TITOLO ORIGINALE: Haunted Mansion
USCITA ITALIA: 23 agosto 2023
USCITA USA: 28 luglio 2023
REGIA: Justin Simien
SCENEGGIATURA: Katie Dippold
CON: LaKeith Stanfield, Tiffany Haddish, Owen Wilson, Danny DeVito, Rosario Dawson, Jamie Lee Curtis, Jared Leto
GENERE: commedia, fantastico, avventura, orrore
DURATA: 123 min
Dopo Pirati dei Caraibi e Jungle Cruise, un'altra, amata attrazione di Disneyland arriva al cinema. È il turno della nota horror house Haunted Mansion (già portata in sala nel 2003 da Rob Minkoff e da Eddie Murphy) che, con Justin "Dear White People" Simien alla regia, assembla un cast di grandi nomi per una commedia horror adatta a tutta la famiglia. Purtroppo, la pellicola non riesce a trovare un equilibrio giusto e funzionante tra il suo lato ridanciano e quello spaventoso, fermandosi in bilico e risultando quanto più anonima ed inibita. Tutt'altro che la stravagante e travolgente avventura ectoplasmatica che prometteva il titolo.
C’è un motivo per cui la saga di Pirati dei Caraibi ha avuto successo ed è diventata… una saga. Perché, pur basandosi su una nota attrazione di Disneyland, è nata ed è stata concepita come qualcosa di più della semplice trasposizione cinematografica di una giostra, bensì come un film di pirati a tutto tondo. Forse uno dei pochi, veri e bei film di pirati - insieme al tentativo omonimo di Polański e il sempre disneyano Il pianeta del tesoro -, con personaggi dall’alto potenziale iconico, un’atmosfera realizzata in maniera certosina, un tono che non si lasciava inibire dai presupposti commerciali e di ricezione del progetto, né tantomeno dissipava una maturità connaturata e vitale.
Purtroppo, sembra che questa lezione non sia stata colta dalla più recente incarnazione della casa di Topolino, dai produttori Dan Lin e Jonathan Eirich, ed infine dalla sceneggiatrice Katie Dippold e dal regista Justin Simien, nell'approcciarsi a quella che è la seconda traduzione de La casa dei fantasmi, dopo quella, pigra e blandissima, del 2003 a firma Rob Minkoff, con Eddie Murphy protagonista.
Ma niente paura (forse): questa nuova versione di una delle horror house più famose e amate al mondo è decisamente un gradino sopra e molto più curata di quella, specie in termini di design. Non si può, in tal senso, non riconoscere e premiare l’apporto dei costumi di Mona May, della fotografia dal taglio retrò e nostalgico di Jeffrey Waldron, uniti alle scenografie suadenti, immersive e fortemente citazioniste di Darren Gilford e del set decorator premio Oscar Victor J. Zolfo (che bella la New Orleans immaginata da questo film e poi subito dimenticata!); nell'economia del fascino e dell’attrazione che la pellicola comunque tenta di trattenere, pur non alimentandoli in modo adeguato e con la giusta costanza.
Ciò nondimeno, tali componenti devono sfortunatamente rispondere ad un’incomprensibile irresolutezza estetica a monte. Infatti, seppur ambientata al giorno d’oggi, il look è più vicino agli anni ‘70, mentre il gusto alla base della sceneggiatura si rifà agli horror della Hollywood classica. Il risultato, più che un pastiche coinvolgente, è un autentico guazzabuglio che impedisce al prodotto di arrivare dove e come vorrebbe.
Ergo, come avrete già intuito, La casa dei fantasmi è un'esperienza non del tutto soddisfacente. E dire che c’erano davvero tutti gli elementi giusti per garantire quantomeno una spassosa, strampalata e suggestiva horror comedy per tutta la famiglia. A partire dai nomi degli attori coinvolti, per non parlare dello stesso Simien, distintosi nell’ambito della risata per l’originale Dear White People (da cui è poi stata tratta anche una serie televisiva) e il più recente Bad Hair. Questo perché, in primis, la pellicola non riesce a trovare un equilibrio funzionale e fluido tra queste sue due nature, e neppure spinge in maniera forte e convinta sull’acceleratore di una delle due a tal punto, o da far ridere a crepapelle, oppure da spaventare seriamente lo spettatore.
Parzialmente responsabili, a tal proposito, sono una computer grafica fin troppo artificiosa e palese, e il montaggio di Phillip J. Bartell, stranamente grossolano e sgraziato sia per quel che riguarda il ritmo comico, sia nell’esecuzione dei jumpscare (di per sé fallimentari). A volte, vi è quasi la sensazione che manchi qualche inquadratura e momento di raccordo nell’esposizione, nello sviluppo e nella composizione delle sequenze.
Quello di Simien si rivela essere allora un tentativo magari non esile come quello di vent’anni fa, ma privo di una freschezza, affabulazione e solidità che, proprio sulla base di simili premesse, parevano essere proprietà a dir poco scontate. Non che sia un film totalmente fallito nelle sue capacità intrattenitive e nelle sue funzioni basilari, anzi potrebbe facilmente diventare il prezioso comfort movie di molti dal prossimo Halloween.
Il punto della questione e della delusione di chi scrive è semmai che è soltanto quello. Che è solo(!) un comfort movie quasi interamente anonimo. Appunto, quasi. Difatti, è una maledizione degna della migliore ghost story che, in ogni modo, la pellicola di Simien, qualche briciolo di intuizione o presenza registica e altrettanti spunti indovinati nella scrittura di dialoghi e personaggi, li abbia e li mostri, con risultati talora inaspettati e trionfanti. Ma non è abbastanza per scongiurare una pesantezza, una proverbialità e quella indecisione che impediscono all’intreccio di spiccare realmente il volo ed essere, una volta per tutte, l’eccentrica e travolgente avventura ectoplasmatica à la Scooby-Doo che avrebbe voluto.
Di tutto questo, così come di una caratterizzazione stanca, spoglia di ogni forma di invenzione o revisione, ne risentono in primis le interpretazioni di un cast sommariamente coeso e sinergico, seppur non sempre ben integrato nell’orchestrazione delle diverse situazioni. Lakeith Stanfield è l’unico a riuscire (e voler) tirar fuori la testa da questa abulia generalizzata e risplende in un ruolo dai risvolti pure imprevedibilmente drammatici e sentimentali. Eppure, visto il torpore e la scarsa dedizione dei colleghi, la sua sembra invero fatica sprecata.
Sì, perché ad accompagnarlo troviamo un Owen Wilson non diretto nell’ostinata, inesorabile e deleteria reiterazione dello stereotipo di sé e della propria immagine; una Tiffany Haddish che ci ricorda le sue irresistibili doti comiche, ma appare anch’essa lasciata fin troppo a sé stessa. E ancora, un Danny DeVito parimenti vincolato ad un cliché che diventa quasi una parodia (alle volte pure abbastanza divertente - senz’altro di più di Wilson); una Rosario Dawson sprecatissima; un Chase W. Dillon nel ruolo di Gary “Arnold” Coleman; una Jamie Lee Curtis a dir poco imbarazzante ed esangue; ed infine un Jared Leto completamente assente, soffocato dalla CGI, nella parte, di fatto inefficiente, se non addirittura scadente, del villain Alistair Crump.
Con tutta probabilità, si sono divertiti più loro a girarlo, che noi a vederlo, questo La casa dei fantasmi: una commedia horror da discount, più azzeccata per il catalogo Disney+ che non per la sala cinematografica.
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