TITOLO ORIGINALE: Choose or Die
USCITA ITALIA: 15 aprile 2022
USCITA USA: 15 aprile 2022
REGIA: Toby Meakins
SCENEGGIATURA: Simon Allen
GENERE: orrore
PIATTAFORMA: Netflix
Asa Butterfield e Iola Evans sono i protagonisti di Choose or Die, esordio al lungometraggio di Toby Meakins, in streaming su Netflix, che torna sul tema dei videogiochi maledetti, già affrontato nello "sperimentale" Black Mirror: Bandersnatch. Ne risulta un film che è forse l'ennesimo, perfetto "cibo da algoritmo", pensato e prodotto a partire da un più che meticoloso lavoro di marketing, che ricicla il volto più riconoscibile di una delle serie di maggior successo della piattaforma, Sex Education, e strizza l'occhio ai fan di Black Mirror, il tutto nel segno dell'ormai sdoganata nostalgia anni '80 (figlia, tra gli altri, anche della netflixiana Stranger Things). In altre parole, una pellicola acerba, priva di alcun guizzo degno di nota, già vista.
Senz’altro lo abbiamo scritto e ce lo siamo chiesti in qualche recensione passata, pertanto scusate la ripetizione, ma… quanto male ha fatto e continua a fare la nostalgia anni ‘80? E soprattutto quando potrà dirsi finita? A giudicare da Choose or Die, ultimissima proposta del catalogo Netflix, ci vorrà ancora molto tempo prima di (ri)seppellire i videogiochi ad 8 bit, i power glove, l’iconografia del nerd occhialuto ed unticcio, i feticci di un decennio all'insegna dell'edonismo e del consumismo, e tutta una cinematografia in cui, ad ogni perla indelebile e pregiata, corrisponde un tentativo in sé posticcio, tuttavia assurto, col tempo, volente o nolente, allo status di cult.
Dal canto suo, subito dopo l’ennesimo revival del “più grande decennio della cultura pop” - come ci tiene a sottolineare uno dei personaggi in una delle prime sequenze - l'esordio al lungometraggio di Toby Meakins veste i panni del perfetto “cibo per algoritmo”, pensato e prodotto a partire da un più che meticoloso lavoro di marketing.
Difatti, oltre agli anni ‘80, riportati in auge, tra gli altri, proprio da una serie originale Netflix (Stranger Things), la pellicola ricicla un attore come Asa Butterfield, protagonista - guarda caso - di uno dei prodotti di maggior successo della piattaforma (Sex Education) e strizza l’occhio a Black Mirror, quest’ultima resa popolare in tutto il mondo dalla N rossa dopo averne acquisito i diritti di distribuzione.
A dirla tutta, con Choose or Die, la compagnia di Los Gatos sembra voler richiamare quello che quattro anni fa fece con Black Mirror: Bandersnatch, uno dei pochi esempi di film interattivi mainstream. Un esperimento che allora fu “venduto” agli utenti della piattaforma come apripista di un nuovo modo di fruire e vivere l’esperienza audiovisiva. Un ibrido tra film e videogioco che, nonostante andasse a creare un curioso cortocircuito tra finzione e realtà extra-diegetica, si rivelava, a conti fatti, trascurabile nella scrittura e anacronistico nella forma, specie considerati i passi da gigante che stava facendo il medium videoludico in parallelo. Ciò detto, seppur limitate, l’interattività e la ripetibilità erano comunque ciò che rendeva interessante e peculiare il tentativo di David Slade e Charlie Brooker.
Ecco, se a Bandersnatch avessero tolto questo suo fattore interattivo, sarebbe apparso non tanto dissimile dal film di Toby Meakins, che, a partire da un incipit del tutto identico a quello dell'esperimento di Slade e Brooker, fa di tutto per assomigliare ad un episodio speciale di Black Mirror, senza però avere le risorse necessarie per poterselo davvero permettere.
Anzi, per il modo in cui tenta continuamente di alludere a toni, argomenti ed una spietatezza ben precisa, non ci stupiremmo se quella scritta da Simon Allen si rivelasse essere sul serio la sceneggiatura scartata per un episodio della serie.
Grezzo nella composizione, insipido nella scrittura dei personaggi, ossessiva-compulsivo nell’uso di alcuni espedienti rudimentali del genere thriller-horror, confusionario e modesto nelle rivelazioni, il lavoro di Allen è il peccato originale di un'opera che perde di mordente e capacità affabulatoria minuto dopo minuto.
A rincarare la dose, ci pensa la messa in scena orchestrata da Toby Meakins: acerba, priva di alcun guizzo degno di nota, ma, al contempo, ricolma di situazioni, idee, piccoli furti a questo o quell’altro film (il paragone più azzeccato è a Unfriended, BeDevil, Obbligo o verità, Escape Room; quello più ingeneroso a Saw), capace sì di confezionare qualche momento sommariamente riuscito, ma solo per gli sforzi (minimi) di una manciata di attori. Il riferimento è dunque ad un Eddie Marsan sprecatissimo, ad un Asa Butterfield qui presente solo ed esclusivamente per qualche obbligo o clausola contrattuale, e ad una Iola Evans inesistente in quanto a presenza scenica.
E dire che, per certi versi, Choose or Die rappresenta un’occasione mancata. Avete capito bene: infatti, se, da un lato, cerca di essere e voler fare un gigantesco “fanculo gli anni ‘80", o meglio, un tentativo di rovesciamento dell’adorazione, dell’egemonia e dell’eroismo odierni del nerd, con tutti i suoi feticci collezionistici e le sue manie analogiche, dall'altro, la pellicola, così come la sua protagonista, si lascia ben presto assoggettare e sedurre da quella stessa maledizione (doppiata nientemeno che Robert “Freddy Krueger” Englund). Una maledizione a cui nessuno sembra sfuggire, fuori o dentro lo schermo che sia.
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