TITOLO ORIGINALE: Vivants
USCITA ITALIA: 2023
REGIA: Alix Delaporte
SCENEGGIATURA: Alix Delaporte, Alain Le Henry in collaborazione con Olivier Demangel, Jeanne Herry
CON: Alice Isaaz, Roschdy Zem, Vincent Elbaz, Pascale Arbillot, Pierre Lottin, Jean-Charles Clichet
GENERE: drammatico
DURATA: 86 min
Fuori concorso alla 80ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia
Vivants racconta la storia di una redazione di videocronisti d’inchiesta e d’assalto che devono fare i conti con la sempre maggiore frivolezza delle storie che sono chiamati a coprire e con gli ascolti in vertiginosa discesa. Salvo per dimenticarsene per perseguire una storia d’amore tra Roschdy Zem e la solita ragazza che cade nelle sue braccia fin dal primo sguardo. Un film incompiuto e all’acqua di rose su un argomento che avrebbe meritato una migliore considerazione.
I film francesi sul mondo del lavoro sembrano quasi appartenere ad una categoria a parte. Pellicole e storie di uomini e donne, la cui carriera lavorativa (sia essa appena intrapresa o già ben avviata) si trasforma in una sfida contro il tempo, la fortuna, la legge, la politica, la vita. In un duro scontro sul cui terreno, ogni singola volta, si misura lo spirito, l’integrità, la morale della resistente, resiliente, ostinata e irriducibile della nazione.
Vivants di Alix Delaporte è l’ultimo di questa lunga serie (nella quale possiamo contare anche la trilogia del lavoro di Stéphane Brizé con Vincent Lindon o i più recenti Full Time e Tra due mondi). Ma esso appartiene anche a tutta un’altra categoria di film: quelli dove Roschdy Zem interpreta uno scapolo o divorziato che si innamora rigorosamente di una ragazza molto più giovane di lui. Uno di questi, I figli degli altri con Virginie Efira, è passato l’anno scorso (nel 2022, ndr) sempre a Venezia, in concorso.
Difatti, ad un certo punto della pellicola - che dovrebbe raccontare la frenetica vita lavorativa (e non solo) di una redazione di videoreporter d’assalto, d’inchiesta, di un prestigioso telegiornale francese - proprio la linea melodrammatica, la relazione che il personaggio da lui interpretato (col solito aplomb un po’ sornione) intreccia con la giovane protagonista interpretata da una pur incantevole Alice Isaaz, sembra diventare il punto focale del copione. D’altronde, in una sola sequenza, in un’unica scelta registica possiamo rintracciare qualcosa di molto vicino al grande cinema. Una con cui Delaporte parrebbe quasi voler intavolare un discorso - di per sé atteso e prevedibile trattandosi di un film di camera(wo)men e videocronisti - sui limiti, sulla moralità e sull’etica di quel che si riprende. Del lavoro che diventa qualcos’altro.
Vivants preferisce pertanto focalizzarsi sul rapporto di amicizia e professionalità tra tutti i vari componenti di questa redazione, limitandosi però sempre a lambirne la superficie, la facciata, i sentimenti e le emozioni evidenti. Quel che sembra mancare al racconto immaginato dallo stesso regista insieme ad Alain Le Henry, Olivier Demangel e Jeanne Herry, è invero un senso di compiutezza, oltre che un secondo atto. Così come un discorso vero e proprio, in cui credere e da voler rappresentare a tutti i costi, al di là del lavoro di squadra, delle giraffe e di una protagonista idealmente forte, del cui destino è però responsabile solo ed esclusivamente un colpo di fortuna ed un’infatuazione amorosa. E mai un talento intrinseco od una capacità sviluppata dopo tanto impegno e lavoro.
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