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GLI OCCHI DEL DIAVOLO PREDICA BENE MA RAZZOLA MALE

SCHEDA

TITOLO ORIGINALE: Prey for the Devil
USCITA ITALIA: 24 novembre 2022
USCITA USA: 28 ottobre 2022
REGIA: Daniel Stamm
SCENEGGIATURA: Robert Zappia
GENERE: horror
DURATA: 93 min

VOTO: 5+

RECENSIONE:

Parte da una buona idea di base Gli occhi del diavolo di Daniel Stamm, ovvero quella per cui anche la Chiesa, il contesto più statico e tradizionalista di tutti, non possa essere del tutto immune ai cambiamenti che investono il resto del mondo, da cui deriva pertanto una deriva femminile (e femminista) del filone esorcistico e un'idea più empatica e traumatica della pratica purificatrice. Purtroppo, al di là di queste buone premesse, Gli occhi del diavolo non riesce ad imporre nuove immagini, nuove idee, nuove invenzioni, qualcosa di proprio sul fronte puramente horrorifico, tornando inevitabilmente a L'esorcista di William Friedkin e rivelandosi infine quale inerme prodotto (con possibilità seriali alla The Conjuring) per qualche brivido in compagnia.

GLI OCCHI DEL DIAVOLO E L'ESORCISMO EMPATICO

Anche la Chiesa, il contesto più conservatore, tradizionalista e statico, non è immune ai cambiamenti del mondo là fuori, del mondo che la circonda. È questa la grande intuizione da cui prende il via Gli occhi del diavolo, l’horror esorcistico del tedesco Daniel Stamm, già promessa del genere con l’interessante mockumentary L'ultimo esorcismo (espressione ultima, se non massima, del filone iniziato con Cannibal Holocaust e reso popolare più tardi da The Blair Witch Project) e delusione di quella stessa promessa col brutto 13 peccati.

Il soggetto, scritto a sei mani da Robert Zappia, Earl Richey e Todd R. Jones, ribalta invero la prospettiva, tanto dell’istituzione e della secolare organizzazione ecclesiastica, quanto dello stesso filone degli exorcist movies, affidando ad una donna, più precisamente ad una giovane suora, le redini di un racconto che trova il proprio senso nell’intimo e nei traumi di quest'ultima (e, con ella, dei posseduti), ma che sembra destinato ad aprirsi a nuovi orizzonti, a trasferirsi addirittura in un altro continente, a farsi definitivamente saga.

Desiderio, questo, rintracciabile nell’attenzione e nella cura che la sceneggiatura di Zappia e la trasposizione su schermo di Stamm dedicano al resoconto storico del mestiere e della pratica dell’esorcismo - tra il riconoscimento degli errori e degli orrori commessi in passato dalla Chiesa attraverso i suoi organi inquisitori, così come della sua profonda misoginia - e, al contempo, alla costruzione di una nuova mitologia in ambito clericale, ossia di un ordine accademico di esorcisti formati e scelti come fossero soldati di un esercito spirituale.

Una visione non così eccessiva e sfacciatamente trash come nel caso della serie fanta-horror Netflix Warrior Nun, ma più tendente - e proprio per questo non così inedita - a quella pseudo veridicità storica alla base della serie The Conjuring e di tutti gli emuli che, negli anni, ne sono derivati, con un retrogusto complottista inevitabile dai tempi de L'altra faccia del diavolo.

Gli occhi del diavolo Recensione Cinemando

UNA RILETTURA FEMMINILE DELL'EXORCISM MOVIE

Ciò detto, Gli occhi del diavolo è anche e soprattutto una rilettura femminile (e femminista) di una pratica, purificatrice e cinematografica, che - salvo l'unica eccezione, peraltro citata nello script di Zappia, di Santa Caterina da Siena - è sempre stata fallocentrica, e che, a seguito di questa revisione e riforma (di cui però non si percepisce mai realmente la portata), si libera delle sue rigidità ed inflessibilità rituali e formali, diventando più simile ad una lotta empatica tra intercessore/confessore e posseduto. Ad una ricerca ed un’esorcizzazione (appunto) delle fragilità di quest’ultimo.

Un’idea di per sé abbastanza interessante ed affascinante, seppur nei limiti di una correlazione di fatto canonica e stereotipata tra femminilità e sensibilità innata, e di un’ambiguità vile in merito ad un tema caldo come quello dell’aborto; che Stamm porta avanti con buone scelte di casting (su tutte, quella della protagonista Jacqueline Byers) e con un uso sapiente degli spazi di questa accademia/centro studio nel centro di Boston. Un edificio opprimente ed isolato, che disorienta già a partire dalla sua morfologia architettonica, sospesa tra un passato oscuro ed oscurantista ed un presente più prudente e scientifico, contribuendo, a sua volta, alla composizione e alla resa atmosferica delle vicende.

A 50 ANNI DA L'ESORCISTA

Peccato che, a differenza del succitato franchise vaticinato da James Wan, e al di là di queste buone premesse, Gli occhi del diavolo non riesca ad imporre nuove immagini, nuove idee, nuove invenzioni, qualcosa di proprio sul fronte puramente horrorifico.

Sono passati ormai cinquant’anni dall’epocale L’esorcista di William Friedkin, eppure sembra che, da lì, non ci si sia ancora spostati. Il vomito, le larve, le piaghe (in una CGI qui discutibile, ma funzionale e talora addirittura ripugnante) sui corpi dei posseduti, i volti che si imbruttiscono, le voci tonanti o sibilline che offendono i preti o chi per loro in lingue sconosciute e mefistofeliche, i crocifissi rotti, le ossa che si incrinano, le levitazioni: un armamentario che, nel 1973, provocò uno shock (e anche qualcosa di più e di peggio) nel tessuto socio-culturale, nell’opinione pubblica, nelle stesse istituzioni ecclesiastiche, e che oggi, nel 2022, appare niente più che uno spauracchio maledetto e perseguitato dalla memoria di ciò che è stato.

Gli occhi del diavolo Recensione Cinemando

CONCLUSIONI

Infine, pure quella tensione e quel tono che Stamm, con la complicità della fotografia da horror iberico di Denis Crossan e la colonna sonora niente male di Nathan Barr, era riuscito ad imporre nei primi due atti, nell’ultimo lascia invece campo libero ad un segmento più prettamente action, tuttavia dalle dinamiche e dalla regia altamente discutibili.

Una scelta, o per meglio dire, una tentazione diabolica ed irresistibile, quest'ultima, che limita Gli occhi del diavolo allo status di film potenzialmente interessante, ma che non ha avuto fede fino in fondo - “predica bene, ma razzola male” si dice in questi casi. O ancora, di prodotto che potrà agilmente soddisfare chi è alla ricerca di qualche brivido da vivere in compagnia, ma che, oltre ad essere un’inerme fiera del jumpscare (e non montata e servita con gusto, come avviene nel quasi coevo Smile), sotto il profilo storico-mitologico, appare più che altro un riscaldamento per il ritorno, con David Gordon Green al timone, dell’originale, o, se preferite, per l’atteso biopic con Russell Crowe su padre Amorth, l’esorcista più famoso e “prolifico” di tutti. Sempre sperando che la maledizione possa essere finalmente spezzata.


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Pubblicato da Nicolò Baraccani il 30 Novembre 2022
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  • Cinema
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