TITOLO ORIGINALE: Hors-saison
USCITA ITALIA: n.d.
REGIA: Stéphane Brizé
SCENEGGIATURA: Stéphane Brizé, Marie Drucker
CON: Guillaume Canet, Alba Rohrwacher, Sharif Andoura, Lucette Beudin
GENERE: drammatico, sentimentale, commedia
DURATA: 115 min
In concorso alla 80ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia
Il regista della celebre trilogia del lavoro con Vincent Lindon, Stéphane Brizé abbandona il terreno del dramma socio-realista per scoprire quello del dramedy sentimentale. Guillaume Canet e Alba Rohrwacher sono i protagonisti di un film che smaschera i comfort che, in alcuni frangenti della nostra vita, ci bloccano ed imprigionano. Quel che colpisce però di più di Hors-saison è che, tra le pieghe di questa costruzione sobria, essenziale, polita, apparentemente impossibile da spiegare in altre maniere, nasconde una comicità muta imprevista e brillante, perfettamente retta da Canet.
“La commedia (e il dramma, va da sé) socio-realista non ha più molto da dire” si dice, ad un certo punto, in Hors-saison di Stéphane Brizé. A dirlo, è un attore francese di successo, nel pieno di una combinazione di crisi (una è lavorativa, l’altra è invece quella, proverbiale, di mezza età) al telefono con la moglie, in merito ad una sceneggiatura che ha appena terminato di leggere. Ma è chiaro che di dietro si celi una precisa dichiarazione d’intenti dello stesso Brizé, che, proprio con questa sua ultima fatica, abbandona il terreno, appunto, del dramma socio-realista che lo ha reso noto anche al grande pubblico e ne ha definito poetica e filmografia [importantissima, oltre che ammirevole la sua trilogia sul mondo del lavoro con protagonista Vincent Lindon, composta da La legge del mercato, In guerra e Un altro mondo], per scoprire quelli, morbidi, avvolgenti e lievi, del dramedy sentimentale.
Hors-saison segue infatti le orme di Mathieu, l’attore di cui sopra, che, mentre si trova in una Bretagna fuori stagione, più precisamente in un albergo termale per un periodo solitario di riposo e riflessione personale e professionale (egli infatti ha appena abbandonato, per paura e ansia da prestazione, quella che sarebbe stata la sua prima esperienza teatrale); ritrova dopo quindici anni una sua ex-fidanzata, Alice. Inutile dire che l’incontro riaccenderà la passione. I due saranno così chiamati a riconsiderare tutti i loro progetti di vita e a decidere cosa fare del futuro.
È un film dei soliti grandi sentimenti, Hors-saison. Uno sui momenti in cui si rimugina sulle scelte mai fatte, o fatte in modo sbagliato, sugli incontri mancati o sprecati, sulle porte mai aperte, sugli appuntamenti mancati, sui momenti della vita in cui abbiamo deciso di imboccare una strada invece di un’altra. Ma anche un’opera fondata quasi del tutto sull’affiatamento, l’abilità e l’intensità naturale dei suoi due interpreti principali, Guillaume Canet e la nostra Alba Rohrwacher. E ancora, un racconto che parla e smaschera (a partire dagli intenti produttivi ed autoriali) il nostro adattarci ai comfort che, specie in frangenti di potenziale svolta delle nostre vite, finiscono per governarci ed imprigionarci - e, in questo, come mostra sottilmente la pellicola, la tecnologia in qualche modo ci ostacola, ammalia, plagia a sua volta.
Peccato soltanto che quello di Brizé (aiutato, in sede di sceneggiatura, dalla giornalista televisiva Marie Drucker) si riveli ben presto essere un tentativo condotto in maniera paradossalmente sicura, mite, accomodata, quasi automatica. Per vederci qualcosa di interessante, che vada oltre la medietà della storia, bisogna guardare tra le pieghe di questa costruzione sobria, essenziale, polita, apparentemente impossibile da spiegare in altre maniere. Il regista ritrova infatti la diligenza e il rigore dei suoi lavori precedenti e li mette al servizio di imprevisti e brillanti esiti comici. Una comicità perlopiù muta, concentrata soprattutto nelle interazioni tecnologiche di un Canet dedito e perfetto nell’interpretare il disagio, il senso di inettitudine e il malessere interiore del suo personaggio, e ben sostenuta da un montaggio puntualissimo (il segmento della macchina del caffè è già iconico per quel che ci riguarda). Ma il riso coinvolge anche una presa in giro irriverente sulla vita delle star, sul solito e proverbiale discorso che “le apparenze ingannano”, riassunto con la sintesi di un grande maestro in un montaggio a raffica di selfie, semplice ma efficace.
E poi ci sono la colonna sonora minimale di Vincent Delerm, momenti di pura e spontanea convivialità che sembrano quasi outtakes, e lo stupendo litorale bretone, nel quale riecheggiano le individualità emotiva di Mathieu ed Alice. Tutto questo è Hors-saison, una dolce, gentile e tiepida carezza che ci racconta che, a volte, va bene, è possibile aver paura e arrendersi, rimanendo comunque le migliori versioni di noi stessi.
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