TITOLO ORIGINALE: Mindcage
USCITA ITALIA: 8 giugno 2023
USCITA USA: 16 dicembre 2022
REGIA: Mauro Borrelli
SCENEGGIATURA: Reggie Keyohara III
CON: Martin Lawrence, Melissa Roxburgh, John Malkovich
GENERE: poliziesco, thriller
DURATA: 96 min
Sodale collaboratore di Terry Gilliam e Tim Burton e noto storyboard artist de Il padrino - Parte III e Dracula di Bram Stoker, l'italianissimo Mauro Borelli torna dietro la macchina da presa di uno dei suoi Z-movies. Mindcage è una brutta e slavata puntata di Criminal Minds che avrebbe potuto accomodarsi con disinvoltura nell’altrettanto effimera cella-catalogo-cestone dell’usato sicuro di una piattaforma qualunque. Sempre magnetico John Malkovich.
Qual è la sorte peggiore che possa mai capitare ad un qualsiasi thriller? Facile: non riuscire a stupire nemmeno per un istante chi guarda. Non riservare alcuna sorpresa, alcun risvolto interessante, alcuna risoluzione appassionante, alcun intrigo degno di nota, né tantomeno alcuno dei principi veri e propri dell’esperienza tensiva ed emotiva che qualsiasi storia di criminali e poliziotti che si rispetti dovrebbe mettere in conto.
È questo il caso di Mindcage - Mente criminale, detective story e serial killer movie per la regia dell'italianissimo Mauro Borelli, già sodale collaboratore di Terry Gilliam e Tim Burton, nonché rinomato storyboard artist di Francis Ford Coppola per Il padrino - Parte III e Dracula di Bram Stoker, da qualche anno cimentatosi (o meglio, improvvisatosi) soggettista e regista di lavori sempre in zona thriller-horror dalla dubbia fattura. Ergo degli Z-movie, ma con l’occhio più sbagliato possibile per un simile compito, seppur inglorioso.
Per quanto riguarda questo suo ultimo tentativo, vi basti sapere che, dopo un inizio inquietantemente normale (il che è già di per sé un problema), uno dei due detective protagonisti viene presentato e mostrato al pubblico per la prima volta mentre si avvicina alla scena di un crimine efferato, sotto la pioggia battente, con un caffè in mano ed un impermeabile beige addosso. Ovvero esattamente secondo il modello, lo stereotipo, l’iconografia più tradizionale e banale si possa immaginare. Se a questo aggiungiamo poi la faccia totalmente inadatta ed inconsistente per il ruolo e, in particolare, le pieghe che prenderà, del comico Martin Lawrence (quello di Bad Boys, Big Mama, Svalvolati on the road), la pellicola e le sue intenzioni possono dirsi già da principio clinicamente morte.
Tuttavia, come sempre accade con film di cotanta mediocrità e pochezza, c’è sempre un sottotesto (il più delle volte fortuito e involontario) che conferisce un barlume di stimolo ed interesse alla visione. Qui, il fulcro di questo discorso sta nell’idea di copia e falsificazione. Parliamo infatti di un racconto che vede, per l’appunto, due detective intenti a catturare un crudele serial killer, che si scoprirà quasi subito essere nientemeno che un emulatore preciso ed espertissimo di un altro assassino, soprannominato L’Artista, arrestato qualche anno prima ed ora imprigionato in attesa dell’iniezione letale.
In Mindcage potrebbero allora quasi coesistere due film: uno (quello autentico, quello “bello” - si fa per dire) è già avvenuto, sottratto al nostro sguardo, lasciato soltanto percepire, l’altro, al contrario, non è che una copia sbiadita, sciapa, priva di ogni tipo di mordente, suggestione e tensione. L’ideale del film di serial killer portato al parossismo semi-amatoriale, con una fotografia casalinga, green screen orripilanti ed un commento musicale didascalico e predigerito. Una brutta e slavata puntata di Criminal Minds (a richiamarlo, è pure il sottotitolo dell’edizione italiana) purtroppo dalle velleità, ambizioni e(d elementari) riferimenti fieramente cinematografici. O ancora, un bignamino di tutto quello che è stato questo sotto-filone, inserito in un contesto produttivo di fatto inesistente ed irrintracciabile, ed ambientato in una dimensione spazio-temporale avulsa da qualsiasi coordinata e appiglio.
Difatti, l’indagine intrapresa da quel detective di cui sopra e da una novellina fresca fresca di università (interpretata dalla Melissa Roxburgh dell’Arrowverse e di Manifest che, pur provandoci pure più del dovuto, non fa che assecondare il destino televisivo dell’operazione) sembra aver luogo in un palcoscenico immobile, polveroso, improvvisato, di fortuna, riciclato, quando non proprio trafugato, che attesta il più che plausibile capolinea delle potenzialità narrative, estetiche ed espressive di questo tipo di testi.
Magari il nostro è solo ed esclusivamente un tentativo di giustificare l’innocuità, la pigrizia e l’indolenza di una pellicola che, quando alfine tenta di prendere in contropiede il pubblico, buttandosi addirittura sul mentalismo, sulla possessione e sul paranormale, denuncia innanzitutto la propria ingenuità o, meglio, l’incapacità di dar vita ad una costruzione e ad una crescita equilibrata e sensata del twist e sfruttare un’eventuale consapevolezza e coscienza con egual assennatezza e competenza. E poi deve fare i conti con l’autosabotaggio che la già criticata inadeguatezza e la risibile ambiguità di un Martin Lawrence (anche produttore) ai minimi storici opera e sostiene dalla prima apparizione.
Resta soltanto il design degli angeli - per cui, come rivelano i titoli di testa, è servito un team preposto e dedicato -, i quali comunque sembrano legati a tutto fuorché all'immaginario, ai canoni e al definit(issim)o registro iconico del Rinascimento, di cui L'Artista parrebbe essere fervidamente appassionato.
E resta, indiscutibile, (la bravura di) John Malkovich che, intelligentemente accortosi della frivolezza e puerilità del tutto, la butta nella macchietta più assoluta, divertendosi in maniera spregiudicata a modificare le regole interpretative e caratteriali del proprio personaggio e - verrebbe da dire - a dimostrare l’inconsistenza dei suoi opposti filmici semplicemente credendo meglio nel nulla. Un nulla che, salvo la sua presenza sempre magnetica e, certe volte, salvifica, per chi scrive avrebbe potuto accomodarsi con disinvoltura nell’altrettanto effimera cella-catalogo-cestone dell’usato sicuro di una piattaforma qualunque.
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