TITOLO ORIGINALE: Settembre
USCITA ITALIA: 5 maggio 2022
REGIA: Giulia Steigerwalt
SCENEGGIATURA: Giulia Steigerwalt
GENERE: drammatico, commedia
Esordio alla regia della sceneggiatrice e attrice Giulia Steigerwalt, Settembre è l'ennesimo tentativo, da parte della Groenlandia di Matteo Rovere, di coniugare un’estetica pop estremamente leggera, fresca e delicata con la struttura tipica della commedia italiana. Nonostante ciò, la pellicola riesce a trovare una propria identità, una sua ragion d’essere ed infine il successo nella scrittura dei personaggi, dei dialoghi e nelle convincenti interpretazioni di un cast azzeccatissimo di volti imperfetti e particolari. I giovanissimi Margherita Rebeggiani e Luca Nozzoli risplendono nei panni di due ragazzini alle prese con le loro prime esperienze sessuali e relazioni amorose, e ci ricordano che, a volte, l’unica cosa da fare è essere semplicemente sé stessi. Chi lo sa… magari potrebbe essere l’inizio di un lungo e bellissimo viaggio.
“Settembre, l’uva è fatta e il fico pende” diceva un antico proverbio popolare. Settembre è, infatti, il mese in cui maturano diversi frutti pronti da cogliere come l’uva e il fico. Il mese in cui, metaforicamente, i tempi sono maturi e, superata la calma placida, ferma, distesa dell’estate, ridotta già ad una cartolina nostalgica, bisogna agire, senza esitare, bisogna prendere decisioni importanti per la propria vita.
Questo stesso richiamo al cambiamento, a rivoluzioni anche minime, ma significative per la propria vita, è quello che guida e accomuna invisibilmente i personaggi dell’esordio alla regia dell’attrice e sceneggiatrice Giulia Steigerwalt, il cui titolo, non a caso, è proprio Settembre.
Prodotto dalla Groenlandia di Matteo Rovere - senza cui il panorama audiovisivo italiano sarebbe senz’altro più deprimente -, il dramedy scritto e diretto da una delle menti alla base dei tre lungometraggi di Simone Godano (tra cui il recente Marilyn ha gli occhi neri) e de Il campione di Leonardo D’Agostini racconta e mette in scena, infatti, le storie di otto personaggi accomunati, oltre che dall’appartenenza allo stesso contesto sociale romano-periferico, da una situazione esistenziale precaria, ristagnante, deprimente, forzata, a cui la vita(?), l’istanza narrante(?), la macchina cinematografica(?) concederà l’opportunità di evadere da gabbie autoinflitte ed autoimposte, dare una svolta al proprio futuro e finalmente vivere. A pieni polmoni, senza paure, ansie o complessi. Otto storie che la sceneggiatura intreccia, lascia sfiorare, riflettersi, intersecare, in modi, sì, convenzionali, tuttavia mai banali o pretestuosi.
Difatti, pur essendo l’ennesimo tentativo, da parte di Groenlandia, di coniugare un’estetica pop estremamente leggera, fresca e delicata con la struttura tipica della commedia italiana, Settembre riesce a trovare una propria identità, una sua ragion d’essere ed infine il successo nella scrittura dei personaggi e dei dialoghi.
Laddove, da un lato, quest'ultima ha invero il pregio di abbandonare le ossessioni, le vestigia e i modelli soliti della produzione dramedy italiana, scegliendo invece la via, quando non dell’improvvisazione, di una resa quanto più spontanea e naturale degli scambi (nel lessico, nella costruzione delle frasi, nelle intenzioni), dall’altro, è anche vero che Giulia Steigerwalt riesce, prima con una penna deliziosa e sensibile, nonostante la trattazione (di per sé aggraziata e fine) di temi “scomodi” quali la prostituzione e l’educazione sessuale, poi con una macchina da presa che segue, con grande attenzione, ogni gesto, smorfia, decisione, vizio, movimento dei propri protagonisti; a dar vita ad un racconto corale, vibrante di umanità, dolcezza e simpatia, che indaga le diverse sfaccettature ed età della natura umana, con tutte le sue contraddizioni, invenzioni, ipocrisie e complessità, e le sue gioie, i suoi segreti, i suoi attimi di pura e semplice logicità. Un racconto, impreziosito, a sua volta, da un cast azzeccatissimo di volti imperfetti e peculiari, più simile, in certi suoi momenti, ad una vera e propria ode al fascino della normalità, che riesce a restituire contemporaneamente passato (attraverso gli impliciti e sottintesi dell’immagine) e presente (attraverso, viceversa, l’intreccio e i coinvolgenti scambi di battute) di ogni suo personaggio.
Settembre sono allora Francesca (una Barbara Ronchi folletto, estremamente singolare) e Debora (una Thony molto convincente, seppur un po’ troppo marginale). Due amiche, le cui rispettive vite matrimoniali sono ormai aride, spente, insignificanti, monotone, quando non, addirittura, vittime di continui tradimenti e bugie, che, quasi fosse un gesto di ribellione, iniziano una relazione sentimentale tra di loro, riscoprendo una parte, giovanile e scorretta, di loro stesse che avevano da tempo rinnegato.
Ma anche Guglielmo (un Fabrizio Bentivoglio trasandato, svampito, spaiato, ma dal grandissimo cuore, che, a lungo andare, diventa un po’ il collante del film) e Ana (la rivelazione Tesa Litvan). Lui, un medico divorziato, protagonista solista e sconsolato di una vita di cui la Steigerwalt riesce a cogliere perfettamente la vuota mediocrità. Lei, una ragazza straniera di diciannove anni, con il sogno di studiare e diventare, un giorno, estetista, tuttavia costretta a prostituirsi per sopravvivere - cosa che la metterà in serio imbarazzo e a dura prova di fronte a Matteo (un sorridente Enrico Borello), un ragazzo che, per lei, rappresenta ben più di un semplice e momentaneo invaghimento.
Ciò detto, a risplendere davvero - tant’è che avremmo quasi desiderato che il film si fosse concentrato più su loro due, che sugli adulti - sono però i giovani e teneri Margherita Rebeggiani, che è già una piccola Alba Rohrwacher, e Luca Nozzoli, entrambi credibilissimi e, per certi versi, sorprendenti nei ruoli di Maria e Sergio, due ragazzini alle prese con le loro prime esperienze sessuali e relazioni amorose, che ci ricordano che, a volte, l’unica cosa da fare è essere semplicemente sé stessi. Agire, senza rimpianti o compromessi.
Chi lo sa… magari potrebbe essere l’inizio di un lungo e bellissimo viaggio. Lo stesso che, ci auguriamo, possano compiere Giulia Steigerwalt e il suo Settembre, un film (anche se non l’unico o il più riuscito) che, proprio come i suoi personaggi, si divincola dalle gabbie di un cinema italiano ormai anestetizzato, iper-problematico (come vorrebbe essere Francesca) e drammaturgicamente esasperato.
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