TITOLO ORIGINALE: Where Is Anne Frank
USCITA ITALIA: 29 settembre 2022
REGIA: Ari Folman
SCENEGGIATURA: Ari Folman
GENERE: animazione, guerra
Presentato fuori concorso al 74º Festival di Cannes
Il maestro israeliano dell'animazione Ari Folman, già regista del premiato Valzer con Bashir, adatta e rilegge il Diario di Anna Frank in un film frutto di dieci anni di lavoro e parte di un progetto internazionale più grande dedicato proprio alla memoria della Shoah. Quello di Anna Frank e il diario segreto è un racconto di fantasmi nel segno di una sottrazione della sedicenne ebrea, vittima dell'Olocausto, all’immagine mitica, lontana, martirica e, al contempo, di una sua restituzione ad un'essenza più concreta e reale. Tuttavia, nell'invocare una riscoperta, un ricordo, un riuso della vera entità e portata del (vero) messaggio del Diario, il film di Folman si scontra con un’attuazione che, nelle invenzioni visive e trasfigurative tipiche del cinema dell'israeliano, trova un ripiego fin troppo conveniente per dissimulare e proteggere un impianto discorsivo spesso azzardato, arbitrario e fin troppo sensazionalistico nelle posizioni estreme e nelle provocazioni che porta avanti senza grandi pezze d’appoggio e motivazioni.
Ciò che è importante è il messaggio che il Diario di Anna Frank infonde nel cuore e nelle coscienze di tutti noi, non tanto il mero contenuto, l’involucro, le pagine, l’immagine, l’eredità sacrale o gli omaggi di profonda (ma vuota e pleonastica) devozione: questo si dice nelle battute finali di Anna Frank e il diario segreto, l’ultima fatica del maestro dell’animazione israeliano Ari Folman, già regista premiatissimo per il meraviglioso realismo poetico di Valzer con Bashir.
Ciò di cui ci incaricano la coscienza e le parole della sedicenne ebrea tedesca, vittima dell’incubo dell’Olocausto, è salvare anche solo un’anima dalla falce delle ingiustizie, dell’indifferenza, dell’antisemitismo e della violenza razzista che, insieme al morbo del negazionismo, stanno ancora oggi inquinando l’Europa e il nostro mondo, riportando in vita spettri e fantasmi che pensavamo di aver scacciato una volta per tutte, ma che, come ben illustra Folman, sono fin troppo storicizzati nel gene umano per dirsi saltuari, sporadici, sui generis.
In tal senso, la stessa avventura d’animazione proposta dal cineasta israeliano è un racconto di fantasmi. Nello specifico, il racconto di Kitty, l’amica immaginaria della giovane autrice, che, una notte, tra rivoli di inchiostro, fuoriesce dal Diario e si materializza all’interno dell’attuale museo-casa di Amsterdam dedicato alla storia e alla memoria di Anna Frank.
Da qui, ha inizio un viaggio della ragazza - rosso crinita, scaltra, sagace, attenta, generosa e comprensiva, praticamente il riflesso della sua inventrice - attraverso la capitale olandese, secondo una riscoperta (della storia della famiglia Frank) ed una scoperta (dell’attualità socio-politica europea e, in particolar modo, del dramma dei cosiddetti profughi, esuli di guerra, migranti), e, di conseguenza, secondo due direttrici di progetto e di racconto parallelo, entrambe venate e contraddistinte dall’immarcescibile trasfigurazione poetica del reale, che è cifra riconoscibilissima del cinema di Folman.
Un viaggio, coinvolgente eppure imperfetto, tra l’Europa di ieri (il cui sentire è sintetizzato e contenuto interamente nel nascondiglio su più piani sito al famigerato Prinsengracht 263) e di oggi (riassunto invece nelle fredde strade di una Amsterdam d’inverno, talvolta riaccesa da brevi sprazzi di umanità, solidarietà, amicizia e amore), che, così come la sua realissima amica Anna, porterà Kitty a prendere contatto con la storia e la realtà, e ad aprire gli occhi al mondo - nella veste di un’epigona di Greta Thunberg - sulla verità e sul messaggio celato tra le pagine del vero diario segreto di Anna Frank: quello incompreso, idealizzato, mitizzato, scolarizzato, sensazionalizzato e prontamente dimenticato da molti.
Quello di Ari Folman (e di una pellicola frutto di dieci anni di lavoro e parte di un progetto internazionale più grande dedicato proprio alla memoria della Shoah) è dunque un intento lodevole, dalle potenzialità ed orizzonti interessantissimi, finanche necessario, di sottrazione di Anna Frank all’immagine mitica, lontana, martirica e, al contempo, di restituzione ad una sua essenza più concreta e reale, alla forma e rappresentazione di ragazzina, di teenager, nei cui problemi ed insicurezze, gioie e dolori, sguardo e parole è davvero possibile immedesimarsi.
Una ragazzina, dotata di una grandissima e di una indubbia e salvifica vena immaginifica, che nella sua necessaria ed umanissima ricerca di una speranza nel buio, di una facile via di fuga da uno dei periodi più brutali della nostra storia; ci ha lasciato forse una delle testimonianze, dei documenti, dei pezzi di letteratura più preziosi, universali e contingenti che mai siano stati scritti.
Ciò nonostante, la bontà della missione di Folman si scontra con un’attuazione che, nella fantasia e nell’immaginazione della sua protagonista bipartita, e dunque nelle invenzioni visive e trasfigurative, nell’ipertestualità di alcuni tocchi estetici, nelle alchimie tra (personaggi in) 2D e (ambienti realistici in) 3D tipiche del suo cinema (e che permettono al prodotto di smarcarsi comunque dal resto della filmografia dedicata alla tragedia dell’Olocausto); trova un ripiego fin troppo conveniente, per non dire “la migliore delle medicine”, al fine di dissimulare e proteggere un impianto discorsivo spesso azzardato, arbitrario e fin troppo sensazionalistico nei voli pindarici e nei parallelismi che promuove, nelle posizioni estreme e nelle provocazioni che porta avanti senza grandi pezze d’appoggio e motivazioni.
Per non parlare infine della scelta discutibile (poiché colpevolmente disumanizzata ed eccessivamente sublimata) di rappresentazione dei nazisti e di un didascalismo insospettabile per un maestro dell’immagine come Folman. Cadute di stile giustificabili, seppur indigeste, nell’intento smaccatamente didattico, pedagogico ed educativo di un'operazione che, proprio per questo motivo, non dimostra, anzi è del tutto avulsa da quell’intensità e da quella verità inderogabile che strisciava sotto la superficie ed intaccava ogni singolo fotogramma del già citato (e superiore) Valzer con Bashir.
Ma, d'altronde, stiamo parlando di un capolavoro (purtroppo) irraggiungibile del cinema contemporaneo, ma anche un'asticella insormontabile all'interno della stessa opera di Folman. Di un film che, seppur in maniera più eclatante di questo Anna Frank e il diario segreto, includeva una cospicua dose di autobiografismo e vicinanza spirituale ed emotiva, ma che ciononostante riusciva a combattere e sostenere le proprie battaglie morali e tematiche con maggior e miglior slancio, stile e garbo e, soprattutto, con meno irriflessività e manicheismi.
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