TITOLO ORIGINALE: Élite
USCITA ITALIA: 18 giugno 2021
PIATTAFORMA/CANALE: Netflix
GENERE: thriller, dramma adolescenziale
N. EPISODI: 8
DURATA MEDIA: 40-57 min
Continuano le avventure degli studenti del collegio elitario di Las Encinas, questa volta alle prese con un cambio di presidenza, l'arrivo di quattro nuovi studenti ed un tentato omicidio.
Torna una delle serie più seguite, amate e celebrate sulla piattaforma streaming Netflix, con una quarta stagione che non è altro che la perfetta fotocopia - tanto nei pregi quanto nei difetti - di tutto ciò che è venuto prima. Un modello preconfezionato sia per quanto riguarda la messa in scena sia in termini narrativi, in cui vige la più completa ripetitività di storyline, caratterizzazioni, forme e strutture narrative, scenari ed acrimonie: è forse questa la migliore definizione per una stagione che non beneficia di alcuna, ritrovata e plausibile ventata d’aria fresca, anzi inciampa negli stessi errori della sua prima iterazione, che porta ad una ridondante ed infausta perversione. La ripetitività quindi non è più solo di stagione in stagione, ma anche di episodio in episodio, tanto che il prodotto finale probabilmente inizierà a stancare anche i fan più accaniti.
Élite 3 non può che essere visto come un’infelice, ma benvoluta manovra commerciale per Netflix, basata unicamente sul nome e sulla nomea che la serie si è guadagnata negli anni. Parlando di qualità? Il troppo stroppia.
Così si concludeva, nel marzo 2020, la nostra recensione della terza stagione di uno degli show più amati, visti e celebrati, insieme alla connazionale La casa di carta, della piattaforma streaming della N rossa. E visto che volete e state per leggere una recensione della sua quarta stagione, non vi sarebbe alcun bisogno di spiegarvi che cosa sia e di cosa tratti il serial ideato da Carlos Montero e Darío Madrona. Tuttavia, per evitare equivoci, vi basti sapere che Élite narra, come nella migliore tradizione dei drammi coming of age, le vicende di un gruppetto di adolescenti, quasi tutti provenienti da famiglie perbene borghesi o, addirittura, aristocratiche, che frequentano Las Encinas, uno dei college spagnoli più esclusivi ed elitari (per l’appunto).
Trattandosi di un dramma adolescenziale, la serie dovrebbe (e vorrebbe) avvalersi dunque dei classici amorazzi e triangoli come pretesto per toccare e sviscerare tematiche sempre attuali, nonché contingenti per tutti coloro che rientrano nel suo target di riferimento (sempre che uno ce l'abbia). Durante la sua carriera, la serie di Montero-Madrona ha trattato argomenti tra i più disparati: dalla criminalità alla tossicodipendenza, dalla disuguaglianza socio-economica alla malattia, fino ad arrivare a fede e conformismo. Sin dalle origini, sono però il sesso (in tutte le sue diramazioni e forme) e il modo “spinto”, esplicito, talora scioccamente provocatorio con cui viene raccontato il marchio di fabbrica di Élite, oltre che il probabile motivo per cui quest’ultima è ancora così seguita.
E con il tempo, gli showrunner si saranno accorti che il ruolo di cantori della giovinezza e dei "problemi che caratterizzano la vita di ogni adolescente" non avrebbe fatto molto sul lungo termine - specie vista la loro scarsa abilità nel trattare e nel drammatizzare tali problemi -, altrimenti non si spiega l'incremento vertiginoso del numero di scene di sesso che la serie ha registrato di episodio in episodio e di stagione in stagione, così come la glorificazione (puramente estetica ed estetizzante) sempre più insistente dei corpi scolpiti ed ideali dei propri interpreti.
Da teen drama teoricamente impegnato, Élite si è convertito quindi in una soap opera che, imbellettandosi, "maturando" e vantando il marchio e la produzione Netflix, vuole e riesce a nascondere questa sua natura [di cui presenta anche i tipici canoni attuativi, come il fatto di essere ambientata quasi integralmente in interni], che sacrifica ogni buona possibilità di elevare il proprio racconto, preferendo il dramma facile e spettatorialmente confortevole, e che, per rivitalizzare una trama che altrimenti apparirebbe vista e rivista, inserisce qualche nota di giallo e apporta tutta una serie di cambiamenti temporanei, funzionali solo al raggiungimento di un immancabile status quo.
E’ con questi toni che allora si concludeva la nostra recensione della terza stagione ed è da queste premesse che prende il via questa nuova serie di episodi che va a comporre Élite 4, la cui produzione chi scrive aveva già preventivato con largo anticipo [“Viste le atmosfere e la costruzione del finale, temiamo se ne aprirà sicuramente un altro (di ciclo), ancora più insensato ed inconcludente”].
Una quarta stagione che, a differenza delle altre, viene però preceduta da Storie brevi, un’operazione perfettamente comprensibile, che avrebbe potuto godere di vita propria senza danno alcuno e, in particolare, senza dover condurre per forza ad una nuova iterazione dello show. Nello specifico, si tratta di quattro mediometraggi, suddivisi ciascuno in tre parti e caratterizzati singolarmente da finalità ed atmosfere diverse.
Ve n'è quindi uno per tutti i tipi: quello dedicato al trio Guzman-Rebe-Cayetana, in cui lo stesso Carlos Montero sembra quasi fare un’auto-parodia del suo prodotto e dei cliché che esso spesso adotta [Élite avrebbe dovuto essere così, ma avrebbe perso ben presto il proprio seguito]; quello, romantico e sdolcinato, di Nadia [che rivediamo anche in questa nuova stagione] e Guzman, finalizzato al racconto della difficile relazione a distanza tra i due; quello, più umano ed universale, su Omar, Ander ed Alexis, costruito come una sorta di viaggio interiore e di presa di consapevolezza del secondo rispetto alla sua sconfitta della leucemia e al proprio rapporto con il malato terminale Alexis; ed infine quello Élite-style (quindi, sequenze di sesso esplicite a non finire) incentrato sulla strana coppia Carla [che, in questa quarta iterazione, scompare dai radar] - Samuel.
Un’iniziativa, quella delle Storie brevi, che - come la serie, del resto - presenta alti e bassi, ma che, se solo fosse un contenuto extra per i fan, non farebbe male a nessuno. E’ il fatto che serva come lancio di una nuova stagione che fa male. E tanto…
Salutate pertanto Lucrecia, Carla, (in parte) Nadia [ovvero i personaggi più carismatici del mucchio] e le due memorabilissime new entry della scorsa stagione (Malick e Yeray), Élite 4 tenta di rianimare il proprio intreccio con l’inserimento di una serie di figure del tutto nuove che dovrebbero prendere il posto dei grandi assenti e conquistare, per “carisma”, fascino e perfidia, il cuore degli spettatori.
Difatti, le varie problematiche e i vari scandali (tra cui due omicidi) concernenti il collegio Las Encinas e i suoi studenti costringono un cambio di presidenza e al posto di Azucena - la madre di Ander - viene assunto l'ex-CEO Benjamin Blanco, il quale iscrive al collegio anche i suoi tre figli: Ari - in parole povere, l’alter ego di Lucrecia, nonché uno dei personaggi più fastidiosi che mai siano apparsi sul grande schermo -, Patrick - ragazzo gay esuberante, ma sfacciato che andrà a costituire il “motore” della storyline e del rapporto di Ander e Omar - e Mencía - tra i tre, quella con l'arco narrativo potenzialmente più interessante, ma purtroppo prevedibilmente buttato alle ortiche in favore di una love story abbastanza scialba con Rebe. (Inutile dire che praticamente nessuno di questi tre nuovi personaggi riesce ad emergere e a spodestare l’immagine e la nomea che figure come Lucrecia o Carla custodiscono presso il pubblico, risultando al massimo come caricature di qualcuno già visto in precedenza.)
La presenza di Benjamin a Las Encinas assume però ancor più senso ed importanza, quando Phillipe Florian Von Triesenberg (il quarto nuovo all'appello), diretto erede al trono di un principato dell'Europa Centrale, alter ego del defunto Polo, ma anche presenza abbastanza superflua e talvolta inconsistente; decide di iniziare a studiare lì. Così come in Tredici del resto (a dimostrazione dell’esigua originalità di questo tipo di prodotti), all'arrivo del principe la scuola diventa quindi più protetta e sorvegliata di un aeroporto: vengono installati metal detector, telecamere di videosorveglianza e vi sono guardie all’entrata che perquisiscono chiunque entri. E' in questo clima e scenario che Élite si ripete e decide, come se non bastasse, di incorniciare il tutto con un bel (mancato?) omicidio.
Perciò, come nel caso della recensione di Summertime 2 (che, seppur brutta, in termini di intrattenimento è ben superiore ad Élite), potremmo benissimo prendere - con le dovute modifiche - quanto scritto per la scorsa iterazione dello show, applicarlo a quella qui analizzata e denotare l’assoluta e precisa duttilità di opinioni e critiche. Infatti, analogamente alla migliore tradizione dei prodotti Netflix - nello specifico, di quelli mediocri -, Élite 4 non è altro che la perfetta fotocopia - tanto nei pregi quanto nei difetti - di tutto ciò che è venuto prima e, parimenti, probabilmente di tutto quello che verrà poi.
Un modello preconfezionato sia per quanto riguarda la messa in scena sia in termini narrativi, in cui vige la più completa ripetitività di storyline, caratterizzazioni, forme e strutture narrative, scenari ed acrimonie.
Tornano quindi le tanto amate quanto abusate prolessi (ad inizio e fine episodio), finalizzate invano allo stabilimento di una tensione rispetto alle dinamiche e agli esiti di questo fantomatico omicidio; e si riprende - segno che nulla è veramente cambiato - il discorso classista e della differenza sociale tra gli alunni iscritti a Las Encinas per “diritto di lignaggio” e quelli che si trovano lì per aver ottenuto una borsa di studio.
Inoltre, come da copione, quasi tutti i personaggi appaiono più come strumenti in mano e mossi artificiosamente da una sceneggiatura; come costrutti bidimensionali, i cui tratti caratteristici rispondono più alle esigenze sensazionali e drammaturgiche di una trama prevedibile e di una messa in scena didascalica fino all’inverosimile, che ad una coerenza intrinseca ed individuale, figlia di un rapporto causa/effetto. Divi sempre vincenti ed invidiabili - anche quando non si comportano correttamente o attraversano un momento tragico e drammatico - di cui non si percepisce mai la fragilità. Criminali scampati al carcere o al riformatorio per una fuorviante inabilità della polizia locale, bugiardi cronici ed anime miserabili che non hanno un vero e proprio cambiamento, anzi talvolta (il caso di Ander e Guzman è emblematico) arrivano pure a regredire rispetto a quanto narrato in precedenza.Nonostante un evidente cambio di focus e l’enfasi narrativa riservata ai nuovi personaggi e a tutti coloro che, nelle scorse stagioni, più erano stati sacrificati (a discapito dei passati protagonisti, quindi Samu e Guzman, la cui unica utilità drammaturgica è sbavare dietro alla neoarrivata Ani), Élite 4 non beneficia di alcuna, ritrovata e plausibile ventata d’aria fresca, anzi inciampa (se di proposito o meno è ancora da stabilire) negli stessi errori della sua prima iterazione, che porta ad una ridondante ed infausta perversione. In più, da questa quarta iterazione, la ripetitività non è più solo di stagione in stagione, ma anche di episodio in episodio, tanto che il prodotto finale probabilmente inizierà a stancare anche i fan più accaniti.
Un tripudio di progressiva indifferenza e noia costante ed imperitura, talvolta risollevato da alcune sequenze di sesso in cui, differentemente dal resto, un minimo di impegno si riesce ad intravedere, soprattutto nella rappresentazione dei corpi: è forse questa la miglior definizione che riusciamo a trovare per descrivere la mediocrità di Élite 4.
A proposito di sesso, uno dei temi potenzialmente più stimolanti, ma che - come già anticipato - lo show e questa stagione in particolare sacrificano a favore di sequenze facili e di una comfort zone difficilmente abbandonabile, è proprio la mercificazione del sesso, intesa sia in quanto prostituzione (in questo, il serial sembra volersi avvicinare al nostrano Baby) sia come mezzo per ottenere o arrivare da qualche parte. Peccato che, come spesso accade, chi predica bene, poi razzola male. Risulta infatti abbastanza paradossale, quasi involontariamente comico che una serie che fa del corpo, della pelle e dei coiti la ragione del proprio successo commerciale e di pubblico, voglia farci sentire in pena per una ragazza che viene raggirata (con un sistema di eventi e reazioni abbastanza dubbio) e venduta. Ma forse è e sarebbe meglio finire (noi) di sparare su quello che è, da anni, un cadavere ambulante e (Netflix) di fare dell’Europa il calderone di progetti vacui, volontariamente e spudoratamente trash, spesso del tutto inguardabili, specie considerando la concorrenza oltreoceano e oltremanica. (Purtroppo) to be continued...
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