TITOLO ORIGINALE: Élite 5
USCITA ITALIA: 8 aprile 2022
PIATTAFORMA/CANALE: Netflix
GENERE: thriller, dramma adolescenziale
N. EPISODI: 8
DURATA MEDIA: 40-57 min
Arrivata alla sua quinta stagione, Élite, la fortunata serie spagnola ideata da Carlos Montero e Darío Madrona, non vuole più spingersi verso qualcos’altro, verso qualcosa di più alto, anzi preferisce accontentare il pubblico degli irriducibili, ai quali interessa soltanto seguire, più o meno attentamente, le pruriginose vicende amorose di una galleria di personaggi con cui la psicanalisi andrebbe davvero a nozze. Scansato il miraggio di un originale dialogo con il passato prossimo e presente pandemico e, con esso, di un interessante connubio tra teen drama ed uno pseudo-dramma politico, Élite 5 si abbandona e rifugia ben presto alla stessa sottotrama mystery, alle stesse situazioni amorose e alle stesse scene di sesso che attentano impavidamente i confini della pornografia.
Vietata qualsiasi forma di assembramento, necessario il distanziamento sociale, protezionismo ed autoritarietà al primo posto. Questo è ciò che dettano le regole che il preside Benjamín Blanco (un Diego Martín Gabriel come sempre misurato e in parte) impone agli studenti del facoltoso/licenzioso liceo madrileno Las Encinas, ad inizio del nuovo anno scolastico. Questo è il modo in cui - che ci crediate o meno - la quinta stagione di Élite, la fortunata serie spagnola ideata da Carlos Montero e Darío Madrona, ha introiettato, metabolizzato ed incluso nelle proprie trame gli ultimi due anni pandemici, con tutte le loro peculiarità terminologiche, le loro ansie, furori ed esagerazioni.
Un modo curioso ed inaspettatamente intrigante di dialogare con il presente da parte di un prodotto che, al di là di tutti gli aspetti più frivoli e dissoluti, dell'anima scandalistica e piccante che l’ha reso chiacchierato e popolare presso il grande pubblico, ha sempre intrattenuto una relazione non meglio precisata, spesso approssimativa ed arbitraria, ma dalle indubbie volontà progressiste e pseudo-moralizzanti con la contemporaneità (specie quella giovanile), i suoi problemi più vivi e temi più urgenti.
In tal senso, questo elemento diventa, almeno inizialmente, così centrale negli equilibri e nelle dinamiche tra i personaggi, passata la prima manciata di episodi, chi scrive si era seriamente illuso della possibilità che le vicende di cuore (e non solo) degli studenti di Las Encinas stessero per abbracciare una piega politica e le forme del conflitto generazionale, tra coalizioni studentesche contro il regime dittatoriale e reazionario imposto dalla presidenza, ed anarchici gridi di ribellione ed insoddisfazione ovviamente sessuati e sessuali, libertini, decisamente "New Age"; e così fare del liceo madrileno e dei suoi frequentatori un vero specchio della Spagna (e dell’Argentina) d’oggi.
Come prevedibile però, questo originale e plausibile connubio tra teen drama e pseudo-dramma politico rimane soltanto una fugace scintilla, presto abbandonata agevolmente a favore della solita, ripetitiva e proverbiale sottotrama mystery-thriller a cui Montero e Madrona ci hanno abituato sin dalla primissima stagione.
Vi sarà dunque un cadavere che torna (letteralmente) a galla, segreti svelati, verità occultate, tradimenti, colpevoli, vittime, (davvero pochi) colpi di scena e nuovi volti: Isadora, una giovane ereditiera-influencer, dipendente dalle droghe e dai follower, e Iván, figlio di un famoso calciatore portoghese, vittima delle frustrazioni di un modello machista, paternalista e fallocentrico e delle ripercussioni che questa forma mentis - legata anche e soprattutto alla professione del padre - ha sul proprio orientamento sessuale; pronti a dominare il proscenio di un Las Encinas mai così assente. Difatti, come ragionevole che sia, in questa quinta stagione, l’elemento scolastico diventa abbastanza marginale, quasi rituale, un elemento ed un ambiente che gli autori accantonano per concentrarsi su altro. E non parliamo solo ed esclusivamente delle location che conosciamo praticamente a menadito - come detta la norma delle soap opera, d'altronde -, quanto piuttosto di orizzonti narrativi e argomentativi che, se affidati in mani volenterose, ancor prima che abili, avrebbero potuto, per l’appunto, svecchiare, ravvivare, arieggiare la vecchia e ormai rodata formula di Élite.
Quello che, al contrario, si preferisce fare, durante questi ultimi otto episodi, è bighellonare, gingillarsi, vagare senza meta alcuna, senza una prospettiva ragionata e meticolosa in merito all’evoluzione dei propri personaggi, seguendo gli stessi vizi di sempre, mostrando ancora meno idee, sforzi drammaturgici ed intuizioni della scorsa stagione, e puntando tutto sull’immancabile ostentazione e sul profluvio edonico di nudità, di carne che non vede l’ora di guizzare fuori dai vestiti [che, insieme alla colonna sonora, sono forse il reparto più curato della produzione], di corpi perfettamente scolpiti ed invidiabili anche nelle loro imperfezioni, intenti in passionali tour de force erogeni, erotici e sessuali, costantemente a rischio di valicare i confini della pornografia.
Segni, questi ultimi, che confermano quello che si è sempre detto a riguardo di Élite, di una pura ed elementare soap opera che ormai non vuole più spingersi verso qualcos’altro, verso qualcosa di più alto, anzi preferisce accontentare il pubblico degli irriducibili, ai quali interessa soltanto seguire, più o meno attentamente, le pruriginose vicende amorose di una galleria di personaggi con cui la psicanalisi andrebbe davvero a nozze, complessati, turbati, afflitti dai comportamenti e dalle mancanze di figure paterne problematiche, iperestesici - come dice lo stesso Benjamín al figlio Patrick in una delle ultime puntate.
Tutto questo a discapito ovviamente di una trattazione più misurata, autentica, magari più profonda e articolata di tematiche - alcune già presenti nelle precedenti stagioni - quali lo stupro, il consenso, la cancel culture, il (vero?) femminismo, il revenge porn, l’immigrazione, la sempiterna disparità sociale. Peccato che ogni singolo tentativo di problematizzazione e discorso venga poi sfruttato dalla sceneggiatura come mero pretesto per dare luogo ad un approccio, ad un rapporto, ad una scena di sesso sempre più spinta della precedente, a qualcosa, dunque, di nettamente ed inevitabilmente superficiale.
Malgrado la serie tenti in tutti i modi di riallacciarsi spiritualmente, dichiararsi o anche solo desiderarsi quale naturale successore di Almodóvar [vediamo pure qualche segmento di Légami!] e del suo cinema, sia esso in termini ideologici, artistici, culturali e sessuali; a fronte di quanto mostrato, mai come questa volta qualsiasi tipo di critica o indignazione appare esagerata, superflua, poco proficua, ridondante alla pari di ciò che si sta condannando. Meglio allora osservare il fenomeno da una certa distanza, con la consapevolezza dei fini dimessi e poveri che si prefigge, che accanirsi per nulla e più del dovuto. Sarebbe come tentare di rianimare un cadavere in decomposizione.
Sei d’accordo con la nostra recensione? Se sì, lascia un like e condividi l’articolo con chi vuoi.
In più, per non perdere nessun’altra pubblicazione, assicurati di seguirci sulle nostre pagine social e di iscriverti alla nostra newsletter.