TITOLO ORIGINALE: Un'estate fa
USCITA ITALIA: 27 ottobre 2023
PIATTAFORMA/CANALE: Sky/Now TV
REGIA: Davide Marengo, Marta Savina
SCENEGGIATURA: Valerio Cilio, Federico Favot, Michele Alberico, Massimo Bacchini
CON: Lino Guanciale, Filippo Scotti, Claudia Pandolfi, Antonia Fotaras, Paolo Pierobon
GENERE: drammatico, giallo, thriller
N. EPISODI: 8
DURATA MEDIA: 45-50 min
Lino Guanciale ed un sempre più bravo Filippo Scotti sono i protagonisti di Un'estate fa, nuova miniserie italiana Sky Original, che si dimostra interessante più per il modo (magari pure inconsapevole) in cui lavora con e sulla nostalgia e l'ossessione per il ritorno al passato, che non per la sua idea e forma di divertissement e di feuilleton giallo.
Nostalgia. Etimologicamente, dolore del ritorno. Essa può essere infatti un rassicurante, confortevole e placido sentimento da cui lasciarsi cullare, ma anche una spirale pericolosa che può sedurci proprio grazie a quella sua apparente innocuità, e trascinarci a fondo fino a farci dimenticare quale sia il vero peso e la vera consistenza della realtà.
Cinematograficamente parlando, invece, la nostalgia è una delle passioni irrefutabili e più diffuse, per certi versi pure la più grande e grave piaga ad affliggere il panorama audiovisivo contemporaneo, che ormai, a forza di ricordare il nostro, così come il suo grande, fulgido, luminoso passato, non riesce più ad uscirne, ad evaderne, a cogliere le urgenze e lo spirito del tempo presente.
È un’ossessione, la nostalgia. E, non a caso, è di ossessioni che parla Un’estate fa - la nuova miniserie italiana originale Sky ideata da Michele Alberico e Massimo Bacchini, e diretta da Davide Marengo e Marta Savina -, lavorando, in chiave crime-thriller, proprio a partire da questa tensione nostalgica da cui pare impossibile astenersi.
Tutto prende il via dal ritrovamento del corpo di una ragazza all’interno di una vecchia Fiat Uno gettata in un lago, vicino ad un camping del litorale romano. È quello di Arianna Moretti, adolescente scomparsa trent’anni prima, nell’estate del 1990, senza lasciare alcuna traccia o indizio riguardo al proprio destino o all’identità di un presunto colpevole. Per molti - inclusa la madre di Arianna - il responsabile è sempre stato uno. Il suo nome è Elio Santamaria, oggi un brillante avvocato con una nuova vita, la vita che tutti vorrebbero. Sarebbe lui ad aver fatto sparire (e, col senno di poi, ad aver ucciso) la ragazza poiché neanche troppo segretamente innamorato, se non proprio ossessionato da lei.
Vi è solo un problema: Elio per primo non ricorda assolutamente nulla di quanto accaduto. Infatti, a seguito del fattaccio, la sua mente ha fatto praticamente tabula rasa e rimosso ogni singolo elemento e dettaglio di quell’estate. Tuttavia, la riapertura del fascicolo sul caso coincide con un riafforare di ricordi, di scampoli di memoria, di frammenti di quelle settimane estive passate tutti insieme spensieratamente, tra mare, sole, musica, feste e le partite del Mondiale di calcio 1990, senza alcuna preoccupazione, come se il tempo non dovesse passare mai, come se nulla potesse davvero toccarli. Queste reminiscenze si fanno però sempre più insistenti, finché egli non inizia a sperimentare dei veri e propri viaggi mentali nel tempo, esperienze trans-corporee, memorie reincarnate, mentre la sua vita procede “in sottofondo” come al solito. Momenti, questi, che Elio - che non ha affatto superato il trauma della scomparsa di Arianna - prima subisce ed infine anela, alla stregua di una dipendenza, di un’ossessione. Che da nostalgica diventa dolorosa. E il cerchio si chiude.
È più che altro per questo: per il modo in cui si inserisce puntualmente nella contingenza del mezzo e del racconto audiovisivo, compiendo un minimo di riflessione e di commento (forse pure involontari) sulla vena elegiaca già ampiamente descritta; ché Un’estate fa risulta interessante agli occhi di chi scrive.
Perché, per il resto, la sua natura ed idea di divertissement, di feuilleton giallo, è l’ennesima, routinaria e nemmeno così originale variazione sul tema, fin dall’elemento straordinario, soprannaturale e fantascientifico, il cui funzionamento (specie nel gioco di azione e reazione, di causa ed effetto cross-temporali), si rifà all’ineludibile Ritorno al futuro.
Esauritosi invero il fascino e l’affabulazione dell’incipit, la serie va presto incontro a ridondanze, ad una monotonia indolente nelle applicazioni dei meccanismi di detection, e alla totale mancanza di inventiva e la sciattezza nel mettere insieme una risoluzione soddisfacente del mistero. Un fatto tanto disarmante, da sacrificare in pieno il pay-off.
Il primo dei due aspetti di Un’estate fa in grado di mantenere vivi l’attenzione e l’interesse dello spettatore è allora il processo di ricostruzione e rivivificazione di un tempo andato, di un tempo senz’altro più ingenuo, di beata innocenza, di un’illusione che però già allora iniziava a dare i primi segni di cedimento. Se da un lato la serie non riesce ad evitare gli inni musicali (italiani ed esteri) spalmati in lungo e in largo, a tutto volume, e quella patina didascalica, leziosa, artificiosa, a cui molte produzioni ci hanno purtroppo abituato, dall’altro trova nella scrittura i segni e le prove di un affetto sincero e di una conoscenza diretta di quell’epoca e dei suoi caratteri.
Ciò nondimeno, a fornire alle otto puntate la proverbiale marcia in più, qualcosa che in sua assenza avrebbe fatto della serie una cocente delusione, quando non addirittura - visto il torpore del finale - un’autentica perdita di tempo, sono soprattutto gli interpreti, tra cui è d’obbligo citare un sempre più bravo Filippo Scotti, che sostiene sulle proprie spalle gli intenti e gli esiti della serie, traslando l’atteggiamento di ascolto, osservazione, curiosità del suo Fabietto Schisa in un tipo, diverso ed indubbiamente meno centrato, di racconto di formazione; ed Antonia Fotaras, che, della serie, è invece la migliore scoperta, per la sua bellezza particolare e tutt’altro che scontata, la sua espressività intensa e cinegenica, e il suo essere di fatto una presenza enigmatica, imprendibile, sublime, forse immaginaria, sospesa nel tempo e nello spazio.
Convincono meno invece le controparti adulte dei ragazzi, interpretate, tra gli altri, da Lino Guanciale con la sua solita recitazione affettata e talora sovraccarica, e da una Claudia Pandolfi purtroppo sacrificata e gradualmente accantonata dalla narrazione della serie. Allo stesso modo, convince poco il personaggio fumettoso dell’ispettore Zancan (portato su schermo da un Paolo Pierobon divertito che dà comunque il meglio di sé col poco di cui dispone, in tandem con la spalla comica Davide Gori di Alessio Praticò), che, all’interno del contesto e nei toni generali del racconto, sembra centrare poco. Anzi appare stonato, fuori posto, quasi come se appartenesse ad un’altra serie. O fosse il rimasuglio, il residuo ostinato di quello che sarebbe potuto essere Un’estate fa. E che, chissà se per fortuna o sfortuna, non sarà mai.
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