TITOLO ORIGINALE: Sempre più bello
USCITA ITALIA: 31 gennaio 2022
REGIA: Claudio Norza
SCENEGGIATURA: Roberto Proia e Michela Straniero
GENERE: commedia, sentimentale
A meno di sei mesi di distanza da quel finale sospeso con cui si era chiuso Ancora più bello, esce nelle sale per tre giorni Sempre più bello sempre di Claudio Norza, l'epilogo della storia di Marta, interpretata da una Ludovica Francesconi sempre convincente, e del suo rapporto con Giacomo, a cui presta il volto un Giancarlo Commare nuovamente tra alti e bassi. Non solo parlando di questo capitolo conclusivo, ma tirando le somme in generale sulla trilogia di Sul più bello, notiamo che il pregio maggiore di questa insolita operazione tutta italiana si colloca al di fuori della mera concretezza filmica, nel fatto di essere il modello di un cinema queer italiano facilmente esportabile, che prova finalmente a superare la solita e convenzionale rappresentazione del contesto familiare, ribadendo l'importanza della scelta. Per quanto riguarda Sempre più bello in sé e per sé, ci troviamo di fronte ad un piccolo miglioramento rispetto al predecessore, corrispondendo tuttavia ad un grande passo in avanti, altrettanti passi indietro.
Il passaggio dall’eclettismo e da quello sguardo femminile, raffinato - indubbiamente desunto dal cinema indie francese e statunitense - e pertanto inedito per il panorama italiano, di Sul più bello, al semplice, ma ben più banale e sgraziato spirito da divertissement del seguito, Ancora più bello, è stato traumatico, così come traumatico è stato il cambio di regia da Alice Filippi a Claudio Norza. Come potete ben dedurre dalla nostra recensione raffreddata e delusa della parte due di questa insolita operazione di trilogia tutta italiana, le nostre aspettative per l’episodio conclusivo, dal titolo (profetico o fatale) Sempre più bello, erano praticamente inesistenti, specie dopo la scelta discutibile e proverbiale con cui Norza e Roberto Proia (qui, nuovamente in sceneggiatura insieme a Michela Straniero) decisero di chiudere lo scorso capitolo.
Per chi non se lo ricordasse, il riferimento è ad un cliffhanger del tutto elementare, ma significativo della stretta correlazione produttiva e creativa di queste ultime due iterazioni. Un finale sospeso, così come sospeso è il rapporto tra Marta (una Ludovica Francesconi sempre trascinante e credibile) e Gabriele (un Giancarlo Commare nuovamente tra alti e bassi). Infatti, subito dopo aver avuto una violenta litigata ed essere ad un passo dalla rottura, Marta deve correre in ospedale ed affrontare un complicato intervento per il trapianto di polmoni che potrebbe, se non risolvere, perlomeno alleviare le sue gravi condizioni di salute. Al contrario, Gabriele, intento a farsi perdonare dalla ragazza e provarle i suoi sentimenti mostrandosi presente in questo momento tanto duro e complicato per lei, si precipita da Parigi a Torino, ma, per una svista di Jacopo (un adorabile Jozef Gjura), uno dei due migliori amici di Marta, sbaglia ospedale…
Ebbene, ogni nostra (e vostra) potenziale aspettativa sarà irrimediabilmente fugata da Sempre più bello. Soprattutto, dal modo in cui decide di riprendere le fila del racconto, ossia, banalmente, eliminando qualsiasi prevedibile cicatrice od onta di tutta quella carica drammatica, per non dire tragica della conclusione di Ancora più bello, con un inizio che, dopo il breve riepilogo iniziale, è interessato soltanto a rimettere i protagonisti in situazioni imbarazzanti, talora assurdamente e comicamente cartoonesche, ed insieme inebriarsi di quei soliti toni da rom-com di estrazione americana, tuttavia mal equilibrati con la componente più seria e compunta della malattia, qui affiancata alla difficile e traumatica realtà familiare di Marta.
Partendo dunque dal presupposto che ormai lo schema narratologico e drammaturgico reiterato da Proia, Straniero e Norza è chiaro e palese, poiché fondamentalmente elementare (la formula è infatti quella dello status quo, corrispondente alla vitalità buffa, bizzarra ed infantile di Marta e della sua famiglia acquisita - di cui è bene ricordare anche la migliore amica Federica interpretata da una buona Gaja Masciale - che viene rotto e disturbato “inaspettatamente” dal ritorno ciclico del morbo e delle sue varie complicanze), nell’attesa dell’immancabile arrivo della patologia che rimescoli le carte in tavola, portando, come sempre, i personaggi sul fantomatico “ciglio del burrone”, Sempre più bello prende tempo, gioca e si diverte con i suoi paladini ilari ed ironici, li mette di fronte ad impasse sempre più impossibili (“da film”: lo ripetono con insistenza quegli stessi paladini durante tutto il corso del racconto), strappando più di una risata al pubblico, intrattenendo con gusto e charme quanto basta e confezionando pure qualche momento più grave e riflessivo che sembra funzionare veramente solo quando davanti alla macchina da presa vi è una grande ispirazione attoriale - sintomo di una regia abbastanza indefinita e mansueta.
Così facendo però, Sempre più bello tradisce la più completa assenza di un vero e preciso scopo od intento - o che, perlomeno, non preveda la ricaduta (di per sé frettolosa e pretestuosa) della malattia - alla base dei suoi 100 minuti di racconto. In tal senso, per riempire e giustificare l’ora e dieci che separa il primo dall’ultimo quarto d’ora, Norza, Proia e Straniero conducono un funzionale processo di approfondimento ed espansione della caratterizzazione e del background di alcuni dei suoi personaggi, primo fra tutti proprio quello di Marta.
Jolly speciale, nonché parte integrante di questa ricerca di maggior profondità emotiva e psicologica, è una notevole Drusilla Foer nei panni della nonna della protagonista, con la quale quest’ultima ha sempre avuto un rapporto conflittuale e complicato che affonda le radici di questa sua complessità nel ruolo classico e convenzionale della figura femminile e materna.
Tirando le somme sull'operazione in genere, convenzionale e, in particolar modo, il suo contrario sono le parole più giuste ed esatte per comprendere al meglio non solo Sempre più bello, ma anche l’essenza della trilogia di Marta & co. Un esperimento che, anche per dubbiose scelte distributive, non ha mai avuto un riscontro adeguato da parte del grande pubblico, ma che, a suo modo, rappresenta un qualcosa di necessario ed importante per il panorama cinematografico e soprattutto culturale del nostro paese, a prescindere dalla qualità intrinseca e non sempre sufficiente delle opere che lo compongono.
Un modello che è già stato replicato con risultati dubbi, ma che costituisce anche l’unico, vero esempio di cinema queer italiano, in cui ogni orientamento possibile, ogni identità di genere è presa come data. Di un cinema facilmente esportabile all’estero, proprio perché italianizza bene un filone che non ci appartiene e apparterrà mai del tutto. Oppure ancora di un cinema che finalmente si allontana dalla solita e vetusta dicotomia famiglia naturale e felice/famiglia allargata, disastrata e disarmonica, professando l’importanza della scelta ed urlando a gran voce che il significato più puro ed autentico di famiglia risiede nelle persone di cui decidiamo di circondarci.
Con tutta probabilità, è questo il pregio più grande della trilogia di Sul più bello, rimarcato con forza da quest’ultimo Sempre più bello, che, sfiorando appena appena il pensiero secondo cui “la realtà è scadente” sul quale si fonda il recente e meraviglioso È stata la mano di Dio, ci ricorda inoltre che ciò a cui abbiamo assistito in queste tre pellicole è sempre stato “il film di Marta”. A tal proposito, trattandosi di un artificio dichiarato sin dalle premesse, ci siamo sempre trovati e anche qui ci troviamo di fronte ad una costante trasfigurazione (infantile, cinematografica, intenzionale o meno) della dura e cruda realtà - sia essa quella della malattia (ecco spiegato il motivo per cui non la si è chiamata fin da subito “fibrosi cistica”) o quella di un paese antiquato e chiuso come l’Italia, che, non fosse per l’ambientazione torinese, non sarebbe proprio presente all’interno di Sul più bello e dei suoi sequel.
Purtroppo, per Sempre più bello, ad un grande passo avanti e ad una dimostrazione parimenti importante, corrispondono fin troppi passi indietro ed una smentita clamorosa. Ancora non riusciamo a spiegarci infatti quale sia il senso e l’utilità della storyline di Rebecca e Giacomo, se non scomodando volontà moralistiche, inaspettatamente triviali, sulla cattiveria e la slealtà che popolano il mondo di internet, dei social media e degli influencer. Sempre più bello non sarà proprio il titolo più rappresentativo dell’ultimo film di Claudio Norza, “Più bello del secondo”, Sempre più bello, lo è senz’altro. E tanto basta.
Sei d’accordo con la nostra recensione? Se sì, lascia un like e condividi l’articolo con chi vuoi.
In più, per non perdere nessun’altra pubblicazione, assicurati di seguirci sulle nostre pagine social e di iscriverti alla nostra newsletter.