TITOLO ORIGINALE: Smile
USCITA ITALIA: 29 settembre 2022
USCITA USA: 30 settembre 2022
REGIA: Parker Finn
SCENEGGIATURA: Parker Finn
GENERE: horror
A partire dal proprio corto del 2020 intitolato Laura Hasn't Slept, Parker Finn si affaccia sulla scena horror con una pellicola che si rifà palesemente al filone delle possessioni da parte di spiriti malvagi e misantropi, inserendosi tuttavia in quella sotto-branca, relativamente recente, delle proverbiali “catene di Sant’Antonio”, di maledizioni più simili a fenomeni epidemici ed endemici.
È una sorta di pena del contrappasso dei tempi moderni, dello zeitgeist dei giorni nostri, la maledizione che colpisce alcuni poveri malcapitati in Smile, esordio nel lungometraggio di Parker Finn. Il castigo ideale per una società che non accetta o vede male sentimenti quali la tristezza, l’inquietudine, la depressione, la schizofrenia, l’instabilità mentale; in sostanza, tutto ciò che non è virtualmente catalogabile sotto la voce “felicità” o sinonimo di allegria, piacere, spensieratezza . D’altronde, come indica un cartello su cui lo stesso Finn - non a caso - si sofferma, il sorriso è il livello minimo, quello indicato come “No Pain” (ovvero nessun dolore), di qualsiasi scala di autovalutazione emotiva e psicologica.
Tale forma mentis e deformazione sociale viene, a sua volta, esasperata, inasprita, esacerbata, pervertita fino al limite, all’inverosimile, dai social network e dalla loro congenita ed insopprimibile necessità di apparire come gli altri vorrebbero, di mascherare e coprire le proprie imperfezioni, i propri segni di umanità, le nostre angosce; di fugare i propri pensieri invadenti con filtri spersonalizzanti, artificiosi, eccessivi, che, in fin dei conti, non fanno altro che riflettere l’immagine di chi ci sta guardando. Ecco spiegato il sorriso diabolico, inquietante, puntuto, facilmente scambiabile con un parto di maldestra computer grafica o, al peggio, proprio come una maschera implausibile da Instagram; che campeggia sul volto delle sventurate vittime di questa presenza demoniaca prima di morire brutalmente suicide.
Tra queste, vi è anche la dottoressa Rose Cotter (tutto il film si regge sulle spalle e il grado di credibilità apportato da una Sosie Bacon ottima), responsabile di un reparto di psichiatria d’urgenza, che, dopo aver assistito al brutale (e ridente) suicidio di una sua paziente - la quale affermava di esser stata maledetta e posseduta da uno spirito maligno dopo aver assistito, a sua volta, alla morte suicida di un suo professore di college - inizia ad essere assalita da visioni terrificanti ed allucinazioni indicibili, sprofondando ben presto in una spirale paranoide, psicotica e solitaria che potrebbe compromettere la propria sanità mentale e la propria vita.
A partire da un suo corto del 2020, intitolato Laura Hasn't Slept, Parker Finn si affaccia sulla scena horror con una pellicola che si rifà palesemente al filone - davvero risalente alla notte dei tempi - delle possessioni da parte di spiriti malvagi e misantropi, particolarmente assetati di dolore, sangue, follia e morte, inserendosi tuttavia in quella sotto-branca, relativamente recente, delle proverbiali “catene di Sant’Antonio”, di maledizioni più simili a fenomeni epidemici ed endemici. E quindi - se proprio non vogliamo sfiorare un mammasantissima come David Cronenberg e i suoi Il demone sotto la pelle e Rabid - torniamo ai bei The Ring e It follows, o, se preferite, al brutto Obbligo o verità (da cui, per fortuna, non si è ripreso l’orribile sorriso in CGI).
Seppur l’idea di soggetto da cui prende il via sia perciò tutt’altro che fresca od originale, Smile riesce tuttavia a portare avanti con dignità e grande senso di affabulazione il proprio ottovolante di tensione, spavento e raccapriccio. Perché sì, al di fuori di quella minima componente di rilettura dell’attualità socio-politica (come sempre ha fatto e sempre farà l’horror) e al barlume di discorso (l’ennesimo) metatestuale nel legame tra occhio e sorriso, ben espletato dal segmento che precede i titoli di testa; è solo il fattore esperienziale ed epidermico che interessa davvero alla creatura filmica di Parker Finn.
E pur in questo suo essere, specialmente in termini stilistici ed estetici, un omogeneizzato dell’ultima produzione thriller-horror statunitense (da Ari Aster, Fede Alvarez e Scott Derrickson, passando per Mike Flanagan, Nia DaCosta e David Robert Mitchell, fino ad arrivare a Leigh Whannell e James Wan) ed indirettamente del cinema dei grandi maestri, e, pertanto, un prodotto che pertanto sa di tutto e niente; Smile riesce, allo stesso tempo, a stimolare qualcosa nello spettatore, a coinvolgerlo (forse pure troppo) nella scrittura e nella creazione del proprio mostro, e - malgrado qualche capriccio visivo di troppo, un uso spropositato, un po’ gratuito e conveniente del jumpscare e la ripetitività di alcune dinamiche - a regalargli peraltro qualche brivido come si deve, complici anche la colonna sonora ipnotica, disorientante, dissonante e minimalistica di Cristobal Tapia de Veer e l'ottimo montaggio di Elliot Greenberg.
Ancor prima di tutto ciò, bisogna però riconoscere a Smile l'abilità con cui sa ibridare il forte carattere commerciale (che, quantomeno ad una prima occhiata, parrebbe quasi l’unico motore) dell’operazione con un allure da B-movie low budget, capace di rendere quest’ultima ancora più affascinante, suggestiva, memorabile. E Parker Finn un nuovo ed interessante nome del panorama horrorifico contemporaneo.
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