TITOLO ORIGINALE: Yara
USCITA ITALIA: 5 novembre 2021
REGIA: Marco Tullio Giordana
SCENEGGIATURA: Graziano Diana, Giacomo Martelli
GENERE: drammatico
PIATTAFORMA: Netflix
A distanza di quasi dieci anni dal bellissimo Romanzo di una strage, Marco Tullio Giordana torna ad un cinema di impegno nazionale, incentrato sulla ricostruzione di fatti di cronaca che hanno segnato la storia del nostro paese, con un film che vorrebbe raccontare l’increscioso delitto che ha sconvolto il nostro paese tra il novembre 2010 e il luglio 2016, ma che purtroppo si scontra con un'innumerevole quantità di problemi. Tutto ciò a cui Yara avrebbe potuto aspirare per sottrarsi a quella aria di prevedibilità che lasciava intendere sin dalle premesse viene ben presto accantonato, a beneficio di una pellicola che può definirsi tale - e non la più banale delle fiction da prima serata su Canale 5 -, soltanto per il registro fotografico e il formato adottati. Un racconto sovraesposto che non lascia spazio ad incertezze, ad ambiguità, a riflessioni, cioè ad un vero e proprio coinvolgimento diretto dello spettatore nei fatti narrati.
C’è un momento, in Yara di Marco Tullio Giordana - film, prodotto da Taodue e distribuito da Netflix e Medusa, che segna il ritorno del regista, a quasi dieci anni di distanza dal bellissimo Romanzo di una strage, ad un cinema di impegno nazionale, incentrato sulla ricostruzione di fatti di cronaca che hanno segnato la storia del nostro paese -, in cui racconto e messa in scena sembrano svincolarsi dal tempo diegetico e connettersi alla nostra contemporaneità e, con essa, alla situazione pandemica che tuttora ci perseguita.
Difatti, nel segmento volto a descrivere l’immane ed innovativo (almeno per l’Italia) sforzo di prelievo e campionatura genetica del bergamasco tramite tampone salivare, portato avanti dalle forze dell’ordine al fine di trovare il DNA corrispondente con quello trovato sugli indumenti della povera Yara, ad un certo punto, la macchina da presa si slega con forza da un discorso di tipo collettivo, per focalizzarsi su un ragazzo appena sottopostosi al prelievo, che, al telefono, dice ad un altro: “Sì, ho appena fatto il tampone… Niente, uno schifo”.
Sì, è una sciocchezza, lo ammettiamo. Ciononostante, questo breve scambio di battute è utile a sottolineare la pochezza con la quale Graziano Diana e Giacomo Martelli hanno trattato e trasposto l’increscioso ed efferato delitto che ha sconvolto il nostro paese tra il novembre 2010 e il luglio 2016. Una mediocrità contenutistica tale, da fare di questo involontario rinvio all’Italia di oggi - l'unico che il film si concede -, anche il solo elemento interessante, curioso o perlomeno memorabile dell’operazione.
Invero, tutto ciò a cui Yara di Marco Tullio Giordana avrebbe potuto aspirare per sottrarsi a quella aria di prevedibilità che lasciava intendere sin dalle premesse - e dunque ad un pregiudizio giustificato, rispetto cui chi scrive non si esime di certo - si sgretola e viene ben presto accantonato, a beneficio di una pellicola che può definirsi tale - e non, con tutto il rispetto, la più banale delle fiction da prima serata su Canale 5 (d’altronde, tra i produttori figurano pure Mediaset e Pietro Valsecchi) -, soltanto per il registro fotografico e il formato adottati.
Tutta quella fisiologica denuncia dell'inefficienza, dell’arretratezza, della parzialità, della legnosità, finanche del maschilismo delle forze dell’ordine e dell'approccio investigativo e giudiziario italiani, così come un discorso necessario sulla stampa, sulla manipolazione mediatica delle indagini, sullo sfruttamento del caso da parte di alcuni politici, su tutti gli effetti che lo stesso ha avuto sull’opinione pubblica e sul medium televisivo, sull’opprimente copertura che, di esso, se n’è fatto in ogni trasmissione del Bel Paese, ma anche e soprattutto il metodo pionieristico di conduzione delle indagini: insomma, tutti gli aspetti che concernono, direttamente o indirettamente, e definiscono in maniera imprescindibile la vicenda Gambirasio vengono affossati da una messa in scena e da una scrittura che, quando non lambiscono i territori del grottesco, procedono per passaggi obbligati, secondo metodi creativi propri della televisione generalista.
Dovendo allora tener conto di un pubblico misto e multi generazionale (che va dal teenager alla casalinga), e - diremmo noi - dell'eventualità di una visione distratta, come sottofondo delle faccende di casa, ecco che il film di Giordana fa in modo che ognuno dei personaggi sia perfettamente riconoscibile in un ruolo prestabilito ed invariabile. O, magari, che un passaggio fondamentale del caso venga ripetuto per intero più(, troppe) volte o, nel peggiore dei casi, indicato a caratteri cubitali all’interno di un fascicolo. Oppure che, alla trama principale, se ne aggiunga una secondaria, di stampo familiare, alquanto sciocca e pretestuosa, che vorrebbe invano rendere quanto più lapalissiane l'entità e la gravità delle inquietudini che perseguitano la protagonista-detective, interpretata da Isabella Ragonese. O ancora che sia ammessa una sorta di spalla comica affabile e bonaria, inverosimile per il tono del testo, che tutt'a un tratto arriva pure a fungere da consigliere e confessore per la stessa ispettrice.
Quello che fa Yara è allora giocare a carte scoperte, dando forma ad un racconto sovraesposto che non lascia spazio ad incertezze, ad ambiguità, a riflessioni, cioè ad un vero e proprio coinvolgimento diretto dello spettatore nei fatti che vengono ricostruiti ed inanellati.
Pertanto, ciò che rimane non può che essere un’opera scricchiolante su quasi tutti i fronti (su tutti, la recitazione), priva di qualsiasi forma o volontà affabulatoria, ritmicamente monocorde e pedante, dai dialoghi inverosimilmente artificiosi. Un film in cui la visione e la comprovata abilità di Giordana si perdono del tutto tra un marasma di momenti che mettono a dura prova la pazienza e la credulità dello spettatore.
Date le circostanze, e considerando la ricca tradizione di prodotti true crime che affolla la piattaforma di Los Gatos, tanto valeva investire su un qualcosa che potesse aspirare al clamore mediatico o anche solo riecheggiare il forte potere compromettente dimostrato da SanPa - Luci e tenebre di San Patrignano, serie Netflix che, attraverso l’uso degli strumenti tipici della serialità complessa, riesce a gettare “luci e tenebre” su una delle pagine più controverse della nostra storia e, al contempo, sui valori e le credenze di un’intera nazione. A confronto, Yara, purtroppo, è soltanto il romanzo di una strage, se capite l'antifona.
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