TITOLO ORIGINALE: Novembre
USCITA ITALIA: 20 aprile 2023
USCITA FRA: 5 ottobre 2022
REGIA: Cédric Jimenez
SCENEGGIATURA: Olivier Demangel, Cédric Jimenez
GENERE: thriller, drammatico
DURATA: 106 min
Presentato fuori concorso al 75º Festival di Cannes
Dopo i belli ma imperfetti French Connection e BAC Nord, il francese Cédric Jimenez torna al cinema con November, il film che racconta, come indica il sottotitolo dell'edizione italiana, i cinque giorni di indagini successivi ai sanguinari fatti del Bataclan e agli attentati del 15 novembre 2015. Le irremovibili interpretazioni di Jean Dujardin, Anaïs Demoustier, Sandrine Kiberlain e Lyna Khoudri esprimono ed avvalorano la saldezza, l'intensità e la vertigine di una pellicola, che è anzitutto un felice mix di generi, tra spy story, thriller e dramma storico, e successivamente un testo dalla professione ideologica netta e patriottica, ma comunque aperta a riflessioni postume, sintomo di una maturità nuova per Jimenez e il suo cinema di quasi intransigente fede poliziesca.
Dice e riassume bene il sottotitolo scelto per l’edizione italiana di November. Esso non si focalizza infatti tanto sul racconto cronachistico e completo dei tragici fatti che insanguinarono di centinaia di vittime la notte parigina del 13 novembre 2015 - durante la quale alcuni esponenti dell’ISIS sferrarono una serie di attacchi armati coordinati, mettendo a segno la più cruenta aggressione in territorio francese dalla seconda guerra mondiale e il secondo più grave atto terroristico nei confini dell'Unione Europea dopo gli attentati dell'11 marzo 2004 a Madrid -, quanto piuttosto su “I cinque giorni dopo il Bataclan”, quest'ultimo il locale divenuto famoso, suo malgrado, per essere stato il teatro della più cruenta delle aggressioni.
Con November, il francese Cédric Jimenez porta il suo cinema fedelmente e quasi inderogabilmente poliziesco un passo in avanti in termini di ambizioni, composizione, metodo, soggetto, consapevolezza. E, nel fare questo, non solo dimostra di aver imparato dai propri errori, dalle incertezze, dalle scelte discutibili, ma lascia intravedere una maturità ed una compiutezza inedite e mai pienamente raggiunte nei tre lavori precedenti. In particolar modo, nel più recente e relativamente simile BAC Nord, la cui più grande debolezza era la mancanza di uno sguardo davvero personale ed efficace nel momento in cui vuole aspirare a qualcosa di più alto ed impegnato. Quando i tre poliziotti protagonisti, dai metodi senz'altro discutibili, eppure provvisoriamente assecondati ed accettati dal sistema a cui devono rispondere, cadono vittima e diventano criminali per quello stesso sistema, che rivela così la sua vera faccia, il suo essere ingiusto, disonesto, imbattibile, ipocrita e camaleontico.
Anche in questo caso, ci sono poliziotti che arrivano, per un eccesso di dovere e rispetto del distintivo, ad evadere le regole e ad intraprendere missioni solitarie ed ufficiose. Anche qui c’è spazio per una missione che diventa una vera e propria ossessione. Ritroviamo in più un rapporto non sempre funzionale e funzionante, certo o definitivo con le istituzioni e il protocollo, che anzi mettono in seria difficoltà gli agenti quando si ritrovano a dover fornire certezze a testimoni e pentiti, e fare promesse che sanno già non potranno mantenere.
L’ottica e l'afflato - politici, etico-morali, religiosi - del soggetto sono però decisamente più ampi, seri, collettivi, delicati. In tal senso, Jimenez e il co-sceneggiatore Olivier Demangel scelgono forse la strada più facile, ma anche la più rispettosa, ossia quella di un’ideologia patriottica, di un rispetto incorruttibile nei confronti delle forze dell’ordine e del loro impegno, di un’ode sottile alla forza e alla resilienza del popolo francese; ma, allo stesso tempo, sono bravi ed abili nell’inserire un qualche tipo di elemento, una linea di dialogo, un’osservazione, che prevengono November dal cadere del tutto nella retorica più bieca, sensazionalista e semplicistica.
Pur chiarendo (con un cartello iniziale) di non voler esprimere alcuna valutazione giuridica sulla faccenda, è pur sempre un francese (di chiara appartenenza ad estremismi di destra) ad aver venduto le armi ai terroristi, e, al contempo, forse tutte quelle persone sono morte più “per cinquant’anni di politica di merda, non per 3 fucili”. O, in alternativa, si pensi a come viene reso e messo in scena il finale, idealmente vittorioso e trionfante, di quei cinque giorni, che avvicina la pellicola quasi alla celebrazione di un fallimento.
Si tenta inoltre, seppur nei limiti imposti dalla durata e dall’impronta primaria dell’operazione, di capire quali siano le ragioni e quali le premesse geopolitiche che hanno portato quei ragazzi ad uccidere centinaia di persone, con gli occhi svuotati, e i cuori pieni di rabbia e convinzioni cieche, a partire dal prologo, per arrivare all’epilogo, con tanto di solite ed immancabili didascalie su sfondo nero, introducendo prima e contestualizzando poi i fatti parigini del 2015 nella cornice di un’operazione di cattura precedente e di una serie di indagini della durata di anni, non di pochi giorni.
A questo, anzi ancor prima di questo rigore e di questa professione ideologica, netta ma comunque aperta a riflessioni postume - sintomo, di nuovo, di un inizio di maturità -, November è un ottimo film di genere che riconferma quello che, di Jimenez, già si era potuto constatare sia in French Connection, sia nel succitato BAC Nord.
Preciso e metodico, ma diretto e persistente, sferzante ed incalzante, adrenalinico fino a diventare vertiginoso, lo sguardo sempre elegante e sobrio del cineasta, coadiuvato dalla fotografia imperturbabile, cruda, pragmatica di Nicolas Loir, e sorretto delle interpretazioni incrollabili di grandi professionisti come Jean Dujardin, Anaïs Demoustier, Sandrine Kiberlain e Lyna Khoudri, si districa e dipana, per l'appunto, in cinque giorni, negli sforzi di un mucchio di poliziotti, in decine di occhi artificiali e virtuali, in centinaia di segnalazioni e migliaia di testimonianze, intrecciando spy story, thriller e dramma storico, e dando vita ad un intricato dedalo di sospetti e sospettati che si moltiplicano a vista d’occhio, apparenze, false piste, appostamenti, pedinamenti, intercettazioni, interrogatori, nel cui caos, paura e tensione è insieme esaltante ed angosciante stazionare.
Nella frenesia e nel dinamismo ipercinetico ed appassionante dell’impianto filmico, sono però ancora più belli i momenti di treguae di respiro della sceneggiatura, come il minuto di silenzio per ricordare i caduti, o ancora, quando Jimenez inquadra fugacemente la stanchezza o i momenti di sconforto degli inquirenti, impegnati giorno e notte nella cattura dei colpevoli, mentre il paese tenta, fuoricampo, di andare avanti e tornare all'ormai impossibile vita di prima.
Dettagli, scelte e sottintesi, questi ultimi, che avvalorano la solidità e la notabilità di un’opera che testimonia la salute di un cinema, quello francese, che riesce sempre ad essere qualcos’altro, qualcosa di indubbiamente peculiare e distinto, anche quando si rifà ed ammicca a modelli e formule altrui ed estere (in questo caso, d’oltreoceano), che ritratta come fossero state sue sin dall’inizio.
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