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VENEZIA 80

DAAAAAALI! È UN VERO FALSO D’AUTORE

SCHEDA

TITOLO ORIGINALE: Daaaaaali!
USCITA ITALIA: n.d.
REGIA: Quentin Dupieux
SCENEGGIATURA: Quentin Dupieux
CON: Anaïs Demoustier, Gilles Lellouche, Édouard Baer, Jonathan Cohen, Pio Marmaï, Didier Flamand, Romain Duris
GENERE: commedia, biografico
DURATA: 79 min
Fuori concorso alla 80ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia

VOTO: 8.5

RECENSIONE:

Il nuovo, brillante surrealista del cinema Quentin Dupieux firma un omaggio al suo assoluto maestro, Salvador Dalí, con un film in cui dimostra di averne compreso perfettamente tutte le sfaccettature della personalità, del genio e dell’opera. Con un bizzarro, (ir)razionale, travolgente, alienante, esilarante ritratto nato per rimanere incompleto, infinito, indimenticabile, eterno. Come Dalí o, meglio, Daaaaaali!

Quale omaggio (cinematografico) migliore a(lla figura di) Salvador Dalí, artista eclettico (pittore, scultore, scrittore, fotografo, cineasta, designer, sceneggiatore, mistico) e, soprattutto, padre incontestabile del surrealismo? Senza dubbio, non scrivendo o producendo un film come Dalíland di Mary Harron, ma ripetendo, studiando, comprendendo, interiorizzando, lasciandosi pervadere ed urlando infine a tutto fiato un richiamo (mantrico, catartico, filosofico, artistico, vitale?): Daaaaaali!

È proprio questo il titolo della dedica che un discepolo, anch’egli un surrealista, sì in-the-making ma già brillantissimo, come Quentin Dupieux (Rubber, Doppia pelle e il meraviglioso Mandibules) fa al suo maestro, mimetizzandosi e dando prova di conoscerlo a fondo, superando il facile biopic, malgrado l’inizio possa lasciarlo presupporre. Quella che sembrerebbe un’intervista canonica che Judith, una neo giornalista (ex-farmacista estenuata, normale a tal punto da essere noiosa) intende fare al grande genio, si trasforma infatti in una corriva ed irrisolvibile caccia a Dalí, che, a sua volta, spalanca la porta su un vorticoso gioco di scatole cinesi, di situazioni, di verità e bugie, di sogni ed illusioni e, soprattutto, di tanti, tantissimi Dalí.

Al fine di rappresentare e rendere pura materia filmica l’essenza, la natura complessa, proteiforme, imprendibile, poliedrica, sconfinata, immarcescibile del nostro, della sua icona, e(rgo) della sua opera, Dupieux sceglie di sospenderli in un non-tempo e in uno spazio tutto cinematografico, alternandone diverse versioni ed interpretazioni, affidate ad alcuni suoi amici e colleghi (Gilles Lellouche, Édouard Baer, Jonathan Cohen, Pio Marmaï, Didier Flamand), i quali, dal canto loro, si sbizzarriscono a fornire un’impronta ed una caratterizzazione sempre più esagerata, caricaturale, eppure improbabilmente azzeccata dell’artista.

Ecco allora che (la figura di) Dalí esplode, moltiplica, si genera e rigenera visione dopo visione, si frammenta in ennesime rifrazioni, cloni e varianti, espande ed irradia la propria energia, personalità e nevrosi su tutto ciò e tutti coloro che ne entrano a contatto: dalla giornalista, interpretata da una funzionalissima Anaïs Demoustier, che diventerà, suo malgrado, l’intimorita ed arrendevole vittima sacrificale della sua follia capricciosa, arrogante, sadica, sfrenata, fino allo stesso montaggio, neanche a dirlo, surrealista (con tanto di riferimenti all’altro grande maestro surrealista, David Lynch, e a Il fascino discreto della borghesia dell’inseparabile dalíano Luis Buñuel).

È su tutti proprio il montaggio firmato da Dupieux ad intralciare fisicamente il tanto agognato, ma alfine impossibile colloquio con il genio. Ad ostacolare artificiosamente (scardinando le coordinate e le regole del mezzo) l’eventuale compimento di un ritratto che è al contempo, il più puntuale che forse mai si realizzerà ed insieme un “vero falso d’autore”. Un ritratto dagli illimitati riflessi. Un perfetto loop, come sottolinea la ripetitività e ciclicità del tema musicale spalmato su tutti e 77 minuti del film. Un bizzarro, (ir)razionale, travolgente, alienante, esilarante calembour nato per rimanere incompleto, infinito, indimenticabile, eterno. Esattamente come (l’idea di) Dalí. Che è ieri, oggi e domani. Anacronistico, ipermoderno e pure post-moderno. Originale e copia. Realissimo e fintissimo. Ovunque e in nessun luogo. Tutto e niente. Tutti e nessuno. In una parola? Daaaaaali!


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Pubblicato da Nicolò Baraccani il 9 Settembre 2023
Categorie
  • Cinema
Tag
  • 2023
  • COMMEDIA
  • STORIE VERE
  • Venezia 80
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