceva 12 volte Monica Vitti in Noi donne siamo fatte così. È stata una delle peculiarità vincenti del fenomeno attore-regista Carlo Verdone, dai fasti televisivi di Non stop ai grandi successi del botteghino di Un sacco bello, Bianco, rosso e Verdone, e Viaggio di nozze. Lo fa oggi Pilar Fogliati, promessa della commedia italiana scoperta da Fausto Brizzi con Forever Young, in Romantiche, suo esordio alla regia e alla sceneggiatura(!) cinematografica.
Lei, a differenza della Vitti, dà vita “solo” a quattro personaggi. Ma non è tanto la qualità che conta in questo - bisogna riconoscerlo - fulgido esordio sul grande schermo, quanto piuttosto la qualità, la profondità, la preparazione e il componimento, mirati ad ottenere sempre l’effetto desiderato, sintomo di una sensibilità riguardo alla percezione e ai meccanismi spettatoriali magari da affinare, ma già di disarmante consapevolezza. Romantiche non è infatti una di quelle commedie che tenta di far ridere ad ogni stacco di montaggio, incessantemente, irriducibilmente. Al contrario, è un film ed una sceneggiatura che sceglie bene le proprie gag, i momenti giusti in cui cercare ed infine ottenere il sorriso, la risata o anche qualcosa di più.
Il merito è senz’altro da ricondurre a quella capacità di cui sopra, così come ad un'indubbia intelligenza e ad un'instancabile, frizzante, indomita, vulcanica verve comica, già ravvisata e ravvisabile nelle precedenti apparizioni di Fogliati, tra cinema e TV, solo affinata, indottrinata ed equilibrata dell’esperienza decennale (e dalla presenza quale co-sceneggiatore) di Giovanni Veronesi (compare anche il fratello Sandro in un simpatico cameo).
Ciò nondimeno, la vera chiave del successo di Romantiche sono - neanche a dirlo - le sue quattro protagoniste. E non solo, come forse starete pensando, per l’interpretazione carismatica, esilarante, assurda, dedita ed entusiasta che ne fa Fogliati, ma anche e soprattutto per il modo in cui quest’ultima riesce a particolareggiarle, a caratterizzarle, a renderle uniche anzitutto in sede di scrittura e di messa in scena, e solo dopo di effettiva resa attoriale.
Dunque, una cura, quantità e (come sopra, in particolare) qualità dei dettagli rintracciabile, per esempio, nella scelta dell’ambiente sociale di appartenenza di ciascuna di loro, nelle loro abitudini e stili di vita, nelle esperienze e nelle situazioni in cui decide di porle e farle agire (e reagire), nei lati del carattere e della psicologia da stimolare attraverso le peripezie, gli inconvenienti, gli incontri, le fortune e le sfortune, le fughe e gli scazzi che si ritroveranno ad affrontare (e che l’attrice ed autrice romana è proprio brava a scrivere), oppure ancora in una vera e propria caratterizzazione visiva ed estetica di luoghi, vestiario, trucco, nonché, ovviamente, nei modi stravaganti ed irriproducibili con cui Pilar Fogliati sceglie infine di portarle in vita. Parliamo quindi delle inflessioni, delle contaminazioni dialettali, della cadenza, degli intercalari, e delle intenzioni del parlato, delle formule ripetute (“c’è”, “vero”, “un botto”, “assurdo”, “woo”), delle importazioni anglofone o spagnoleggianti, delle curiose associazioni di parole, dell’apparentemente libero spazio a qualche uscita improvvisata, dei tic, dell’espressione plastica e mimetica del volto (degli occhi e della bocca soprattutto).
La meravigliosa, insoddisfatta, potente, moderna, (dis)illusa, dirompente, coraggiosa Eugenia Praticò; l’entusiasta, epifanica, ingenua, amabilmente snob, abitualmente e tradizionalmente innamorata Uvetta Budini Di Raso; l’umile, altruista, “classica”, empatica, coatta, sempliciotta ma felice, borgatara Michela Trezza; la puntigliosa, motivatrice, pariolina, traumatizzata, tanto femminista da diventare più fallocentrica degli uomini, Tazia De Tiberis: chi più, chi meno riuscita, ognuna di questi quattro tipi, o meglio, tipe, ciascuna di queste quattro maschere che diventano qualcos’altro, vanno oltre, sembrano quasi vivere di vita propria; sono la vera forza di Romantiche.
Sono i volti dietro cui Pilar Fogliati - capace davvero di far coesistere agilmente ed indipendentemente queste quattro figure - cela una personalità artistica proteiforme, camaleontica, sfuggente, inafferabile, un talento visibile, palpabile, assodato, ma anche e soprattutto un’inquietudine, un’agitazione, un malessere, un’incertezza, un timore, un senso di inadeguatezza, che trasforma in pura e naturale materia comica.
Tensioni, queste ultime, che lasciano intravedere finalmente una firma giovane, che parla ai giovani, come i giovani, senza filtri od infingimenti, declinata a partire da un’attenta e tutt'altro che scontata osservazione sociale e classista. Tensioni, che derivano di sicuro dall’essere donna in un paese ancora tremendamente maschilista come l’Italia, così come - dal punto di vista artistico - dal doversi inevitabilmente porre a metà strada: quale sintesi tra una tradizione comica tramontata ed ormai irrecuperabile a cui bisogna riconoscere il massimo del rispetto, ed una scuola invece più giovane (ma non per questo più giovanile!) col rischio di non essere all’altezza, di soddisfare tutti i tipi di palato o - nella peggiore delle ipotesi - di non dire realmente nulla di nuovo o di vero.
In questo senso, Romantiche compie un gesto di grande personalità e di indubbio carattere, ritagliandosi un mondo fatto su misura dei suoi interessi comici, capace di non lasciarsi trascinare da vanità e presunzione, né tantomeno da ansie da prestazione od esibizionismi vari, anzi riuscendo ad essere molto forte nel ruolo di protagonista (alla quarta), senza per questo mettere in ombra e dimenticarsi dei personaggi secondari, di contorno (tutti di ottimo supporto, tutti recitati da buonissimi interpreti come Barbora Bobulova, Diane Fleri, Emanuele Propizio, Laura Martinelli, Maria Giulia Toscano, Maria Chiara Centorami, Giovanni Toscano, fino ad arrivare a Levante, che firma anche le musiche del film), i quali fungono tra le altre cose anche da simpatico trait d'union per questo mosaico quadripartito.
Pilar Fogliati persegue allora una via ed un’idea tutta propria di commedia, che molti potrebbero scambiare per noncuranza od immaturità, ma che invece è proprio l’esatto opposto. È la via di una nuova, interessantissima voce del cinema italiano che non solo replica la recente, piccola epifania di Giulia Steigerwalt e del suo delizioso e particolarissimo Settembre, ma che, esattamente come quest’ultima, pur incappando in manierismi ridondanti (la rottura della quarta parete a chiusura di ogni storia, tradotta da Fleabag), in qualche tentennamento nei frangenti più prettamente drammatici, e in complicazioni ingiustificate ed irrisolte (l’introduzione di ogni storia mediante lo swipe di un feed Instagram come espressione di una contemporaneità e, va da sé, di un io frammentari?); dimostra una funzionalità ed una efficacia registica sinceramente entusiasmanti in materia di esordio. Se solo l’esercizio e la filiera nostrana fosse in buona salute, Romantiche avrebbe (avuto) vite migliori.
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