TITOLO ORIGINALE: Wanna
USCITA ITALIA: 21 settembre 2022
PIATTAFORMA/CANALE: Netflix
GENERE: documentario, true crime
N. EPISODI: 4
DURATA MEDIA: 45-50 min
Dopo il successo di SanPa, un'altra vicenda italiana dai sapori true crime approda nel catalogo streaming di Netflix. È la storia di una delle truffe più clamorose della storia italiana; la storia di Wanna Marchi e della figlia Stefania Nobile, che si raccontano in prima persona in una docuserie forse meno complessa di altre presenti sulla piattaforma, ma comunque ben montata ed ottimamente raccontata, che ci pone di fronte ad un bivio; che fornisce allo spettatore tutti gli strumenti utili per costruirsi una propria visione sui fatti e i suoi attori burleschi, eppure autentici ed efferati. La storia della fine di un mondo e di una televisione, una parabola massmediatica della Nemĕsis greca, un Viale del tramonto formato tubo catodico, l’ultima grande televendita di Wanna Marchi.
“Vedi, io, a 79 anni l’unica cosa che so fare è vendere. Cosa? Ditemi voi, datemi qualcosa e io vendo” rivela alle telecamere un’indorata e fiera Wanna Marchi nella primissima sequenza della docuserie Netflix, ideata da Alessandro Garramone e Davide Bandiera, che, in quattro episodi, tenta di ricostruire vita e opera (criminosa) dell’ex-regina italiana delle televendite ed inevitabilmente (in quanto creatura simbiotica e speculare della madre) della figlia Stefania Nobile, meglio note per aver truffato i clienti dei propri programmi per miliardi e miliardi di vecchie lire.
Falsa, bugiarda, scostumata, sfrontata, pungente, offensiva, spietata, contraddittoria, decisa, determinata, scaltra, fuori dal comune, unica: chi è davvero Wanna Marchi? Una geniale imbrogliona? Un’attenta osservatrice di una società, dei suoi cambiamenti e bisogni? Un’eccelsa utilizzatrice di un mezzo, nella sua esponenziale, irripetibile e massima fase di crescita? O, più semplicemente, una criminale che nasconde un lato più oscuro dietro un ghigno ed una spavalderia talora inquietanti? Un’imbonitrice da quattro soldi che ha fatto leva sulla credulità, la povertà culturale e la superstiziosità di una precisa fascia della popolazione italiana? O ancora, una donna completamente assuefatta dal fascino delle telecamere e dall’insopprimibile richiamo del successo? La proverbiale “persona giusta al momento e al posto giusti”?
Purtroppo, per rispondere a questa domanda ed inquadrare dunque un personaggio (e mezzo) larger than life, come nel caso della netflixiana Tiger King, non bastano le centinaia di migliaia di ore di trasmissione e televendite che hanno ipnotizzato, persuaso e messo sotto scacco i telespettatori italiani per più di trent’anni. E, ahinoi, non bastano nemmeno le succulente e spesso disarmanti interviste esclusive alle due protagoniste e alle numerose figure satellitari e tangenziali alla vicenda e ai suoi effetti sul tessuto sociale e sulla storia della nostra televisione.
Ciò nonostante, Wanna, seppur in maniera più snella e vistosa, irrimediabilmente rimbombante e chiassosa, finanche farsesca e ridanciana di SanPa (sua sorella maggiore), fornisce allo spettatore tutti gli strumenti utili e compie tutta una serie di riflessioni e discorsi, tali da permettere a quest’ultimo di scegliere la propria strada e costruirsi una propria visione su questa storia, dai risvolti quasi tragicomici, e sui suoi attori burleschi, eppure autentici ed efferati.
Di scegliere quindi, se accontentarsi delle sentenze giudiziarie che hanno portato, sia Marchi che Nobile, a scontare nove anni di reclusione, poi ridotti a sei per buona condotta; dell’atteggiamento innocentista, arrogante, spesso strafottente, oltre che impudente, che entrambe, ancora oggi, montano e dimostrano di fronte alle telecamere; o anche solo dalla loro fame, se non proprio bisogno di visibilità - necessità, quest'ultima, ulteriormente dimostrata e facilmente dimostrabile dalla loro partecipazione diretta ed immediata (quantomeno stando alle parole di Garramone) ad un documentario che, bene o male, ne avrebbe comunque messo in luce i lati oscuri, criminosi, licenziosi e moralmente ambigui.
Oppure, se tentare di andare oltre l’affascinante, coinvolgente, ma anche bizzarra patina da true crime di questa storia e provare a comprendere i motivi profondi e stimolanti per cui Vanna Marchi, figlia di una famiglia contadina di Castel Guelfo, poverissima e numerosissima, cresciuta col sogno di dimostrare a tutto e tutti di poter avere successo e non essere come gli altri la etichettavano e sminuivano; è diventata Wanna Marchi, con la W, volto televisivo pervasivo, irresistibile e di grande successo, imprenditrice self-made dai metodi inconsueti, ma anche sregolata ed esuberante venditrice, divenuta poi truffatrice incosciente e scellerata, capace di vendere di tutto - “anche te, se volessi" dice, ad un certo punto, all'intervistatore.
Insomma, Wanna ci pone di fronte ad una scelta duplice, ma non per questo discriminatoria. Chi è e cos’è stato il fenomeno Wanna Marchi? La spirale di malvagità, avidità, perfidia e mostruosità quasi luciferina che si riesce ad intravedere in un paio di sguardi, in qualche uscita più infiammata della stessa televenditrice, oppure un’interprete così acuta, perspicace, quasi geniale, del mezzo televisivo, da riuscire tutt’ora - anche se su un linguaggio e con tempi e modalità totalmente diverse - a piegarlo alla propria volontà, a smascherarlo e palesarne continuamente l’esistenza e i meccanismi intrinseci, a sfondarne regole e rigidità - è questo infatti quello che avviene più volte durante le interviste.
Forse, come sopra, meno complessa di altre sue simili, quella di Garramone e Bandiera è più di una docuserie ben montata ed ottimamente raccontata. È la fine di un mondo e di una televisione, autocannibalizzatisi e poi irrimediabilmente macchiati dalla sindrome del sospetto, una parabola massmediatica della Nemĕsis greca, un Viale del tramonto formato tubo catodico. L’ultima grande televendita di Wanna Marchi, quella di sé stessa, del proprio corpo e della propria storia. D'accordo?!
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