TITOLO ORIGINALE: After Everything
USCITA ITALIA: 6 ottobre 2023
USCITA USA: 13 settembre 2023
REGIA: Castille Landon
SCENEGGIATURA: Castille Landon
CON: Hero Fiennes Tiffin, Josephine Langford, Stephen Moyer, Mimi Keene, Benjamin Mascolo
GENERE: drammatico, sentimentale
DURATA: 93 min
PIATTAFORMA: Amazon Prime Video
A quattro anni dal primo, arriva (sempre) su Amazon Prime Video il quinto e conclusivo(?) capitolo della saga di After. Un'iterazione autarchica rispetto alle predecessore, quasi uno spin-off interamente dedicato ad Hardin e alla sua presa di coscienza sotto il sole di Lisbona. Il meno peggio di uno dei franchise teen già conservatori di sempre.
E siamo a cinque. Sembra incredibile a dirsi e a scriversi, ma è così: è uscito il quinto capitolo di After. Il quinto film di una serie iniziata nel 2019, che col passare dei capitoli ha perso sempre più ogni forma di prurito, se non di provocazione, quantomeno (da parte di chi scrive) di disprezzo, di avversione, di accanimento nei confronti di un’idea di cinema (anche di genere) praticamente nulla e di una visione delle relazioni sentimentali e dell’amore adolescenziale tra le più triviali, problematiche e diseducative mai viste sullo schermo.
È diventata davvero il nulla, la saga di After. Un eterno ritorno di situazioni, dilemmi, dinamiche costruite, pare, per rimanere irrisolte. Un progetto che, alla lunga, ha finito per stancare anche gli spettatori più affezionati, complice - anche a causa della pandemia - una perdita quasi integrale, e in corso d’opera, della finestra e della dignità della sala e del grande schermo, diventando (nel caso italiano) solo l’ennesimo e dimenticabile riempitivo per il catalogo streaming di Amazon Prime Video, e finendo per di più schiacciato dagli emuli che, nel mentre, stavano e stanno tuttora uscendo.
Ciò nondimeno, la serie di adattamenti dei fortunati romanzi, ex-fan fiction, di Anna Todd è giunta al fatidico (per noi) numero cinque, e sembra apparentemente voltare pagina, mettendo finalmente in chiaro che il vero protagonista sono e di fatto sono sempre stati Hardin, il suo passato tormentato, i suoi problemi da alcolista incallito e da amante morboso, nonché la sua evoluzione. Da modello di una mascolinità cosiddetta bella e tenebrosa, da desiderare, da cui proteggersi, ma al contempo da coccolare, il cui fascino e la cui carica erotica e sessuale sono sempre stati direttamente proporzionali ai traumi che dà a vedere; egli si converte qui in esempio virtuoso di quella stessa mascolinità, che, dopo una serie di peripezie, riesce infine a cambiare, a mettersi in discussione, a venire a patti con le proprie fragilità e coi propri errori, e ad interiorizzarli o, per la precisione, a farne materia di un libro confessione.
Un libro che ha riscosso un enorme successo - il cui titolo, neanche a dirlo, è After -, e che è il pretesto da cui prendono il via l’intreccio e il racconto di After 5, che, come anticipato sopra, si rivela ben presto essere un film solista, quasi uno spin-off interamente dedicato al nostro Hardin e a questa sua presa di coscienza. Lo ritroviamo infatti da solo, triste, depresso a Londra e, come non bastasse, con la famigerata “sindrome del secondo libro”. Su consiglio della madre, decide così di cambiare aria e trasferirsi per un po’ di tempo nella solare Lisbona, in Portogallo, dove sa di trovare e di fatto reincontra Nathalie, un’ex-fidanzata a cui rovinò letteralmente la vita anni prima con una scommessa ed un video privato diffuso in rete. Sarà proprio lei - che, a differenza sua, è riuscita a voltare pagina - a farlo riflettere su ciò che è stato, su ciò che è, e su ciò e colui che potrebbe essere.
Purtroppo, malgrado le premesse, poco cambia in After 5 (come non cambiano e non sono mai cambiate le locandine). Sì, la grazia, la bellezza e la convinzione recitativa di Mimi Keene, unita al cambio di location, contribuiscono a dotare la serie di una nota senza dubbio più fresca, leggera, estiva e spensierata, ma ciò non significa che, con questo nuovo tentativo, After modifichi la propria genetica o stravolga quello che è sempre stato.
Resta una regia (affidata per la terza volta a Castille Landon) scialba, patinata, sempre tra la pubblicità e il videoclip, che, per l’occasione, si muove in una Lisbona da cartolina - per cui alterna un girato inedito e piattissimo con quelli che sembrano filmati di repertorio di una film commission o di un’agenzia viaggi -, e ripropone, oltre a molti momenti celebri (per fini narrativi e, chissà perché, nostalgici), tutti i maldestri e ridicoli marchi di fabbrica dei tre capitoli precenti, inclusa una messa in scena sempre porno-soft, improbabile e leziosa delle poche (per fortuna) scene di sesso. Viene ribadita inoltre la totale insipidità ed inabilità drammatica di Hero Fiennes Tiffin, ulteriormente accentuata da un intreccio che lo vede come protagonista assoluto, tuttavia di poco più sincera e non tanto spregevole. Il motivo potrebbe risiedere nel suo essere esente da qualsiasi dimostrazione di complicità e del lavoro in coppia con Josephine Langford, la quale, dal canto suo, è qui ridotta alla stregua di un cammeo o di una presenza distante ed affievolita, ma conserva l'invariata mediocrità espressiva.
Eppure, la sceneggiatura - è vero - si rimangia alla prima occasione utile qualsiasi forma di coraggio (puntando tutto su un happy ending che i protagonisti, in primis, riconoscono come “inevitabile”), ma allo stesso tempo è stranamente provvista di un centro, di una costruzione sensata, seppur proverbiale e farcita di eccessi melodrammatici e patetici ed elucubrazioni artificiose, di un gioco con la materia letteraria e con la sua storia editoriale (tra cui la citazione al primigenio Harry Styles). E ancora, di un apparente e pseudo-discorso metatestuale sulla sfortuna produttiva di cui scrivevamo in apertura, ma anche sul filone di prodotti che, nel bene e nel male, ha contribuito a generare e che lo ha già messo alla prova. La presenza nel cast del nostrano Benjamin Mascolo, in arte Benji, protagonista di film di ispirazione “afteriana” (e filologicamente dei Cinquanta sfumature), in bilico tra finzione e autofiction, risulta significativa in tal senso.
Sono questi tutti elementi che, per quel che vale, fanno di After 5 un capitolo autarchico, forse il meno peggio di quella che qui ci accorgiamo essere la saga teen più conservatrice di tutte. Di una saga così inspiegabilmente longeva e resistente che - ne siamo purtroppo certi - non si accontenterà per molto di questo “e vissero per sempre felici e contenti”.
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